A Malta per Valletta Capitale Europea della Cultura 2018
7000 anni di arte sull'isola sacra del Mediterraneo: dai templi megalitici a Renzo Piano
Una veduta di Valletta
Samantha De Martin
01/02/2018
Mondo - Sarà stato il Riħ isfel, il vento del Sud, a seminare la malìa attraverso quasi 7mila anni di storia.
A sparigliare i confini e a far convergere, nei secoli, tutte le più illustri civiltà a Malta, fortezza magnetica sospesa sul Mediterraneo, stretta nella striscia di mare che unisce in un abbraccio la Sicilia, lontana poco più di un’ora di traghetto, e l’Africa che, da meno di 300 chilometri, scolpisce la sua presenza nella lingua - un misto di arabo, italiano, inglese - nel sapore degli imqaret fritti, tra i capolavori artistici di quest’isola bella dove si invoca Dio con il nome di Allah, dove la diversità è risorsa e l’arte, la sorprendente apoteosi di un incontro.
La raggiungiamo in occasione della sfavillante apertura delle celebrazioni di Valletta Capitale Europea della Cultura 2018, con l’arte in pieno fermento, le acrobazie ipnotiche de La Fura dels Baus a fare da cornice, la facciata dell’Auberge de Castille assediata da musica ed effetti speciali, i drappi sontuosi che, dalla centralissima Republic Street scivolano verso St. Ursula Street, St. Paul’s Street, fino ad allungarsi a Strait Street, in un weekend d’inverno, i cui 17 gradi costanti fanno in realtà pensare a una primavera perenne.
UN ANNO DI FESTEGGIAMENTI NELLA PERLA BAROCCA PATRIMONIO UNESCO
Dagli Upper Barrakka Gardens - il cosiddetto “belvedere d’Italia” utilizzato dai Cavalieri della penisola come luogo di svago - l’affaccio su Valletta, avviluppata nelle sue imponenti mura, risistemate e restituite ai suoi autentici colori, in occasione dell’investitura a Capitale Europea della Cultura 2018, toglie il fiato.
La vista raggiunge il Grand Harbour, punta all’area Cottonera, si insinua nel Forte Sant’Angelo e nel Bastione Gardjola, scavalcando i cannoni che due volte al giorno sparano un colpo.
Fondata nel 1566 dai Cavalieri Ospitalieri che le attribuirono il nome del loro Gran Maestro che sconfisse gli Ottomani, Valletta celebra in questi dodici mesi il suo annus mirabilis.
I vicoli stretti, un tempo meta notturna di marinai di ogni nazione, si preparano ad accogliere eventi destinati a celebrare la rigenerazione sociale, economica e culturale della città. D’altra parte gli investimenti - dieci milioni di euro destinati alla cultura - ci sono stati, e hanno supportato progetti di ampio respiro che, lungi dall’essere circoscritti solo al grande anno in corso, consentiranno alla città, ci si auspica, di sprigionare, nel tempo, nuova linfa.
Il recupero del mercato coperto, Is-Suq tal-Belt, costruito nel 1860 sotto il dominio britannico in Merchants Street, ma trascurato per anni, è ad esempio uno dei tanti investimenti realizzati assieme al restauro della Fontana del Tritone, alla Chiesa dei Gesuiti, a Palazzo Castellania.
E poi c’è il quartiere Biċċerija, dove l’edificio che ospitava l’antico mattatoio sarà riconvertito a Design Cluster. Anche se l’esempio più lampante dell’impegno culturale di Valletta, è rappresentato dal MUŻA, il nuovo Museum of Arts, che a fine giugno aprirà i battenti nel cinquecentesco Auberge d’Italie, dopo un anno e mezzo di assenza dei capolavori dalla scena artistica cittadina. Certo, è un vero peccato non salutare questo anno di festa con le opere in collezione, frutto di artisti illustri, da Guido Reni o Mattia Preti, e con grandi nomi, dal Quattrocento al contemporaneo, ma, come assicura il curatore, Sandro Debono, «questo ambizioso progetto, che va avanti dal 2013, sarà una grande sorpresa».
