Al MASI di Lugano fino al 7 gennaio

Cinque secoli di arti grafiche nei capolavori delle collezioni ETH Zurich

Adam und Eva ( Adamo ed Eva ) 1504 Incisione a bulino Graphische Sammlung ETH Zürich
 

Francesca Grego

15/09/2023

Mondo - Albrecht Dürer, Rembrandt, Antoon van Dyck, Francisco Goya, Egon Schiele, Pablo Picasso, Edvard Munch, Andy Warhol, Louise Bourgeois: nomi celebri che brillano non in un’esclusiva collezione privata, ma nelle raccolte di arti grafiche di un’università, nella fattispecie l’ETH Zürich, ovvero il Politecnico di Zurigo. Un tesoro di circa 160 mila lavori su carta che oggi si svela al MASI di Lugano, in un’esposizione che è un lungo viaggio nell’affascinante mondo della grafica. Sono ben 300 le opere in mostra fino al 7 gennaio 2024 al Museo d’arte della Svizzera italiana e spaziano dal Cinquecento ai nostri giorni, toccando un ampio ventaglio di tecniche: xilografia e bulino, acquaforte e serigrafia, ma anche multipli, fotografie, disegni.
 
Oltre a mostrare autentici tesori, Da Albrecht Dürer a Andy Warhol. Capolavori dalla Graphische Sammlung ETH Zürich è un percorso denso di spunti, storie e curiosità, un invito a conoscere le arti grafiche in tutta la loro ricchezza. Dal confronto tra gli antichi maestri e gli artisti contemporanei emergono poi connessioni inaspettate: temi come il processo di creazione dell’opera d’arte, il rapporto tra copia e originale, la trasmissione di motivi e iconografie, ma anche la collaborazione tra professionalità diverse in campo artistico attraversano la storia della grafica fin dalla sua nascita e investono aspetti oggi ancora attuali.

“Fondata nel 1867 come collezione universitaria a scopo di studio e insegnamento, la Graphische Sammlung ETH Zürich è una delle istituzioni svizzere più importanti per le stampe e i disegni dal XV secolo ai giorni nostri. Ogni volta che la visito, rimango molto colpito dalla qualità e dall'attualità delle opere”, ha dichiarato Joël Mesot, presidente di ETH Zürich.
 

Veduta dell'allestimento “Da Albrecht Dürer a Andy Warhol. Capolavori dalla Graphische Sammlung ETHZürich” © MASI Lugano, foto: Gabriele Spalluto 

La mostra al MASI si apre con una grande parete coperta dagli autoritratti di artisti di ogni epoca, per poi involarsi in un racconto lungo cinque secoli, mettendo in luce le peculiarità di ognuno. Nel Cinquecento, per esempio, in mancanza di fotografie, la cosiddetta “incisione di traduzione” era un potente mezzo per far conoscere i capolavori dell’arte a un vasto pubblico. Attraverso la stampa le opere d’arte venivano anche reinterpretate. In mostra la Caricatura della copia del Laooconte di Niccolò Boldrini è un esempio di come una stampa veneziana del XVI secolo potesse trasformare un motivo antico in un’immagine nuova e irriverente: le eroiche figure dell’originale, infatti, sono state sostituite con delle scimmie.

A volte la stampa serviva anche come strumento di rappresentazione scientifica e naturalistica, e questo è il caso del Rinoceronte di Albrecht Dürer. Pur non avendo mai visto l’animale, il maestro tedesco ne realizzò un’immagine che a lungo venne considerata realistica e ristampata in più edizioni. Nasce invece dall’osservazione diretta degli insetti del Suriname il volume Metamorphosis Insectorum Surinamensium, pubblicato nel 1705 da Maria Sibylla Merian. Imprenditrice e insegnante, Merian era annoverata tra i maggiori studiosi di insetti del suo tempo e fu la prima artista a ritrarne i diversi stadi di sviluppo, insieme alle piante che servivano loro da nutrimento.
 
Altro aspetto interessante della mostra è il confronto tra i metodi di lavoro di diversi artisti. Dalle due versioni dell’incisione Ecce Homo di Rembrandt, per esempio, notiamo come il maestro ritoccasse e perfezionasse le proprie opere di continuo. Una pratica resa possibile dalla tecnica della puntasecca, che permetteva di incidere la lastra con uno strumento d’acciaio a forma di ago appuntito, manovrabile liberamente proprio come una matita. Nel tempo, la puntasecca verrà più volte rivisitata: l’artista contemporanea Miriam Cahn, per esempio, interviene direttamente sulla lastra con guanti ricoperti di carta smerigliata, creando con i movimenti della mano visi, sguardi e fisionomie di grande forza espressiva.


Pablo Picasso, Femme au corsage à fleurs (Donna con corpetto a fiori), 27.12.1958, Litografia. Graphische Sammlung ETH Zürich © Succession Picasso / 2023, ProLitteris, Zurich

La trasmissione del medesimo soggetti lungo i secoli è un’abitudine antica e mai abbandonata: lo osserviamo nelle drammatiche rappresentazioni della corrida di Francisco Goya (1816), un tema ripreso da Pablo Picasso nell’acquatinta Salto con la Garrocha dalla serie Tauromachia, ma anche nelle immagini del corpo umano, che ricorrono nelle stampe novecentesche degli espressionisti, di Munch e Schiele.
 
Conducono nelle pieghe più intime della relazione tra uomo e donna le xilografie della serie Intimités (1891) di Félix Vallotton, testimonianza di un fenomeno commerciale di successo emerso alla fine dell’Ottocento: l’edizione limitata. Dopo aver terminato il processo di stampa, tutte le matrici di legno utilizzate da Vallotton furono tagliate in piccole pezzi e stampate su un foglio aggiuntivo, per dare all’acquirente la certezza che non sarebbero state realizzate altre edizioni.
 
Lungo il percorso diverse opere raccontano poi l’evoluzione della stampa verso la grafica d’autore nel secondo Novecento, come la serie di dittici composti da immagine e testo realizzati nel 1999 da Louise Bourgeois, mentre con la Campbell’s Soup di Andy Warhol l’arte si confonde con la merce e con il quotidiano. Emblema della Pop Art, l’iconica lattina bianca e rossa è rappresentata in mostra da una serigrafia tratta dalla nota serie che Warhol realizzò nel 1968.


Edvard Munch, Angstgefühl (Angoscia), 1896. Litografia a colori. Graphische Sammlung ETH Zürich