Asfissia, a Milano dal 14 al 17 febbraio
Quando una mostra diventa spettacolo: intervista a Massimiliano Alioto
Massilmiliano Alioto, Asfissia, 190 x 150 cm | © Massimiliano Alioto
Francesca Grego
10/02/2017
Milano - Dal 14 al 17 febbraio Massimiliano Alioto presenta presso lo Spazio M.A.C. di Milano Asfissia, il suo nuovo progetto. Cinquanta dipinti e disegni che prendendo le mosse da una grande opera simbolista mettono in scena, come in un giallo, l’enigma di un amore impossibile.
“Asfissia nasce da un desiderio”, racconta Alioto, “quello di dare visibilità all’omonimo dipinto di Angelo Morbelli, che a 133 anni dalla sua realizzazione non è ancora stato capito e conosciuto come meritava. Il quadro, documento dell’ultima cena di due amanti prima di una morte oscura, fu stroncato proprio per la sua caratteristica più originale e moderna. L’aver messo in penombra i corpi esanimi dei protagonisti per puntare l’attenzione, con linguaggio cinematografico ante litteram, su una serie di indizi: il luogo del delitto, la tavola rimasta imbandita, un revolver e una lettera ancora da scrivere, i fiori che invadono la stanza a partire da una valigia semiaperta.
Le critiche furono talmente pesanti da far sì che Morbelli tagliasse il dipinto in due parti, inviando a Londra per la mostra The Italian Exhibition del 1888 solo quella che raffigura i due amanti. Il mio lavoro rappresenta invece lo sviluppo dell’altra porzione del quadro, che può essere considerata un capolavoro a sé stante per la sua capacità di drammatizzare la storia. Ho ripreso perciò gli elementi simbolici più potenti: la tavola apparecchiata e i fiori, caduchi come ogni amore”.
Ci racconti il tuo metodo di lavoro, i processi creativi alla base di progetti ricchi e articolati come Asfissia?
All’origine di tutto c’è il disegno, è quasi un vizio e sicuramente la prima forma di concettualizzazione, che mi aiuta a riflettere. Poi l’idea si libera, diventando altro con la pittura. Dietro i miei lavori c’è sempre un’attività di studio e di ricerca ispirata dalla grande passione che ho per la storia dell’arte, in particolare la pittura del Rinascimento e dell’Ottocento italiano. Mi piace partire dai sogni di grandi artisti del passato, da un’utopia irrealizzata, per costruirci intorno un racconto.
Cosa ti ha attratto di un fenomeno come il Simbolismo, al punto da farne il fulcro di questa tua opera?
Certamente il carattere letterario e romanzesco della pittura simbolista, un insieme di rimandi e significati nascosti che sconfina dalla dimensione materiale dell’opera, per invitare il pubblico ad entrare in un vero e proprio universo di sogni e di visioni: un’operazione non troppo diversa dall’arte concettuale odierna. La pittura si fa poesia, e a sua volta la letteratura simbolista ha una forte componente visiva, che la rende naturalmente affine alla pittura.
Che tipo di rapporto cerchi di costruire con il tuo pubblico?
Nelle mie mostre propongo pochi progetti costruiti con molta cura. Sono come un teatrante che va in scena: cerco di immaginare uno spettacolo che possa coinvolgere intimamente il visitatore, ma anche di arricchire il percorso espositivo con il maggior numero di spunti possibile, di permettere alla pittura di sconfinare in un contesto che ne comunichi l’atmosfera e i contenuti più profondi, mettendola in relazione con elementi esterni come il cinema o la canzone.
In Asfissia, per esempio, ho voluto inserire un contributo sulla Nouvelle Vague, che è un campionario di amori impossibili: un capolavoro come La signora della porta accanto di Truffaut è l’equivalente filmico del quadro di Morbelli, perché racconta l’amore e la morte.
