Dal 13 aprile al 26 ottobre 24 reperti in arrivo da Torino
Gli antichi Egizi alla conquista di Ragusa

Bronzetto della dea Iside lactans (dettaglio), Epoca Tarda (664–332 a.C.) o successiva, Provenienza ignota, Bronzo, Cat. 156 Torino, Museo Egizio
Samantha De Martin
17/03/2025
Ragusa - Ragusa, il Barocco e l’Egitto. Si preannuncia uno straordinario viaggio nel tempo l’itinerario che sarà accolto presso il Museo della Cattedrale – Palazzo Garofalo a Ragusa.
Per la prima volta la Sicilia ospiterà i reperti delle collezioni del Museo Egizio di Torino che nel 2024 ha celebrato i duecento anni dalla nascita.
Dal 13 aprile al 26 ottobre oltre tremila anni di storia lungo le sponde del Nilo riecheggeranno nel Museo della Cattedrale - Palazzo Garofalo grazie all’esposizione “Gli Egizi e i doni del Nilo”, un tuffo tra la vita, l’arte, la religione dell’antica civiltà, attraverso l’esposizione di 24 opere provenienti da Torino e la partecipazione di tutti i musei siciliani che ospitano opere egizie quali il Museo del Papiro “Corrado Basile” di Siracusa, il Museo Archeologico Nazionale Antonio Salinas di Palermo e il Museo Archeologico Ibleo di Ragusa.
Prodotta e organizzata dal Comune di Ragusa e da Arthemisia, in compartecipazione con la Fondazione Federico II, curata per il Museo Egizio da Paolo Marini, la mostra guiderà i visitatori dall’Epoca Predinastica (3900−3300 a.C.) all’Età greco-romana (332 a.C.−395 d.C.) tra stele, vasi, papiri e amuleti, oltre a una maschera funeraria in cartonnage.
Ushabti di Urny Deir el-Medina (?), Nuovo Regno, fine XVIII – inizi XIX dinastia, (1353–1279 a.C.), Legno, pittura Cat. 2599 Torino, Museo Egizio
“Il Museo Egizio - dichiara il curatore del Museo Egizio e della mostra, Paolo Marini - porta in Sicilia una mostra e una storia millenaria raccontata da reperti originali che, dinastia dopo dinastia, conducono i visitatori dal IV millennio a.C. al II secolo d.C.: si parte con un antichissimo vaso, le cui pareti raccontano l’attività che si svolgeva lungo il Nilo, e si termina con una maschera funeraria in cartonnage, emblema di quel Paese che, ormai conquistato dai Romani, rimane ancora aggrappato alle usanze dell’Egitto Faraonico. Il tutto è arricchito da istallazioni digitali che permettono di trasformare semplici copie in artefatti, in grado di coinvolgere il pubblico e di raccontare più storie. Fondamentali le sinergie con altre importanti istituzioni museali della Regione, come il Museo Antonio Salinas di Palermo e il Museo del Papiro ‘Corrado Basile’ di Siracusa”.
Un modellino di imbarcazione dei corredi funerari del Primo Periodo Intermedio (2118 - 1980 a.C.), in legno stuccato e dipinto, decorato con una coppia di occhi udjat a protezione dello scafo, rappresenta il viaggio del defunto verso la città sacra di Abido. Il set completo di vasi canopi in alabastro di Ptahhotep, vissuto durante il Terzo Periodo Intermedio (1076 - 722 a.C.), proveniente dalla Galleria della cultura materiale del Museo Egizio, affianca invece quattro vasi adoperati per conservare separatamente gli organi del defunto, chiusi da coperchi zoomorfi che ritraggono i Figli di Horus.

