Ultime novità dal Parco archeologico di Pompei

Gli attrezzi di un carpentiere e un sacrario con pareti blu. Ecco gli ultimi ritrovamenti a Pompei e nella villa di Civita Giuliana

Stanza con pareti celesti, Regio IX, Pompei | Courtesy Parco archeologico di Pompei
 

Samantha De Martin

05/06/2024

Napoli - Ci sono gli attrezzi di lavoro di un carpentiere, il telaio, forse di un letto, smontato, e poi alcune ceste, una lunga corda, pezzi di legno, una sega con la lama, non molto diversa dagli strumenti tradizionali usati fino dagli artigiani a poco tempo fa.
Il quartiere servile della villa di Civita Giuliana, area a circa 700 metri a nord-ovest delle mura dell’antica Pompei, continua a restituire sorprese grazie a una nuova stanza che fornisce un ulteriore spaccato di vita degli ultimi, poco documentata nelle fonti letterarie.
Indagata scientificamente a partire dal 2017, quando fu sottratta agli scavatori clandestini grazie a un accordo tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, la villa di Civita Giuliana restituisce adesso un ambiente perfettamente conservato, come anche gli altri due, con i letti degli schiavi, scoperti nello stesso settore.
In quest’area è stato possibile realizzare i calchi dei mobili e di altri oggetti di materiali deperibili come il legno, le corde, i tessuti. Sperimentata in maniera sistematica sin dal 1863 con la realizzazione dei primi calchi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., la tecnica dei calchi, unica al mondo, è frutto della dinamica specifica dell’evento catastrofico.


La stanza con gli attrezzi di un carpentiere nella villa di Civita Giuliana | Courtesy Parco archeologico di Pompei

Mentre la cenere della “corrente piroclastica”, una nube ardente di cenere e gas tossici, che ha travolto persone o oggetti si è solidificata, formando uno strato solido conosciuto come “cinerite”, il materiale organico (corpi umani, animali o oggetti in legno) si è decomposto lasciando nel terreno un vuoto. Questi vuoti, durante lo scavo, possono essere riempiti di gesso e consentono di riottenere, dall’impronta in “negativo”, la forma originale. È stata proprio questa tecnica a portare a risultati straordinari nella villa di Civita Giuliana, a partire dai calchi di due vittime e di un cavallo a quelli dei modesti letti del quartiere servile.

Nonostante l’attuale finanziamento dello scavo stia volgendo al termine, il Parco e la Procura hanno annunciato di voler proseguire le indagini, attingendo al finanziamento di una campagna di scavi previsto nella Legge di Bilancio dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
“La scommessa degli ultimi anni di puntare nuovamente sulle campagne di scavo archeologico si sta rivelando vincente - ha detto il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna -. La collaborazione ormai pluriennale con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata continua a produrre i suoi frutti, non solo nella lotta per la legalità, ma anche in termini di arricchimento delle conoscenze: basti pensare al rinvenimento straordinario del carro della sposa, in questa stessa area, nel 2019. Cruciali in questo senso la costante attenzione del Ministero in ottica di finanziamenti dedicati, la consolidata cooperazione istituzionale e il circolo virtuoso che collega scavi, studi e ricerca a tutela e valorizzazione del sito”.


Stanza con pareti celesti, Regio IX, Pompei | Courtesy Parco archeologico di Pompei

Sulla base delle recenti acquisizioni info-investigative c’è un valido motivo per ritenere che, proseguendo nelle ricerche, possano essere rinvenuti ulteriori, importanti, reperti già intenzionati dai tombaroli ma per fortuna non depredati.

“Si tratta di un esempio virtuoso di sinergia tra il Ministero della Cultura, il Parco e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata - ha commentato il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel - un’operazione di grande valore scientifico, ma anche culturale. Vogliamo sviluppare questo luogo eccezionale facendolo diventare un luogo accessibile per tutti, un nodo nella rete della Grande Pompei, tra la città antica, le ville e i poli museali di Boscoreale, Oplonti e Stabia. Lo stanziamento nel Bilancio dello Stato per nuovi scavi a Pompei e in altri parchi nazionali voluto dal Ministro Sangiuliano ci aiuterà a continuare questa affascinante impresa archeologica.”

Ma le sorprese non finiscono qui. Sempre recentemente a Pompei è riemerso un nuovo ambiente scavato nell’area centrale della città antica, dipinto in blu, forse un sacrarium. La stanza, che misura circa otto metri quadrati, è emersa tra le strutture collocate nella porzione meridionale dell’isolato, pertinenti ad un quartiere secondario di una grande domus che ha finora restituito un quartiere termale ancora in corso di scavo e un grande salone nero affrescato affacciato su un cortile, con scala di accesso al primo piano del complesso.


Stanza con pareti celesti, Dettaglio, Regio IX, Pompei | Courtesy Parco archeologico di Pompei

In questo spazio, dove si conservavano gli oggetti sacri, dovevano svolgersi con tutta probabilità anche le attività rituali. Le pareti accolgono figure femminili che affiancano le nicchie presenti al centro. Nelle nicchie laterali sono raffigurate le Horae, le quattro stagioni, in quelle sulla parete centrale le allegorie dell’agricoltura e della pastorizia, come indicano gli attributi dell’aratro e del pedum, un corto bastone usato da pastori e cacciatori.
Il colore azzurro era raramente testimoniato negli affreschi pompeiani e in genere era presente in ambienti di grande impegno decorativo. Lo scavo, già parzialmente esplorato in epoca borbonica, ha restituito anche una serie di oggetti parte dell’arredo della casa, temporaneamente depositati in occasione dei lavori edilizi estesi a tutto il complesso.
Nello stesso ambiente gli archeologi hanno ritrovato quindici anfore da trasporto e un corredo in bronzo composto da due brocche e due lucerne. Sono riemersi anche accumuli di materiali edilizi, pronti per essere impiegati nelle ristrutturazioni. Sulla soglia d’ingresso è stato invece rinvenuto un mucchio di gusci di ostriche già consumate che, probabilmente, una volta tritati venivano aggiunti agli impasti per gli intonaci e le malte.

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