Dal Malta International Arts Festival - in programma dal 29 giugno - 16 luglio - alla grande mostra dedicata a Picasso e a Mirò, dal 7 aprile al 30 giugno presso il Grand Master’s Palace di Valletta - da interventi site-specific, performance e mostre organizzate nell’ambito del progetto multidisciplinare Constellation Malta fino al Malta Design Week o allo Żigużajg, il festival internazionale di arti rivolto a bambini e ragazzi, il programma messo in piedi dalla Fondazione Valletta 2018 e che vede in campo oltre 400 eventi, è decisamente vasto e rivolto a un pubblico diversificato per età e interessi. Non manca l’opera - con il Don Giovanni di Mozart, in agenda dal 5 all’11 marzo, l’Aida di Verdi, dall’11 al 15 settembre, e la Ballata del mare salato di Corto Maltese, adattamento della graphic novel di Hugo Pratt in chiave musicale (il 20 e il 22 settembre) - e nemmeno la musica, dall’elettronica al rock, dal metal al jazz.
A SPASSO PER VALLETTA E DINTORNI, TRA LA CO-CATTEDRALE DI SAN GIOVANNI, LE “DIVINITÀ GRASSE” E LE BARCHE DEI FENICI
Non ci sono solo Caravaggio, con La decollazione di San Giovanni Battista e il San Girolamo scrivente, gli straordinari affreschi dedicati alla vita del Battista realizzati da Mattia Preti, o il magnifico San Giorgio a cavallo, “outstanding performance” del Cavaliere Calabrese, a ipnotizzare letteralmente i visitatori della Co-cattedrale di Valletta, degna espressione della ricchezza dell’Ordine dei Cavalieri, con i suoi marmi, le oltre 400 pietre tombali in marmi policromi lungo il pavimento, le sontuose cappelle. Le tele e gli affreschi sulla volta, è vero, incatenano lo sguardo, e il tempo per contemplarle è sempre troppo poco.
Ma in questo sconfinato museo a cielo aperto che è Malta, tempio consacrato alle diverse arti - dove le pietre di corallo dei templi megalitici di Ġgantija, a Gozo, tra i più maestosi del Mediterraneo, costruiti mille anni prima delle piramidi egizie, incontrano la globigerina, la tipica pietra calcarea maltese che ha sedotto Renzo Piano, e dove i mosaici di età romana convivono con iscrizioni fenicie e arabe - l’arte, come in pochi altri luoghi, è l’apoteosi più evidente di un armonioso incontro tra culture.
D’altra parte, quello che l’arcipelago di Malta - con le sue circa 365 chiese, la pietra giallo-ocra, le colorate gallariji, i balconi chiusi realizzati in legno, vetro o pietra scolpita - hanno significato nel tempo, si scorge già dall’alto, mentre l’aereo punta verso l’aeroporto di Luqa, scivolando sopra quelle che all’apparenza assomigliano a braccia, a mani che si allungano verso il Sud, e trascinano con generosità verso il Porto Grande navi e marinai venuti da lontano.
In realtà sono le cosiddette Tre Città (Vittoriosa, Senglea e Cospicua), rannicchiate con orgoglio nella fortificazione di Cottonera, a costituire l’area urbana più antica dell’isola.
Non a caso i Fenici - che raggiunsero Malta nel 900 a.C, per restarvi sei secoli, ma la cui presenza si conserva solo nel nome di alcune località, come il pittoresco borgo di pescatori di Marsaxlokk, a undici chilometri da Valletta, nei Luzzi, le colorate barche con i grandi occhi apotropaici di Iside scolpiti a prua e nei dgћajjes che beccheggiano in acqua - la chiamarono “rifugio, luogo di ancoraggio”.
E fu rifugio davvero, Malta, per i gruppi di cacciatori provenienti forse dalla Sicilia, nel lontano 5600 a.C, o per San Paolo, con il cui naufragio ebbe inizio il periodo cristiano dell’isola.