Amuleto raffigurante il bambino regale, Nuovo Regno (1539–1077 a.C.) Oro, Cat. 6679 Torino, Museo Egizio
“Da qualche anno - dice Iole Siena, presidente di Arthemisia - portiamo avanti un bellissimo progetto di valorizzazione dei territori italiani meno conosciuti al pubblico delle mostre d’arte; è un progetto che mi sta molto a cuore, sia perché ritengo che l’eccellenza del nostro paese risieda proprio in quei centri che sono più piccoli solo geograficamente, e per un sentire fortemente etico, che mi spinge a voler mettere l’arte e le grandi mostre a disposizione di tutti. Le mostre d’arte portano inevitabilmente con se anche uno sviluppo turistico ed economico, e questo da ancora più senso a tutto il lavoro che facciamo. Ragusa rappresenta il cuore pulsante di questo progetto, e sono particolarmente felice di partecipare a questa “prima volta”, dato anche il mio personale e strettissimo legame affettivo con la Sicilia.”
Un focus sarà infine dedicato alle figure di Johann Joachim Winckelmann - fondatore del Neoclassicismo e tra i primi a trattare l'arte egizia in un contesto scientifico - e Jean-François Champollion - decifratore dei geroglifici che contribuì alla comprensione della lingua e della cultura egizia - con una riflessione che riporta il visitatore alle origini dell’Egittologia.
Per la prima volta la Sicilia ospiterà i reperti delle collezioni del Museo Egizio di Torino che nel 2024 ha celebrato i duecento anni dalla nascita.
Dal 13 aprile al 26 ottobre oltre tremila anni di storia lungo le sponde del Nilo riecheggeranno nel Museo della Cattedrale - Palazzo Garofalo grazie all’esposizione “Gli Egizi e i doni del Nilo”, un tuffo tra la vita, l’arte, la religione dell’antica civiltà, attraverso l’esposizione di 24 opere provenienti da Torino e la partecipazione di tutti i musei siciliani che ospitano opere egizie quali il Museo del Papiro “Corrado Basile” di Siracusa, il Museo Archeologico Nazionale Antonio Salinas di Palermo e il Museo Archeologico Ibleo di Ragusa.
Prodotta e organizzata dal Comune di Ragusa e da Arthemisia, in compartecipazione con la Fondazione Federico II, curata per il Museo Egizio da Paolo Marini, la mostra guiderà i visitatori dall’Epoca Predinastica (3900−3300 a.C.) all’Età greco-romana (332 a.C.−395 d.C.) tra stele, vasi, papiri e amuleti, oltre a una maschera funeraria in cartonnage.

Ushabti di Urny Deir el-Medina (?), Nuovo Regno, fine XVIII – inizi XIX dinastia, (1353–1279 a.C.), Legno, pittura Cat. 2599 Torino, Museo Egizio
“Il Museo Egizio - dichiara il curatore del Museo Egizio e della mostra, Paolo Marini - porta in Sicilia una mostra e una storia millenaria raccontata da reperti originali che, dinastia dopo dinastia, conducono i visitatori dal IV millennio a.C. al II secolo d.C.: si parte con un antichissimo vaso, le cui pareti raccontano l’attività che si svolgeva lungo il Nilo, e si termina con una maschera funeraria in cartonnage, emblema di quel Paese che, ormai conquistato dai Romani, rimane ancora aggrappato alle usanze dell’Egitto Faraonico. Il tutto è arricchito da istallazioni digitali che permettono di trasformare semplici copie in artefatti, in grado di coinvolgere il pubblico e di raccontare più storie. Fondamentali le sinergie con altre importanti istituzioni museali della Regione, come il Museo Antonio Salinas di Palermo e il Museo del Papiro ‘Corrado Basile’ di Siracusa”.
Un modellino di imbarcazione dei corredi funerari del Primo Periodo Intermedio (2118 - 1980 a.C.), in legno stuccato e dipinto, decorato con una coppia di occhi udjat a protezione dello scafo, rappresenta il viaggio del defunto verso la città sacra di Abido. Il set completo di vasi canopi in alabastro di Ptahhotep, vissuto durante il Terzo Periodo Intermedio (1076 - 722 a.C.), proveniente dalla Galleria della cultura materiale del Museo Egizio, affianca invece quattro vasi adoperati per conservare separatamente gli organi del defunto, chiusi da coperchi zoomorfi che ritraggono i Figli di Horus.

Amuleto raffigurante il bambino regale, Nuovo Regno (1539–1077 a.C.) Oro, Cat. 6679 Torino, Museo Egizio
“Da qualche anno - dice Iole Siena, presidente di Arthemisia - portiamo avanti un bellissimo progetto di valorizzazione dei territori italiani meno conosciuti al pubblico delle mostre d’arte; è un progetto che mi sta molto a cuore, sia perché ritengo che l’eccellenza del nostro paese risieda proprio in quei centri che sono più piccoli solo geograficamente, e per un sentire fortemente etico, che mi spinge a voler mettere l’arte e le grandi mostre a disposizione di tutti. Le mostre d’arte portano inevitabilmente con se anche uno sviluppo turistico ed economico, e questo da ancora più senso a tutto il lavoro che facciamo. Ragusa rappresenta il cuore pulsante di questo progetto, e sono particolarmente felice di partecipare a questa “prima volta”, dato anche il mio personale e strettissimo legame affettivo con la Sicilia.”
Un focus sarà infine dedicato alle figure di Johann Joachim Winckelmann - fondatore del Neoclassicismo e tra i primi a trattare l'arte egizia in un contesto scientifico - e Jean-François Champollion - decifratore dei geroglifici che contribuì alla comprensione della lingua e della cultura egizia - con una riflessione che riporta il visitatore alle origini dell’Egittologia.
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