A Palermo dal 20 marzo al 22 aprile
Antonello da Messina, Laurana e Steve McCurry si incontrano a Palermo
Antonello da Messina, Annunciata di Palermo, 1475, olio su tavola, 34 x 46 cm, Palermo, Galleria regionale di Palazzo Abatellis
Samantha De Martin
20/03/2018
Palermo - Due capolavori dell’arte rinascimentale, per la prima volta affiancati l’uno all’altro, tessono a Palazzo Abatellis un affascinante gioco di sguardi e rimandi, un dialogo delicato che ruota intorno a occhi e volti di donna.
Nonostante l’Annunciata di Antonello da Messina (1475) e il Busto in marmo di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana (1471 circa) - scultore, architetto e medaglista di Vrana, che ebbe un ruolo di primo piano nella diffusione dell'estetica rinascimentale a Napoli, in Sicilia e in Francia - dal 1954 appartengano al medesimo museo di Palermo, collocati in due ambienti distinti, non erano mai stati esposti insieme. In occasione della mostra Antonello incontra Laurana, in programma dal 20 marzo al 22 aprile nello storico palazzo nobiliare, fulgidio esempio di architettura gotico-catalana, li si potrà ammirare nella medesima sala per apprezzare la forte somiglianza nella posa e nelle espressioni.
Allo sguardo intenso, magnetico di Maria - colta dall’artista siciliano nell’attimo in cui l’interlocutore sembra esserle davanti, e “raccontata” attraverso la straordinaria espressività delle mani, sospese in una dimensiobne astratta, delle labbra, degli occhi - e al busto in marmo proveniente dalla tomba di Eleonora di Aragona, si affiancherà, a breve, un altro volto, bellissimo, ma decisamente più recente. Si tratta dello sguardo di Sharbat Gula, la ragazza afgana dagli occhi verdi e penetranti immortalata nel 1984 da Steve McCurry in un campo profughi di Peshawar, in uno scatto divenuto celebre.
L’incontro di sguardi delle tre donne diventa così metafora di un confronto tra mondi distanti nel tempo e nello spazio, da sempre terre di incontro e di confine. Da una parte ci sono la Dalmazia e le riviere adriatiche da cui proveniva Laurana. Dall’altra, la Sicilia di Antonello e l’Afghanistan di Sharbat Gula che buca l’obiettivo del noto fotoreporter statunitense.
Lo stesso McCurry sarà a Palermo - capitale italiana della Cultura 2018 - per fotografare la sua opera accanto ai volti delle “due amiche, due donne, due sorelle che si parlano”, come le ha definite l’assessore regionale ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi e alle quali il fotografo dedicherà il suo prossimo lavoro.
La mostra rappresenta un’anticipazione della programmazione che palazzo Abatellis dedica al Rinascimento in pittura e in scultura, partendo dalle sue opere manifesto per arrivare alla rassegna che, ad ottobre prossimo, porterà, per la prima volta a Palermo, opere di Antonello da Messina provenienti dai più importanti musei d'Europa. Questo atteso appuntamento, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa - che sarà accompagnato da un progetto didattico con video, analisi spettrografiche, visioni ricostruzioni e proiezioni in 3D - intende sondare l’arte dell'artista sullo sfondo del tempo, a partire dalle sue relazioni con la cultura mediterranea e il mondo fiammingo.
Sarà un modo imperdibile per cogliere l’essenza di quei ritratti che, come scrisse Leonardo Sciascia, “veramente sanno di chiostro e d’ovile”.
Leggi anche:
• Svelati quattro misteri dell'Annunciata
• È Palermo la capitale italiana della Cultura 2018
• A Pavia il mondo di Steve McCurry
Nonostante l’Annunciata di Antonello da Messina (1475) e il Busto in marmo di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana (1471 circa) - scultore, architetto e medaglista di Vrana, che ebbe un ruolo di primo piano nella diffusione dell'estetica rinascimentale a Napoli, in Sicilia e in Francia - dal 1954 appartengano al medesimo museo di Palermo, collocati in due ambienti distinti, non erano mai stati esposti insieme. In occasione della mostra Antonello incontra Laurana, in programma dal 20 marzo al 22 aprile nello storico palazzo nobiliare, fulgidio esempio di architettura gotico-catalana, li si potrà ammirare nella medesima sala per apprezzare la forte somiglianza nella posa e nelle espressioni.
Allo sguardo intenso, magnetico di Maria - colta dall’artista siciliano nell’attimo in cui l’interlocutore sembra esserle davanti, e “raccontata” attraverso la straordinaria espressività delle mani, sospese in una dimensiobne astratta, delle labbra, degli occhi - e al busto in marmo proveniente dalla tomba di Eleonora di Aragona, si affiancherà, a breve, un altro volto, bellissimo, ma decisamente più recente. Si tratta dello sguardo di Sharbat Gula, la ragazza afgana dagli occhi verdi e penetranti immortalata nel 1984 da Steve McCurry in un campo profughi di Peshawar, in uno scatto divenuto celebre.
L’incontro di sguardi delle tre donne diventa così metafora di un confronto tra mondi distanti nel tempo e nello spazio, da sempre terre di incontro e di confine. Da una parte ci sono la Dalmazia e le riviere adriatiche da cui proveniva Laurana. Dall’altra, la Sicilia di Antonello e l’Afghanistan di Sharbat Gula che buca l’obiettivo del noto fotoreporter statunitense.
Lo stesso McCurry sarà a Palermo - capitale italiana della Cultura 2018 - per fotografare la sua opera accanto ai volti delle “due amiche, due donne, due sorelle che si parlano”, come le ha definite l’assessore regionale ai Beni culturali, Vittorio Sgarbi e alle quali il fotografo dedicherà il suo prossimo lavoro.
La mostra rappresenta un’anticipazione della programmazione che palazzo Abatellis dedica al Rinascimento in pittura e in scultura, partendo dalle sue opere manifesto per arrivare alla rassegna che, ad ottobre prossimo, porterà, per la prima volta a Palermo, opere di Antonello da Messina provenienti dai più importanti musei d'Europa. Questo atteso appuntamento, a cura di Giovanni Carlo Federico Villa - che sarà accompagnato da un progetto didattico con video, analisi spettrografiche, visioni ricostruzioni e proiezioni in 3D - intende sondare l’arte dell'artista sullo sfondo del tempo, a partire dalle sue relazioni con la cultura mediterranea e il mondo fiammingo.
Sarà un modo imperdibile per cogliere l’essenza di quei ritratti che, come scrisse Leonardo Sciascia, “veramente sanno di chiostro e d’ovile”.
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