In mostra a Nuoro dal 17 febbraio al 31 maggio

Berenice Abbott, la fotografa delle avanguardie e della Grande Mela

Dorothy Withney, Paris 1926 / Commerce Graphics / Getty Images. Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York | Berenice Abbott by Dorothy Withney, Paris, 1926
 

Francesca Grego

10/01/2017

Nuoro - “Mi avvicinai alla fotografia come un’anatra si avvicina all’acqua. Non ho mai voluto fare altro”, così Berenice  Abbott ha raccontato i suoi esordi, quando Man Ray, la scelse come assistente nel suo studio di Montparnasse, proprio perché non sapeva nulla di pellicole e camere oscure.
Per la prima volta in Italia, il MAN di Nuoro ne ripercorre l’intera parabola artistica, con 82 stampe originali, realizzate fra gli anni Venti e l’inizio dei Sessanta, e materiali documentari provenienti dall’archivio della stessa artista. Un talento singolare quello della Abbott: vicina alle avanguardie parigine, scopritrice di Eugéne Atget, lesbica dichiarata in anni non proprio liberali, inventrice di originali accessori per fotografi, nella sua carriera ha spaziato dalla ritrattistica al reportage metropolitano, per trovare infine nella fotografia scientifica un terreno di ricerca sulle forme astratte dell’immagine.
Pare che nella favolosa Parigi degli anni Venti finire dentro il suo obiettivo significasse essere qualcuno: hanno lasciato il segno i ritratti di Jean Cocteau, James Joyce, Max Ernst, André Gide. Ma la vera svolta fu la conoscenza di Atget, le cui immagini catturavano la realtà mutante del paesaggio della capitale francese.  Fu questo incontro a ispirare a Berenice il progetto Changing New York, sulle trasformazioni della Grande Mela dopo il crollo di Wall Street del ’29: il fatidico passaggio dalle baracche fatiscenti ai grattacieli e ai monumentali cartelloni pubblicitari divenne un libro cult della storia della fotografia.