Per i Romani fu “melita”, forse per il suo miele tanto apprezzato da Cicerone, per gli arabi, una roccaforte salda per circa 200 anni. I Normanni rafforzarono la religione cristiana, gli Aragonesi e le famiglie siciliane che vi si stabilirono ne arricchirono il vocabolario di termini italiani, latini, spagnoli. Gli Ottomani la assediarono, i Cavalieri - incaricati di fondare, nel 1566, l’Humilissima Civitas Valettae - la fortificarono fino a redimerla. Dopo Napoleone, ultimi arrivarono gli inglesi, di cui resta traccia nella lingua – l’inglese è la seconda lingua ufficiale dopo il maltese - nella guida a sinistra, nelle cabine telefoniche rosse, nell’uso di bere il tè con il latte mangiando i pastizzi, lo spuntino maltese fatto di pasta sfoglia croccante riempita con formaggio di ricotta, o piselli, al Crystal Palace Bar di Rabat.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VALLETTA: TRA I TESORI DEL PERIODO MEGALITICO
Per avere un’idea della straordinaria stratificazione artistica e culturale dI Valletta, e dell’intero arcipelago di Malta, nonostante molte testimonianze siano andate perdute, basta visitare il Museo Archeologico della capitale, ospitato su due piani dell’Auberge de Provence.
Un viaggio temporale dal periodo Għar Dalam (5200 a.C.) a quello Tarxien (2500 a.C) accompagna i visitatori tra i reperti rinvenuti nei siti preistorici dell’arcipelago.
Spiccano le prime rappresentazioni locali della figura umana, dalle forme tondeggianti e generose, reinserite nel loro contesto storico attraverso ricostruzioni degli ipogei caratteristici del Neolitico Antico maltese, come quello di Ħal-Saflieni. Questa struttura sotterranea scavata circa tra il 3600 a.C. e il 2500 a.C., divenuta presto una necropoli, con i suoi 5mila anni di storia, rappresenta l'unico tempio preistorico sotterraneo al mondo. È da qui che proviene la statuetta in terracotta della Donna dormiente, uno dei pezzi più significativi dell’arte preistorica maltese, una donna dalle forme generose sdraiata sul fianco destro, con gli occhi chiusi, forse legata al culto della fertilità.
E poi c’è la Venere di Malta, dono del tempio di Ħagar Qim, il più vasto edificio megalitico dell’isola, accanto all’enorme Fat Lady, dea della fertilità ritrovata a Tarxien. E ancora si fa ammirare la ricostruzione delle cart ruts, i misteriosi solchi nella roccia simili a veri e propri binari di epoca neolitica, accanto agli oggetti di uso quotidiano e a testimonianze risalenti al periodo punico e romano, come il Cippus, la doppia stele di preghiera con iscrizione bilingue, in greco e fenicio.
Per chi volesse immergersi, ancora di più, nelle tracce del periodo megalitico, c’è Gozo, con i suoi straordinari templi di Ġgantija costruiti tra il 3600 e il 3200 a.C. Il loro nome deriva da una parola che in maltese significa “gigante”, dal momento che gli abitanti della piccola isola credevano che questi imponenti blocchi in pietra calcarea fossero stati realizzati da gigantesche figure.
I templi di Mnajdra a Zurrieq, nel sud di Malta
LA DOMUS ROMANA E LE CATACOMBE NEI PRESSI DI VALLETTA
Chissà quali chiome avranno rassettato quelle forcine in avorio per capelli, conservate assieme a oggetti in vetro e ceramica, nel vestibolo dell’antica domus romana che accoglie oggi il piccolo museo di reperti archeologici.
La presenza di Roma a Malta sopravvive nei resti di questa antica abitazione a ridosso delle mura di Mdina, raggiungibile facilmente in autobus da Valletta e costruita intorno al I secolo a.C per essere utilizzata probabilmente fino al II secolo d.C.
Fermarsi a fotografare l’antico mosaico pavimentale che riproduce un labirinto in cui campeggiano due uccelli adagiati sul bordo di un fontanile, è un’esperienza da assaporare con lentezza.
