Fino al 22 marzo alle Gallerie d'Italia
Un altro Seicento: donne e artiste nella Napoli di Caravaggio
Artemisia Gentileschi, Santa Cecilia, 1645-50 circa. Olio su tela. Sarasota, The State Art Museum of Florida, Bequest of John Ringling
Francesca Grego
21/11/2025
Napoli - Artemisia Gentileschi è certamente la più nota, ma non è affatto l’unica. Luminose figure femminili popolano la scena artistica del Seicento napoletano: pittrici, scultrici, disegnatrici, miniaturiste, ceroplaste, ma anche principesse, donne del popolo, impresarie teatrali, meretrici, musiciste e cantanti che hanno lasciato il segno nella storia dell’arte. Un mondo rimasto a lungo celato e che si svela ora nella mostra Donne nella Napoli spagnola. Un altro Seicento, alle Gallerie d’Italia fino al 22 marzo 2026 con circa 70 opere da musei come il Prado, la National Gallery of Art di Washington, le Collezioni Reali spagnole. Lungo il percorso a cura di Antonio Ernesto Denunzio, Raffaella Morselli, Giuseppe Porzio ed Eve Straussman-Pflanzer, spiccano dipinti di Artemisia Gentileschi raramente esposti in Italia, dalla Santa Cecilia del Ringling Museum Art di Sarasota al monumentale Giuditta e Oloferne conservato a Cannes, fino a due piccole immagini di putti dormienti, novità assoluta proveniente dal Museum of Fine Arts di Boston.
Prestito eccezionale è il ritratto di Maddalena Ventura, la Donna barbuta di Jusepe de Ribera, “miracolo della natura” che attrasse l’attenzione del terzo duca di Alcalà, vicerè di Napoli, colto mecenate e committente del dipinto, oggi di proprietà della Fundaciòn Casa Ducal de Medinaceli di Siviglia. Fu grazie ad Alcalà che Maddalena giunse in città, così come Ribera e Artemisia, e lo stesso può dirsi della pittrice di origini veneziane Giovanna Garzoni. Siamo all’inizio degli anni Trenta del XVII secolo e un’altra donna speciale visita la capitale del Vicereame: si tratta dell’infanta Maria d’Austria, sorella di Filippo IV di Spagna, che a Napoli viene effigiata dal grande Diego Velàsquez in un prestigioso ritratto giunto dal Prado.

Jusepe de Ribera, Maddalena Ventura con il marito e il figlio (Donna barbuta), 1631. Olio su tela. Fundaciòn Casa Ducal de Medinaceli, Siviglia, in deposito a Madrid, Museo Naciònal del Prado
Tornando alle artiste, le prime opere “al femminile” documentate a Napoli portano in realtà la firma di due pittrici “straniere”: la bolognese Lavinia Fontana, che apre il percorso della mostra, e la milanese Fede Galizia, apprezzata dal pubblico partenopeo per lo stile minuto, elegante e ricco di dettagli, affine alla pittura fiamminga in voga in città.
Napoletana purosangue è invece Diana Di Rosa, nota con il soprannome di Annella di Massimo, la cui fama d’artista - proprio come nel caso della Gentileschi - è stata a lungo oscurata da una fosca leggenda. La mostra le rende giustizia restituendone la reale dimensione storica: da non perdere è il suo dipinto di Santa Cecilia e un angelo, recentemente ritrovato ed eccezionalmente concesso in prestito dal Museum of Fine Arts di Boston.
Figlia e sorella di artisti, Diana si impose presto come la più importante pittrice napoletana del Seicento, autrice di tele raffinate e al contempo dense di forza naturalistica, notevoli per invenzione e gusto narrativo. La sua avventura nell’arte si intreccia con quella di Massimo Stanzione, tra i maestri più ammirati nella Napoli seicentesca, e Agostino Beltrano, suo compagno di bottega e poi marito. Un mito diffuso fino al Novecento, poi rivelatosi infondato, imputa la scomparsa prematura della pittrice a un uxoricidio: secondo questa versione il marito, accecato dalla gelosia per una sospetta relazione con Stanzione, l’avrebbe trafitta a morte.

Giuseppe Tramontano, Nell'atelier del maestro: Diana Di Rosa e Massimo Stanzione spiati da una serva, entro il 1877. Olio su tela. Collezione Intesa Sanpaolo. Foto Luciano Pedicini, Napoli
Diana è solo uno dei talenti da scoprire nel progetto delle Gallerie d’Italia, che è frutto di un notevole lavoro di ricerca: sue contemporanee sono la miniatrice Teresa Del Po, la ceroplasta Caterina De Julianis, la scultrice andalusa Luisa Roldàn, ma anche la celebre cantante, suonatrice di arpa e chitarra spagnola Andreana Basile, detta la “Sirena di Posillipo”: sorella dello scrittore Giovan Battista (l’autore del Lu cunto de li cunti), Andreana fu contesa dalle più importanti corti italiane ed europee; Artemisia le dedicò un dipinto oggi perduto, ma in mostra potremo comunque fare la sua conoscenza grazie ad altri tre ritratti.
“Le Gallerie d’Italia concludono la programmazione dell’anno con una preziosa esposizione, un progetto di riscoperta di artiste e opere straordinarie, frutto di nuovi studi, supportato dai migliori curatori, accompagnato da ricerche negli archivi e da restauri, arricchito da prestiti eccezionali grazie al dialogo con importanti istituzioni del Paese e del mondo”, commenta Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo e direttore delle Gallerie d’Italia: “Un altro Seicento è un’iniziativa di prestigio internazionale che prende avvio da un approfondimento su un capitolo significativo della storia artistica di Napoli, sottolineando ancora una volta il ruolo di riferimento delle Gallerie d’Italia nella promozione del patrimonio culturale italiano. Questa mostra, insieme al nostro meraviglioso Caravaggio e alle collezioni ospitate nel museo di via Toledo, credo sia un appuntamento imperdibile per quanti visiteranno Napoli durante le festività natalizie”.

