Fino al 6 ottobre al Museo Diocesano
Magnum’s First: riallestita a Milano la prima mostra dell'agenzia
Erich Lessing, Belvedere Gardens, Vienna, Austria, 1954; © Erich Lessing/Magnum Photos
Francesca Grego
26/04/2019
Milano - Sono state ritrovate nel 2006 in una cantina di Innsbruck, chiuse nelle loro casse da ben 50 anni. Oggi le 83 fotografie della prima mostra Magnum tornano visibili al pubblico presso il Museo Diocesano di Milano, in un percorso identico a quello che le vide esposte tra il 1955 e il 1956 in cinque città austriache.
Perfettamente restaurati e rimontati sui pannelli di legno originali, gli scatti in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Robert Capa e compagni aprono uno scorcio significativo sulla storia del mondo e del fotogiornalismo, anche grazie ai testi di presentazione dei loro autori.
“Il mio primo contatto con la vecchia mostra somigliava più alla scoperta di una mummia che a quella di un tesoro”, ha spiegato la curatrice Andrea Holzherr: “Le foto erano in pessime condizioni, coperte di polvere, muffe e odore di stantio”, ma erano “la prova che sin dall’inizio, Magnum era diversa dalle altre agenzie fotografiche. Dagli esordi, con il programma di mostre ed eventi, la Magnum difendeva il valore della foto come documento”.
Il motivo del lungo abbandono resta oscuro, ma oggi otto reportage firmati da altrettanti maestri sono tornati a raccontare eventi e vita quotidiana nel mondo tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
Ci sono gli scatti di Cartier-Bresson sugli ultimi giorni e il funerale di Gandhi, i viaggi di Werner Bischop dal Perù al Giappone, le feste basche di Capa, che segnano il ritorno alla normalità dopo la barbarie della Guerra Civile Spagnola, ma anche il volto mutevole di Vienna durante l’occupazione nazista immortalato da Erich Lessing. E poi la Dalmazia di Tito secondo Marc Riboud, le foto dal set del kolossal hollywoodiano La regina delle Piramidi nelle cave di Assuan, l’Ungheria raccontata ai lettori del New York Times Magazine da Jean Marquis e la Londra di Inge Morath, unica donna del gruppo, che firma un iconico ritratto di Lady Nash.
Perfettamente restaurati e rimontati sui pannelli di legno originali, gli scatti in bianco e nero di Henri Cartier-Bresson, Robert Capa e compagni aprono uno scorcio significativo sulla storia del mondo e del fotogiornalismo, anche grazie ai testi di presentazione dei loro autori.
“Il mio primo contatto con la vecchia mostra somigliava più alla scoperta di una mummia che a quella di un tesoro”, ha spiegato la curatrice Andrea Holzherr: “Le foto erano in pessime condizioni, coperte di polvere, muffe e odore di stantio”, ma erano “la prova che sin dall’inizio, Magnum era diversa dalle altre agenzie fotografiche. Dagli esordi, con il programma di mostre ed eventi, la Magnum difendeva il valore della foto come documento”.
Il motivo del lungo abbandono resta oscuro, ma oggi otto reportage firmati da altrettanti maestri sono tornati a raccontare eventi e vita quotidiana nel mondo tra gli anni Quaranta e Cinquanta.
Ci sono gli scatti di Cartier-Bresson sugli ultimi giorni e il funerale di Gandhi, i viaggi di Werner Bischop dal Perù al Giappone, le feste basche di Capa, che segnano il ritorno alla normalità dopo la barbarie della Guerra Civile Spagnola, ma anche il volto mutevole di Vienna durante l’occupazione nazista immortalato da Erich Lessing. E poi la Dalmazia di Tito secondo Marc Riboud, le foto dal set del kolossal hollywoodiano La regina delle Piramidi nelle cave di Assuan, l’Ungheria raccontata ai lettori del New York Times Magazine da Jean Marquis e la Londra di Inge Morath, unica donna del gruppo, che firma un iconico ritratto di Lady Nash.
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