Per proseguire la passeggiata d’arte tra i secoli basta raggiungere, a Rabat, le Catacombe di San Paolo e quelle di Sant’Agata, capolavoro del IV secolo d.C, con i 31 affreschi che descrivono, attraverso un delicato stile italo-bizantino, episodi di vita della santa di origini siciliane.
Un mosaico all'interno della Domus Romana a Mdina
LA CATTEDRALE DI SAN PAOLO A MDINA, ALTO ESEMPIO DI BAROCCO MALTESE
Quando il sole si insinua tra i vicoli e i palazzi color ocra della “città murata”, tra le architetture normanne e l’intatto tessuto medievale di questa capitale storica di Malta, Mdina, avvolta da quell’aura così austera e ieratica, assomiglia a uno dei silenziosi borghi della Sicilia.
In questa luminosa cittadina che conta solo 200 residenti, avvolta dalla sua poderosa cinta, separata da Rabat solo da un fossato, tutto cominciò intorno al IV millennio a.C.
Anche se il costo del biglietto d’ingresso può scoraggiare qualcuno - 5 euro è un po’ tanto - la Cattedrale di San Paolo, il più elegante ed equilibrato esempio di barocco maltese, sintesi delle influenze romane, siciliane e rinascimentali, è una tappa da non perdere nel vostro viaggio d’arte alla scoperta dell’isola.
All’interno, il colorato pavimento in marmo, tappezzato da tombe di nobili maltesi e alti esponenti del clero, ricorda un arazzo sfarzoso sul quale quasi dispiace poggiare i piedi.
I contributi di Mattia Preti, Guido Reni, dei siciliani Antonio e Vincenzo Manno e del torinese Mario Caffaro Rore portano nella cattedrale - probabilmente costruita dove sorgeva la villa del governatore romano Publio, che accolse San Paolo dopo il naufragio - anche un po’ di Italia.
RENZO PIANO E VALLETTA: UNA PASSIONE RACCHIUSA NELLA PIETRA GIALLA DI GOZO
La storia d’amore tra l’archistar italiana e Valletta ebbe inizio un giorno del 1985 quando l’Unesco spedì il genovese Renzo Piano nella capitale maltese con l’incarico di contribuire alla riqualificazione urbana di ciò che restava del primigenio ingresso della città.
Il progetto di trasformazione presentato da Piano si concretò soltanto nel 2008 quando l’architetto potè finalmente mettere mano al recupero del City Gate, porta di ingresso della città, e di Freedom Square.
Il risultato oggi è un’elegante cintura di pietra globigerina proveniente delle cave di Gozo, che si scioglie in corrispondenza del City Gate. All’interno della cinta ecco gli altri gioielli di questo “quartier generale” dell’architetto italiano nel cuore di Valletta, un’architettura austera che assurge ad armonico esempio di integrazione tra vecchio e nuovo: il resuscitato teatro a cielo aperto della Royal Opera House, rovinato dai bombardamenti del 1942, il nuovissimo Parlamento, realizzato in blocchi di globigerina di Gozo, incorniciati da lame in acciaio e tagliati in Italia, e infine la piazza, luogo di passaggio e di incontro.
Il Palazzo del Parlamento, opera di Renzo Piano
Mentre l’auto digrada dall’altopiano di Siggiewi verso Valletta, sassi e terra arida, impigliati tra gelsi e carrubi, viti, ulivi e piante di fico d’india scrutano una storia potente, che scavalca i muretti a secco che corrono lungo i dintorni della capitale. Costruiti con le pietre sottratte ai campi, poste con pazienza l’una sull’altra, a proteggere le aree coltivate dall’acqua e dal vento, in alcuni tratti tracciano vere e proprie strade.
Eccola Valletta in festa, con il suo folle ingorgo di automobili a sfidare la lenta sfilata dei suoi 7mila anni di storia, portati bene.
Il percorso per arrivare in auto nella capitale, tra discese ripide e lembi di terra che digradano verso il mare, ricorda i motivi a spirale dei templi megalitici di Malta e Gozo. Sebbene avvolti dal mistero, molto probabilmente rappresentano un’allusione all’energia, al flusso vitale della natura, all’essenza primigenia che trova su quest’isola la sua originaria, eterna bellezza.
