Dal 10 luglio
Gli scatti della bambinaia fotografa Vivian Maier arrivano in Italia

Vivian MaierMaloof Collection / Howard Greenberg Gallery, New York |
Vivian Maier, New York, 10 settembre 1955
Ludovica Sanfelice
06/07/2015
Nuoro - Questa è la storia di una bambinaia impiegata presso alcune famiglie benestanti di New York e Chicago che, dagli anni Cinquanta e per cinque decadi, fotografò la vita nelle strade accumulando un archivio di oltre 150mila negativi, pellicole mai sviluppate, stampe, film in super8 e 16 millimetri, registrazioni, appunti e documenti. Nel 2007, per effetto di una confisca del magazzino in cui questo materiale era conservato, il patrimonio frutto dell’inusuale “percorso artistico” di Vivian Maier è riemerso rivendicando uno spazio nella storia della street photography e compiendo il giro del mondo.
Il progetto espositivo che illustra l’attività della straordinaria fotografa, dal 10 luglio raggiungerà anche l’Italia sbarcando al MAN di Nuoro, dove una selezione di 120 scatti presenterà una visione d’insieme del suo operato. Impossibile quindi non porre l’accento su una delle caratteristiche più lampanti della poetica della Maier: l’ossessione per la documentazione e l’accumulo a cui il percorso espositivo dedicherà particolare attenzione.
Superando la fascinazione esercitata dall’eccentrica biografia della tata Vivian, la mostra farà luce sulle qualità del suo lavoro fotografico e dei processi di visione e sviluppo che lo definirono.
L’ostinata indagine condotta a colpi di scatti rubati poteva colpire chiunque, dai ricchi borghesi agli emarginati, mostrando cambi di registro particolarmente disinvolti e dando vita a piccole grandi stori prive di importanza che oggi possono competere con i reportage di strada realizzati dai più illustri maestri del Novecento.
Il progetto espositivo che illustra l’attività della straordinaria fotografa, dal 10 luglio raggiungerà anche l’Italia sbarcando al MAN di Nuoro, dove una selezione di 120 scatti presenterà una visione d’insieme del suo operato. Impossibile quindi non porre l’accento su una delle caratteristiche più lampanti della poetica della Maier: l’ossessione per la documentazione e l’accumulo a cui il percorso espositivo dedicherà particolare attenzione.
Superando la fascinazione esercitata dall’eccentrica biografia della tata Vivian, la mostra farà luce sulle qualità del suo lavoro fotografico e dei processi di visione e sviluppo che lo definirono.
L’ostinata indagine condotta a colpi di scatti rubati poteva colpire chiunque, dai ricchi borghesi agli emarginati, mostrando cambi di registro particolarmente disinvolti e dando vita a piccole grandi stori prive di importanza che oggi possono competere con i reportage di strada realizzati dai più illustri maestri del Novecento.
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