Dal 10 al 16 giugno in occasione di Art Basel
Oltre il reale: Magritte e De Chirico in dialogo a Basilea
Giorgio de Chirico, Canto d'amore, Parigi, Giugno-Luglio 1914. Olio su tela. MoMa, New York. Nelson A. Rockefeller Bequest © 2019 Artists Rights Society (ARS), New York / SIAE, Rome
Francesca Grego
29/05/2019
Mondo - È il 1923 quando un giovane grafico specializzato in carte da parati vede per la prima volta il dipinto Canto d'amore di Giorgio de Chirico (oggi al MoMa di New York): in uno spazio urbano simile a tante “piazze d'Italia” appaiono un enorme calco della testa dell'Apollo del Belvedere, un gigantesco guanto in lattice e una palla verde.
Il venticinquenne appassionato di pittura è René Magritte e questo incontro segna una svolta nella sua carriera d'artista. Profondamente colpito dal quadro, lo descriverà come un'opera “che rappresentava un taglio netto con le abitudini di artisti prigionieri del talento, dei virtuosi e di tutti i piccoli estetismi consolidati: un nuovo modo di vedere”.
Dopo le influenze cubiste e futuriste, Magritte ha ben chiara quella che sarà la sua strada: nel 1926 dipinge il suo primo quadro surrealista, Il fantino perduto, e nel 1927 debutta alla galleria Le Centaure di Bruxelles con una personale di ben 60 opere.
Il confronto tra i due maestri del Novecento è al centro della mostra Giorgio de Chirico e René Magritte, che la Galleria d'Arte Maggiore di Bologna porta a Basilea dal 10 al 16 giugno, in occasione di Art Basel. Dopo il successo dell'esposizione dedicata a Giorgio Morandi nel 2018, è la volta di un dialogo fitto e straniante, che attraverso rimandi, similitudini e discontinuità evidenzia l'influenza della pittura metafisica su uno dei più amati interpreti del Surrealismo nelle arti figurative.
Negli spazi espositivi di Mentelin-Hof troveremo importanti dipinti a olio di entrambi gli artisti, cui si aggiungono sculture in bronzo e opere su carta di de Chirico: un corpus che spazia dagli anni Venti ai Sessanta, indicando come, con la mediazione di Magritte, gli influssi della Metafisica siano giunti fino alla Pop Art e all'arte concettuale.
In mostra i soggetti più rappresentativi di Giorgio de Chirico, dai manichini di Ettore e Andromaca o i Trovatori alle solitarie Piazze d'Italia, senza dimenticare le ispirazioni classiche di Cavalli in riva al mare e Gladiatori. E poi Magritte con i suoi quadri nel quadro, i suoi displacement tra giorno e notte, la continua sovrapposizione tra reale e irreale che dà luogo a una nuova “realtà”.
Un incontro di enigmi e atmosfere sospese mette in luce un filo rosso che percorrerà la produzione artistica di tutto il XX secolo.
Leggi anche:
• Ma quale Metafisica? Tutto de Chirico in mostra a Genova
• Un giovane Picasso alla Fondation Beyeler per “la mostra dell'anno”
• Dal Surrealismo a Munch e Gauguin, il 2019 del MASI di Lugano
Il venticinquenne appassionato di pittura è René Magritte e questo incontro segna una svolta nella sua carriera d'artista. Profondamente colpito dal quadro, lo descriverà come un'opera “che rappresentava un taglio netto con le abitudini di artisti prigionieri del talento, dei virtuosi e di tutti i piccoli estetismi consolidati: un nuovo modo di vedere”.
Dopo le influenze cubiste e futuriste, Magritte ha ben chiara quella che sarà la sua strada: nel 1926 dipinge il suo primo quadro surrealista, Il fantino perduto, e nel 1927 debutta alla galleria Le Centaure di Bruxelles con una personale di ben 60 opere.
Il confronto tra i due maestri del Novecento è al centro della mostra Giorgio de Chirico e René Magritte, che la Galleria d'Arte Maggiore di Bologna porta a Basilea dal 10 al 16 giugno, in occasione di Art Basel. Dopo il successo dell'esposizione dedicata a Giorgio Morandi nel 2018, è la volta di un dialogo fitto e straniante, che attraverso rimandi, similitudini e discontinuità evidenzia l'influenza della pittura metafisica su uno dei più amati interpreti del Surrealismo nelle arti figurative.
Negli spazi espositivi di Mentelin-Hof troveremo importanti dipinti a olio di entrambi gli artisti, cui si aggiungono sculture in bronzo e opere su carta di de Chirico: un corpus che spazia dagli anni Venti ai Sessanta, indicando come, con la mediazione di Magritte, gli influssi della Metafisica siano giunti fino alla Pop Art e all'arte concettuale.
In mostra i soggetti più rappresentativi di Giorgio de Chirico, dai manichini di Ettore e Andromaca o i Trovatori alle solitarie Piazze d'Italia, senza dimenticare le ispirazioni classiche di Cavalli in riva al mare e Gladiatori. E poi Magritte con i suoi quadri nel quadro, i suoi displacement tra giorno e notte, la continua sovrapposizione tra reale e irreale che dà luogo a una nuova “realtà”.
Un incontro di enigmi e atmosfere sospese mette in luce un filo rosso che percorrerà la produzione artistica di tutto il XX secolo.
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