Arte e moda a Milano in occasione delle sfilate
L’emozione secondo Robert Carsen sull'onda dell’Espressionismo astratto
Allestimento di Robert Carsen alla Rinascente di Milano per i 50 di Sportmax. Foto Silvia Rivoltella.
E. Za.
20/02/2020
Milano - Robert Carsen è a Milano per presentare il suo lavoro realizzato in otto vetrine della Rinascente in occasione dei 50 anni del marchio di moda Sportmax. Prendiamo un caffè all’ultimo piano del palazzo dello shopping milanese. Alle sue spalle, come una quinta teatrale, fanno da sfondo le splendide architetture in marmo del Duomo, un pizzo tratteggiato da guglie e archi rampanti: fragile capolavoro simbolo del divenire, incessantemente riprodotto per sopravvivere all’usura del tempo. Si parla di arte, moda, teatro.
La versatilità del regista e designer canadese richiama alla mente figure di italiani come Giacomo Balla e Fortunato Depero, artisti che nella loro vita perseguirono un progetto di arte totale, declinata attraverso una varietà di discipline diverse. Forse è questo aspetto multidisciplinare a rendere Carsen il futurista dei nostri tempi, artista capace di testimoniare il divenire facendo uso di tutti i linguaggi moderni.
“Desidero imparare. Nel mio lavoro non mi sono mai specializzato nel teatro o nell’opera di un’epoca specifica. Adoro lavorare con i compositori di oggi, ma adoro allo stesso tempo Monteverdi, il teatro, la commedia musicale, adoro creare gli allestimenti per le mostre d’arte, lavorare per la moda. La mia è vera un’ossessione di fare cose che non ho mai fatto prima, per imparare” afferma Robert Carsen.
Come è nata l’idea di una collaborazione con un’azienda di moda?
“Mi è parsa interessante la domanda che è venuta da Giorgio Guidotti (responsabile della comunicazione del gruppo MaxMara, ndr) che è un amico da tanto tempo. Quando mi ha chiesto di collaborare gli ho risposto che non avevo mai fatto questo in vita mia. Mi sono costretto a riflettere. In quel momento ero a Berlino e non riuscivo a camminare per strada senza guardare in continuazione le vetrine per capire come sono fatte. E quando mi sono trovato a Milano lo scorso Ottobre per Giulio Cesare in Egitto (l’opera andata in scena al Teatro alla Scala, ndr) venivo qui in piazza Duomo di mattina, di sera, di notte per vedere e capire come la Rinascente è legata alla città, per osservare come la gente passa e guarda. La nuova sfida era di riuscire a fare in modo che le vetrine avessero un forte impatto artistico emozionale. In generale sono interessato a condividere con il pubblico le emozioni in ogni maniera. Fin dall’inizio volevo impiegare il libro celebrativo, anche se mi sembrava molto difficile. Poi ho avuto l’idea di utilizzarlo come una sorta di piedistallo perché adoro i libri, specialmente i libri di moda perché consentono di seguire da vicino lo sviluppo di uno stile.”
Il volume in questione, fresco di stampa, è Sportmax, in formato coffee table edito da Assouline, del curatore francese Olivier Saillard con testo critico del giornalista inglese Luke Leitch.
Per l’allestimento delle vetrine si è ispirato all’arte americana del dopoguerra?
“E’ un’arte che conosco molto bene e che mi piace da diversi anni. E’ interessante notare come alcuni movimenti nascano prima nell’arte e poi entrino in circolazione, arrivando a toccare vari ambiti anche la moda. Ho notato che l’utilizzo del colore per trasmettere un’emozione presente negli artisti dell’Espressionismo Astratto americano era presente anche nelle collezioni di Sportmax fin dall’inizio. Per le celebrazioni non volevo fare un progetto didattico, ma desideravo sottolineare gli aspetti più vivi e liberi della casa di moda, a partire dalla scelta dei tessuti e del taglio. La scelta di riproporre alcuni capi della collezione originale in tre colori mi ha richiamato alla mente la pittura di Kenneth Nolan. Mi ha sempre affascinato la sua maniera di dipingere, utilizzando solo tre colori come Barnett Newman prima, Brice Marden e tanti altri degli anni Cinquanta. Il colore dà un’emozione ed è una componente fondamentale dell’Abstact Espressionism. Un movimento astratto sì ma capace di trasmettere una grande forza. La moda può anche essere questo.”