Diana Di Rosa, Santa Cecilia e un angelo, 1634-35 circa. Olio su tela. Boston, Museum of Fine Arts
Prestito eccezionale è il ritratto di Maddalena Ventura, la Donna barbuta di Jusepe de Ribera, “miracolo della natura” che attrasse l’attenzione del terzo duca di Alcalà, vicerè di Napoli, colto mecenate e committente del dipinto, oggi di proprietà della Fundaciòn Casa Ducal de Medinaceli di Siviglia. Fu grazie ad Alcalà che Maddalena giunse in città, così come Ribera e Artemisia, e lo stesso può dirsi della pittrice di origini veneziane Giovanna Garzoni. Siamo all’inizio degli anni Trenta del XVII secolo e un’altra donna speciale visita la capitale del Vicereame: si tratta dell’infanta Maria d’Austria, sorella di Filippo IV di Spagna, che a Napoli viene effigiata dal grande Diego Velàsquez in un prestigioso ritratto giunto dal Prado.

Jusepe de Ribera, Maddalena Ventura con il marito e il figlio (Donna barbuta), 1631. Olio su tela. Fundaciòn Casa Ducal de Medinaceli, Siviglia, in deposito a Madrid, Museo Naciònal del Prado
Tornando alle artiste, le prime opere “al femminile” documentate a Napoli portano in realtà la firma di due pittrici “straniere”: la bolognese Lavinia Fontana, che apre il percorso della mostra, e la milanese Fede Galizia, apprezzata dal pubblico partenopeo per lo stile minuto, elegante e ricco di dettagli, affine alla pittura fiamminga in voga in città.
Napoletana purosangue è invece Diana Di Rosa, nota con il soprannome di Annella di Massimo, la cui fama d’artista - proprio come nel caso della Gentileschi - è stata a lungo oscurata da una fosca leggenda. La mostra le rende giustizia restituendone la reale dimensione storica: da non perdere è il suo dipinto di Santa Cecilia e un angelo, recentemente ritrovato ed eccezionalmente concesso in prestito dal Museum of Fine Arts di Boston.
Figlia e sorella di artisti, Diana si impose presto come la più importante pittrice napoletana del Seicento, autrice di tele raffinate e al contempo dense di forza naturalistica, notevoli per invenzione e gusto narrativo. La sua avventura nell’arte si intreccia con quella di Massimo Stanzione, tra i maestri più ammirati nella Napoli seicentesca, e Agostino Beltrano, suo compagno di bottega e poi marito. Un mito diffuso fino al Novecento, poi rivelatosi infondato, imputa la scomparsa prematura della pittrice a un uxoricidio: secondo questa versione il marito, accecato dalla gelosia per una sospetta relazione con Stanzione, l’avrebbe trafitta a morte.

Giuseppe Tramontano, Nell'atelier del maestro: Diana Di Rosa e Massimo Stanzione spiati da una serva, entro il 1877. Olio su tela. Collezione Intesa Sanpaolo. Foto Luciano Pedicini, Napoli
Diana è solo uno dei talenti da scoprire nel progetto delle Gallerie d’Italia, che è frutto di un notevole lavoro di ricerca: sue contemporanee sono la miniatrice Teresa Del Po, la ceroplasta Caterina De Julianis, la scultrice andalusa Luisa Roldàn, ma anche la celebre cantante, suonatrice di arpa e chitarra spagnola Andreana Basile, detta la “Sirena di Posillipo”: sorella dello scrittore Giovan Battista (l’autore del Lu cunto de li cunti), Andreana fu contesa dalle più importanti corti italiane ed europee; Artemisia le dedicò un dipinto oggi perduto, ma in mostra potremo comunque fare la sua conoscenza grazie ad altri tre ritratti.
“Le Gallerie d’Italia concludono la programmazione dell’anno con una preziosa esposizione, un progetto di riscoperta di artiste e opere straordinarie, frutto di nuovi studi, supportato dai migliori curatori, accompagnato da ricerche negli archivi e da restauri, arricchito da prestiti eccezionali grazie al dialogo con importanti istituzioni del Paese e del mondo”, commenta Michele Coppola, Executive Director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo e direttore delle Gallerie d’Italia: “Un altro Seicento è un’iniziativa di prestigio internazionale che prende avvio da un approfondimento su un capitolo significativo della storia artistica di Napoli, sottolineando ancora una volta il ruolo di riferimento delle Gallerie d’Italia nella promozione del patrimonio culturale italiano. Questa mostra, insieme al nostro meraviglioso Caravaggio e alle collezioni ospitate nel museo di via Toledo, credo sia un appuntamento imperdibile per quanti visiteranno Napoli durante le festività natalizie”.

Diana Di Rosa, Santa Cecilia e un angelo, 1634-35 circa. Olio su tela. Boston, Museum of Fine Arts
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