Nello stesso spirito al pubblico della mostra saranno distribuiti dei volantini con la poesia La morte degli amanti di Baudelaire, che ispirò il pittore ottocentesco.
Vedi anche:
• Asfissia
• Massimiliano Alioto: l’enigma in un fiore
• FOTO: Asfissia. In scena l'iperbole pittorica di Massimiliano Alioto
• Guida d'arte di Milano
“Asfissia nasce da un desiderio”, racconta Alioto, “quello di dare visibilità all’omonimo dipinto di Angelo Morbelli, che a 133 anni dalla sua realizzazione non è ancora stato capito e conosciuto come meritava. Il quadro, documento dell’ultima cena di due amanti prima di una morte oscura, fu stroncato proprio per la sua caratteristica più originale e moderna. L’aver messo in penombra i corpi esanimi dei protagonisti per puntare l’attenzione, con linguaggio cinematografico ante litteram, su una serie di indizi: il luogo del delitto, la tavola rimasta imbandita, un revolver e una lettera ancora da scrivere, i fiori che invadono la stanza a partire da una valigia semiaperta.
Le critiche furono talmente pesanti da far sì che Morbelli tagliasse il dipinto in due parti, inviando a Londra per la mostra The Italian Exhibition del 1888 solo quella che raffigura i due amanti. Il mio lavoro rappresenta invece lo sviluppo dell’altra porzione del quadro, che può essere considerata un capolavoro a sé stante per la sua capacità di drammatizzare la storia. Ho ripreso perciò gli elementi simbolici più potenti: la tavola apparecchiata e i fiori, caduchi come ogni amore”.
Ci racconti il tuo metodo di lavoro, i processi creativi alla base di progetti ricchi e articolati come Asfissia?
All’origine di tutto c’è il disegno, è quasi un vizio e sicuramente la prima forma di concettualizzazione, che mi aiuta a riflettere. Poi l’idea si libera, diventando altro con la pittura. Dietro i miei lavori c’è sempre un’attività di studio e di ricerca ispirata dalla grande passione che ho per la storia dell’arte, in particolare la pittura del Rinascimento e dell’Ottocento italiano. Mi piace partire dai sogni di grandi artisti del passato, da un’utopia irrealizzata, per costruirci intorno un racconto.
Cosa ti ha attratto di un fenomeno come il Simbolismo, al punto da farne il fulcro di questa tua opera?
Certamente il carattere letterario e romanzesco della pittura simbolista, un insieme di rimandi e significati nascosti che sconfina dalla dimensione materiale dell’opera, per invitare il pubblico ad entrare in un vero e proprio universo di sogni e di visioni: un’operazione non troppo diversa dall’arte concettuale odierna. La pittura si fa poesia, e a sua volta la letteratura simbolista ha una forte componente visiva, che la rende naturalmente affine alla pittura.
Che tipo di rapporto cerchi di costruire con il tuo pubblico?
Nelle mie mostre propongo pochi progetti costruiti con molta cura. Sono come un teatrante che va in scena: cerco di immaginare uno spettacolo che possa coinvolgere intimamente il visitatore, ma anche di arricchire il percorso espositivo con il maggior numero di spunti possibile, di permettere alla pittura di sconfinare in un contesto che ne comunichi l’atmosfera e i contenuti più profondi, mettendola in relazione con elementi esterni come il cinema o la canzone.
In Asfissia, per esempio, ho voluto inserire un contributo sulla Nouvelle Vague, che è un campionario di amori impossibili: un capolavoro come La signora della porta accanto di Truffaut è l’equivalente filmico del quadro di Morbelli, perché racconta l’amore e la morte.
Nello stesso spirito al pubblico della mostra saranno distribuiti dei volantini con la poesia La morte degli amanti di Baudelaire, che ispirò il pittore ottocentesco.
Vedi anche:
• Asfissia
• Massimiliano Alioto: l’enigma in un fiore
• FOTO: Asfissia. In scena l'iperbole pittorica di Massimiliano Alioto
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