A sparigliare i confini e a far convergere, nei secoli, tutte le più illustri civiltà a Malta, fortezza magnetica sospesa sul Mediterraneo, stretta nella striscia di mare che unisce in un abbraccio la Sicilia, lontana poco più di un’ora di traghetto, e l’Africa che, da meno di 300 chilometri, scolpisce la sua presenza nella lingua - un misto di arabo, italiano, inglese - nel sapore degli imqaret fritti, tra i capolavori artistici di quest’isola bella dove si invoca Dio con il nome di Allah, dove la diversità è risorsa e l’arte, la sorprendente apoteosi di un incontro.
La raggiungiamo in occasione della sfavillante apertura delle celebrazioni di Valletta Capitale Europea della Cultura 2018, con l’arte in pieno fermento, le acrobazie ipnotiche de La Fura dels Baus a fare da cornice, la facciata dell’Auberge de Castille assediata da musica ed effetti speciali, i drappi sontuosi che, dalla centralissima Republic Street scivolano verso St. Ursula Street, St. Paul’s Street, fino ad allungarsi a Strait Street, in un weekend d’inverno, i cui 17 gradi costanti fanno in realtà pensare a una primavera perenne.
UN ANNO DI FESTEGGIAMENTI NELLA PERLA BAROCCA PATRIMONIO UNESCO
Dagli Upper Barrakka Gardens - il cosiddetto “belvedere d’Italia” utilizzato dai Cavalieri della penisola come luogo di svago - l’affaccio su Valletta, avviluppata nelle sue imponenti mura, risistemate e restituite ai suoi autentici colori, in occasione dell’investitura a Capitale Europea della Cultura 2018, toglie il fiato.
La vista raggiunge il Grand Harbour, punta all’area Cottonera, si insinua nel Forte Sant’Angelo e nel Bastione Gardjola, scavalcando i cannoni che due volte al giorno sparano un colpo.
Fondata nel 1566 dai Cavalieri Ospitalieri che le attribuirono il nome del loro Gran Maestro che sconfisse gli Ottomani, Valletta celebra in questi dodici mesi il suo annus mirabilis.
I vicoli stretti, un tempo meta notturna di marinai di ogni nazione, si preparano ad accogliere eventi destinati a celebrare la rigenerazione sociale, economica e culturale della città. D’altra parte gli investimenti - dieci milioni di euro destinati alla cultura - ci sono stati, e hanno supportato progetti di ampio respiro che, lungi dall’essere circoscritti solo al grande anno in corso, consentiranno alla città, ci si auspica, di sprigionare, nel tempo, nuova linfa.
Il recupero del mercato coperto, Is-Suq tal-Belt, costruito nel 1860 sotto il dominio britannico in Merchants Street, ma trascurato per anni, è ad esempio uno dei tanti investimenti realizzati assieme al restauro della Fontana del Tritone, alla Chiesa dei Gesuiti, a Palazzo Castellania.
E poi c’è il quartiere Biċċerija, dove l’edificio che ospitava l’antico mattatoio sarà riconvertito a Design Cluster. Anche se l’esempio più lampante dell’impegno culturale di Valletta, è rappresentato dal MUŻA, il nuovo Museum of Arts, che a fine giugno aprirà i battenti nel cinquecentesco Auberge d’Italie, dopo un anno e mezzo di assenza dei capolavori dalla scena artistica cittadina. Certo, è un vero peccato non salutare questo anno di festa con le opere in collezione, frutto di artisti illustri, da Guido Reni o Mattia Preti, e con grandi nomi, dal Quattrocento al contemporaneo, ma, come assicura il curatore, Sandro Debono, «questo ambizioso progetto, che va avanti dal 2013, sarà una grande sorpresa».