La versatilità del regista e designer canadese richiama alla mente figure di italiani come Giacomo Balla e Fortunato Depero, artisti che nella loro vita perseguirono un progetto di arte totale, declinata attraverso una varietà di discipline diverse. Forse è questo aspetto multidisciplinare a rendere Carsen il futurista dei nostri tempi, artista capace di testimoniare il divenire facendo uso di tutti i linguaggi moderni.
“Desidero imparare. Nel mio lavoro non mi sono mai specializzato nel teatro o nell’opera di un’epoca specifica. Adoro lavorare con i compositori di oggi, ma adoro allo stesso tempo Monteverdi, il teatro, la commedia musicale, adoro creare gli allestimenti per le mostre d’arte, lavorare per la moda. La mia è vera un’ossessione di fare cose che non ho mai fatto prima, per imparare” afferma Robert Carsen.
Come è nata l’idea di una collaborazione con un’azienda di moda?
“Mi è parsa interessante la domanda che è venuta da Giorgio Guidotti (responsabile della comunicazione del gruppo MaxMara, ndr) che è un amico da tanto tempo. Quando mi ha chiesto di collaborare gli ho risposto che non avevo mai fatto questo in vita mia. Mi sono costretto a riflettere. In quel momento ero a Berlino e non riuscivo a camminare per strada senza guardare in continuazione le vetrine per capire come sono fatte. E quando mi sono trovato a Milano lo scorso Ottobre per Giulio Cesare in Egitto (l’opera andata in scena al Teatro alla Scala, ndr) venivo qui in piazza Duomo di mattina, di sera, di notte per vedere e capire come la Rinascente è legata alla città, per osservare come la gente passa e guarda. La nuova sfida era di riuscire a fare in modo che le vetrine avessero un forte impatto artistico emozionale. In generale sono interessato a condividere con il pubblico le emozioni in ogni maniera. Fin dall’inizio volevo impiegare il libro celebrativo, anche se mi sembrava molto difficile. Poi ho avuto l’idea di utilizzarlo come una sorta di piedistallo perché adoro i libri, specialmente i libri di moda perché consentono di seguire da vicino lo sviluppo di uno stile.”
Il volume in questione, fresco di stampa, è Sportmax, in formato coffee table edito da Assouline, del curatore francese Olivier Saillard con testo critico del giornalista inglese Luke Leitch.
Per l’allestimento delle vetrine si è ispirato all’arte americana del dopoguerra?
“E’ un’arte che conosco molto bene e che mi piace da diversi anni. E’ interessante notare come alcuni movimenti nascano prima nell’arte e poi entrino in circolazione, arrivando a toccare vari ambiti anche la moda. Ho notato che l’utilizzo del colore per trasmettere un’emozione presente negli artisti dell’Espressionismo Astratto americano era presente anche nelle collezioni di Sportmax fin dall’inizio. Per le celebrazioni non volevo fare un progetto didattico, ma desideravo sottolineare gli aspetti più vivi e liberi della casa di moda, a partire dalla scelta dei tessuti e del taglio. La scelta di riproporre alcuni capi della collezione originale in tre colori mi ha richiamato alla mente la pittura di Kenneth Nolan. Mi ha sempre affascinato la sua maniera di dipingere, utilizzando solo tre colori come Barnett Newman prima, Brice Marden e tanti altri degli anni Cinquanta. Il colore dà un’emozione ed è una componente fondamentale dell’Abstact Espressionism. Un movimento astratto sì ma capace di trasmettere una grande forza. La moda può anche essere questo.”
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