Dal Malta International Arts Festival - in programma dal 29 giugno - 16 luglio - alla grande mostra dedicata a Picasso e a Mirò, dal 7 aprile al 30 giugno presso il Grand Master’s Palace di Valletta - da interventi site-specific, performance e mostre organizzate nell’ambito del progetto multidisciplinare Constellation Malta fino al Malta Design Week o allo Żigużajg, il festival internazionale di arti rivolto a bambini e ragazzi, il programma messo in piedi dalla Fondazione Valletta 2018 e che vede in campo oltre 400 eventi, è decisamente vasto e rivolto a un pubblico diversificato per età e interessi. Non manca l’opera - con il Don Giovanni di Mozart, in agenda dal 5 all’11 marzo, l’Aida di Verdi, dall’11 al 15 settembre, e la Ballata del mare salato di Corto Maltese, adattamento della graphic novel di Hugo Pratt in chiave musicale (il 20 e il 22 settembre) - e nemmeno la musica, dall’elettronica al rock, dal metal al jazz.
A SPASSO PER VALLETTA E DINTORNI, TRA LA CO-CATTEDRALE DI SAN GIOVANNI, LE “DIVINITÀ GRASSE” E LE BARCHE DEI FENICI
Non ci sono solo Caravaggio, con La decollazione di San Giovanni Battista e il San Girolamo scrivente, gli straordinari affreschi dedicati alla vita del Battista realizzati da Mattia Preti, o il magnifico San Giorgio a cavallo, “outstanding performance” del Cavaliere Calabrese, a ipnotizzare letteralmente i visitatori della Co-cattedrale di Valletta, degna espressione della ricchezza dell’Ordine dei Cavalieri, con i suoi marmi, le oltre 400 pietre tombali in marmi policromi lungo il pavimento, le sontuose cappelle. Le tele e gli affreschi sulla volta, è vero, incatenano lo sguardo, e il tempo per contemplarle è sempre troppo poco.
Ma in questo sconfinato museo a cielo aperto che è Malta, tempio consacrato alle diverse arti - dove le pietre di corallo dei templi megalitici di Ġgantija, a Gozo, tra i più maestosi del Mediterraneo, costruiti mille anni prima delle piramidi egizie, incontrano la globigerina, la tipica pietra calcarea maltese che ha sedotto Renzo Piano, e dove i mosaici di età romana convivono con iscrizioni fenicie e arabe - l’arte, come in pochi altri luoghi, è l’apoteosi più evidente di un armonioso incontro tra culture.
D’altra parte, quello che l’arcipelago di Malta - con le sue circa 365 chiese, la pietra giallo-ocra, le colorate gallariji, i balconi chiusi realizzati in legno, vetro o pietra scolpita - hanno significato nel tempo, si scorge già dall’alto, mentre l’aereo punta verso l’aeroporto di Luqa, scivolando sopra quelle che all’apparenza assomigliano a braccia, a mani che si allungano verso il Sud, e trascinano con generosità verso il Porto Grande navi e marinai venuti da lontano.
In realtà sono le cosiddette Tre Città (Vittoriosa, Senglea e Cospicua), rannicchiate con orgoglio nella fortificazione di Cottonera, a costituire l’area urbana più antica dell’isola.
Non a caso i Fenici - che raggiunsero Malta nel 900 a.C, per restarvi sei secoli, ma la cui presenza si conserva solo nel nome di alcune località, come il pittoresco borgo di pescatori di Marsaxlokk, a undici chilometri da Valletta, nei Luzzi, le colorate barche con i grandi occhi apotropaici di Iside scolpiti a prua e nei dgћajjes che beccheggiano in acqua - la chiamarono “rifugio, luogo di ancoraggio”.
E fu rifugio davvero, Malta, per i gruppi di cacciatori provenienti forse dalla Sicilia, nel lontano 5600 a.C, o per San Paolo, con il cui naufragio ebbe inizio il periodo cristiano dell’isola.
Per i Romani fu “melita”, forse per il suo miele tanto apprezzato da Cicerone, per gli arabi, una roccaforte salda per circa 200 anni. I Normanni rafforzarono la religione cristiana, gli Aragonesi e le famiglie siciliane che vi si stabilirono ne arricchirono il vocabolario di termini italiani, latini, spagnoli. Gli Ottomani la assediarono, i Cavalieri - incaricati di fondare, nel 1566, l’Humilissima Civitas Valettae - la fortificarono fino a redimerla. Dopo Napoleone, ultimi arrivarono gli inglesi, di cui resta traccia nella lingua – l’inglese è la seconda lingua ufficiale dopo il maltese - nella guida a sinistra, nelle cabine telefoniche rosse, nell’uso di bere il tè con il latte mangiando i pastizzi, lo spuntino maltese fatto di pasta sfoglia croccante riempita con formaggio di ricotta, o piselli, al Crystal Palace Bar di Rabat.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO DI VALLETTA: TRA I TESORI DEL PERIODO MEGALITICO
Per avere un’idea della straordinaria stratificazione artistica e culturale dI Valletta, e dell’intero arcipelago di Malta, nonostante molte testimonianze siano andate perdute, basta visitare il Museo Archeologico della capitale, ospitato su due piani dell’Auberge de Provence.
Un viaggio temporale dal periodo Għar Dalam (5200 a.C.) a quello Tarxien (2500 a.C) accompagna i visitatori tra i reperti rinvenuti nei siti preistorici dell’arcipelago.
Spiccano le prime rappresentazioni locali della figura umana, dalle forme tondeggianti e generose, reinserite nel loro contesto storico attraverso ricostruzioni degli ipogei caratteristici del Neolitico Antico maltese, come quello di Ħal-Saflieni. Questa struttura sotterranea scavata circa tra il 3600 a.C. e il 2500 a.C., divenuta presto una necropoli, con i suoi 5mila anni di storia, rappresenta l'unico tempio preistorico sotterraneo al mondo. È da qui che proviene la statuetta in terracotta della Donna dormiente, uno dei pezzi più significativi dell’arte preistorica maltese, una donna dalle forme generose sdraiata sul fianco destro, con gli occhi chiusi, forse legata al culto della fertilità.
E poi c’è la Venere di Malta, dono del tempio di Ħagar Qim, il più vasto edificio megalitico dell’isola, accanto all’enorme Fat Lady, dea della fertilità ritrovata a Tarxien. E ancora si fa ammirare la ricostruzione delle cart ruts, i misteriosi solchi nella roccia simili a veri e propri binari di epoca neolitica, accanto agli oggetti di uso quotidiano e a testimonianze risalenti al periodo punico e romano, come il Cippus, la doppia stele di preghiera con iscrizione bilingue, in greco e fenicio.
Per chi volesse immergersi, ancora di più, nelle tracce del periodo megalitico, c’è Gozo, con i suoi straordinari templi di Ġgantija costruiti tra il 3600 e il 3200 a.C. Il loro nome deriva da una parola che in maltese significa “gigante”, dal momento che gli abitanti della piccola isola credevano che questi imponenti blocchi in pietra calcarea fossero stati realizzati da gigantesche figure.
I templi di Mnajdra a Zurrieq, nel sud di Malta
LA DOMUS ROMANA E LE CATACOMBE NEI PRESSI DI VALLETTA
Chissà quali chiome avranno rassettato quelle forcine in avorio per capelli, conservate assieme a oggetti in vetro e ceramica, nel vestibolo dell’antica domus romana che accoglie oggi il piccolo museo di reperti archeologici.
La presenza di Roma a Malta sopravvive nei resti di questa antica abitazione a ridosso delle mura di Mdina, raggiungibile facilmente in autobus da Valletta e costruita intorno al I secolo a.C per essere utilizzata probabilmente fino al II secolo d.C.
Fermarsi a fotografare l’antico mosaico pavimentale che riproduce un labirinto in cui campeggiano due uccelli adagiati sul bordo di un fontanile, è un’esperienza da assaporare con lentezza.
Per proseguire la passeggiata d’arte tra i secoli basta raggiungere, a Rabat, le Catacombe di San Paolo e quelle di Sant’Agata, capolavoro del IV secolo d.C, con i 31 affreschi che descrivono, attraverso un delicato stile italo-bizantino, episodi di vita della santa di origini siciliane.
Un mosaico all'interno della Domus Romana a Mdina
LA CATTEDRALE DI SAN PAOLO A MDINA, ALTO ESEMPIO DI BAROCCO MALTESE
Quando il sole si insinua tra i vicoli e i palazzi color ocra della “città murata”, tra le architetture normanne e l’intatto tessuto medievale di questa capitale storica di Malta, Mdina, avvolta da quell’aura così austera e ieratica, assomiglia a uno dei silenziosi borghi della Sicilia.
In questa luminosa cittadina che conta solo 200 residenti, avvolta dalla sua poderosa cinta, separata da Rabat solo da un fossato, tutto cominciò intorno al IV millennio a.C.
Anche se il costo del biglietto d’ingresso può scoraggiare qualcuno - 5 euro è un po’ tanto - la Cattedrale di San Paolo, il più elegante ed equilibrato esempio di barocco maltese, sintesi delle influenze romane, siciliane e rinascimentali, è una tappa da non perdere nel vostro viaggio d’arte alla scoperta dell’isola.
All’interno, il colorato pavimento in marmo, tappezzato da tombe di nobili maltesi e alti esponenti del clero, ricorda un arazzo sfarzoso sul quale quasi dispiace poggiare i piedi.
I contributi di Mattia Preti, Guido Reni, dei siciliani Antonio e Vincenzo Manno e del torinese Mario Caffaro Rore portano nella cattedrale - probabilmente costruita dove sorgeva la villa del governatore romano Publio, che accolse San Paolo dopo il naufragio - anche un po’ di Italia.
RENZO PIANO E VALLETTA: UNA PASSIONE RACCHIUSA NELLA PIETRA GIALLA DI GOZO
La storia d’amore tra l’archistar italiana e Valletta ebbe inizio un giorno del 1985 quando l’Unesco spedì il genovese Renzo Piano nella capitale maltese con l’incarico di contribuire alla riqualificazione urbana di ciò che restava del primigenio ingresso della città.
Il progetto di trasformazione presentato da Piano si concretò soltanto nel 2008 quando l’architetto potè finalmente mettere mano al recupero del City Gate, porta di ingresso della città, e di Freedom Square.
Il risultato oggi è un’elegante cintura di pietra globigerina proveniente delle cave di Gozo, che si scioglie in corrispondenza del City Gate. All’interno della cinta ecco gli altri gioielli di questo “quartier generale” dell’architetto italiano nel cuore di Valletta, un’architettura austera che assurge ad armonico esempio di integrazione tra vecchio e nuovo: il resuscitato teatro a cielo aperto della Royal Opera House, rovinato dai bombardamenti del 1942, il nuovissimo Parlamento, realizzato in blocchi di globigerina di Gozo, incorniciati da lame in acciaio e tagliati in Italia, e infine la piazza, luogo di passaggio e di incontro.
Il Palazzo del Parlamento, opera di Renzo Piano
Mentre l’auto digrada dall’altopiano di Siggiewi verso Valletta, sassi e terra arida, impigliati tra gelsi e carrubi, viti, ulivi e piante di fico d’india scrutano una storia potente, che scavalca i muretti a secco che corrono lungo i dintorni della capitale. Costruiti con le pietre sottratte ai campi, poste con pazienza l’una sull’altra, a proteggere le aree coltivate dall’acqua e dal vento, in alcuni tratti tracciano vere e proprie strade.
Eccola Valletta in festa, con il suo folle ingorgo di automobili a sfidare la lenta sfilata dei suoi 7mila anni di storia, portati bene.
Il percorso per arrivare in auto nella capitale, tra discese ripide e lembi di terra che digradano verso il mare, ricorda i motivi a spirale dei templi megalitici di Malta e Gozo. Sebbene avvolti dal mistero, molto probabilmente rappresentano un’allusione all’energia, al flusso vitale della natura, all’essenza primigenia che trova su quest’isola la sua originaria, eterna bellezza.
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