Fino all’11 febbraio a Roma
A Palazzo Barberini l'arte barocca incontra il pensiero scientifico nella Roma di Urbano VIII
Francesco Stelluti, Matthias Greuter, Melissographia, 1625 incisione; 40,3 x 29,7 cm Firenze, Biblioteca Marucelliana
Samantha De Martin
16/11/2023
Roma - Nel 1623 la pubblicazione de Il Saggiatore, il trattato di Galileo Galilei, gettava le fondamenta del metodo di ricerca sperimentale della scienza moderna, basato sull’osservazione e sulla sperimentazione.
A 400 anni da quella rivoluzionaria pubblicazione il Museo Galileo di Firenze presenta la mostra La Città del Sole. Arte barocca e pensiero scientifico nella Roma di Urbano VIII, accolta nello Spazio Mostre di Palazzo Barberini fino all'11 febbraio dopo la grande mostra “L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini”, organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica la scorsa primavera.
Il percorso, a cura di Filippo Camerota, con la collaborazione di Marcello Fagiolo, prodotto dal Museo Galileo in partnership con Opera Laboratori, celebra i 400 anni dalla pubblicazione del trattato di Galileo. Sostenuto e pubblicato dall’Accademia dei Lincei, offerto come dono augurale al neoeletto papa Urbano VIII, il libro prende spunto da una disputa sull’origine delle comete tra Galileo e il gesuita Orazio Grassi. All’interno di pagine destinate a rimanere memorabili, venivano confutati radicalmente i fondamenti della filosofia scolastica sui quali poggiavano le argomentazioni del gesuita, alle quali Galileo contrappose la propria concezione di una natura organizzata sulla base di rigorosi principi matematici che non ammettono eccezioni.
Gian Lorenzo Bernini, Ritratto di Urbano VIII, 1631-1632 ca, Olio su tela, 65 x 70 cm, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
Attraverso un centinaio di opere originali, tra dipinti, disegni, libri, incisioni, concesse in prestito da prestigiose istituzioni italiane ed estere - dall’ Archivio di Stato di Roma alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dall’Albertina di Vienna alla Bibliothèque de l’Observatoire di Parigi, Hessisches Landesmuseum di Darmstadt - la mostra mette in scena il sodalizio tra arti e scienze, incentivato dalla committenza barberiniana nella capitale del barocco.
Ma il 1623 è anche l’anno dell’elezione al soglio pontificio di Maffeo Barberini, oltre che della pubblicazione della Città del Sole di Tommaso Campanella, il filosofo che papa Urbano VIII liberò dalla prigionia e accolse tra gli scienziati della sua corte.
A quel modello utopistico di Stato gerarchico guidato dal Sole, sacerdote sommo che “comanda tutte le scienze”, sembra ispirarsi il governo assolutistico di Urbano VIII, che non a caso scelse il Sole come elemento araldico associato alle api dell’arme barberiniana. Queste stesse, modello naturale di monarchia assoluta, ricordano una struttura sociale centralizzata, come la città di Campanella, e quel modello cosmologico che gradualmente si avviava a porre il sole al centro del mondo. Proprio Il Saggiatore di Galileo fu una delle prime opere scientifiche che salutarono l’elezione di Maffeo Barberini al soglio pontificio – accolta dal mondo scientifico come “una mirabile congiuntura” – con l’auspicio di favorire il dialogo sulle nuove scoperte astronomiche. Nonostante ciò, una decina di anni più tardi, il Sant’Uffizio condannò lo scienziato toscano le cui scoperte alimentarono un dibattito straordinariamente importante che vide impegnati il Collegio Romano dei Gesuiti, l’Accademia dei Lincei e il Convento dei Minimi a Trinità dei Monti, i più illustri protagonisti dei tre poli scientifici romani.
Santi di Tito, Ritratto di Galileo Galilei, primo decennio XVII sec, Olio su tela, 61 x 70 cm, Firenze, Collezione privata Alberto Bruschi
La mostra si snoda attraverso i lavori degli scienziati appartenuti a queste tre istituzioni, tra i quali, oltre a Galileo, Christoph Scheiner e Athanasius Kircher, in un intreccio stimolante con l’opera di alcuni degli artisti più celebrati di Roma barocca, da Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini ad Andrea Sacchi.
A 400 anni da quella rivoluzionaria pubblicazione il Museo Galileo di Firenze presenta la mostra La Città del Sole. Arte barocca e pensiero scientifico nella Roma di Urbano VIII, accolta nello Spazio Mostre di Palazzo Barberini fino all'11 febbraio dopo la grande mostra “L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini”, organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica la scorsa primavera.
Il percorso, a cura di Filippo Camerota, con la collaborazione di Marcello Fagiolo, prodotto dal Museo Galileo in partnership con Opera Laboratori, celebra i 400 anni dalla pubblicazione del trattato di Galileo. Sostenuto e pubblicato dall’Accademia dei Lincei, offerto come dono augurale al neoeletto papa Urbano VIII, il libro prende spunto da una disputa sull’origine delle comete tra Galileo e il gesuita Orazio Grassi. All’interno di pagine destinate a rimanere memorabili, venivano confutati radicalmente i fondamenti della filosofia scolastica sui quali poggiavano le argomentazioni del gesuita, alle quali Galileo contrappose la propria concezione di una natura organizzata sulla base di rigorosi principi matematici che non ammettono eccezioni.
Gian Lorenzo Bernini, Ritratto di Urbano VIII, 1631-1632 ca, Olio su tela, 65 x 70 cm, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
Attraverso un centinaio di opere originali, tra dipinti, disegni, libri, incisioni, concesse in prestito da prestigiose istituzioni italiane ed estere - dall’ Archivio di Stato di Roma alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, dall’Albertina di Vienna alla Bibliothèque de l’Observatoire di Parigi, Hessisches Landesmuseum di Darmstadt - la mostra mette in scena il sodalizio tra arti e scienze, incentivato dalla committenza barberiniana nella capitale del barocco.
Ma il 1623 è anche l’anno dell’elezione al soglio pontificio di Maffeo Barberini, oltre che della pubblicazione della Città del Sole di Tommaso Campanella, il filosofo che papa Urbano VIII liberò dalla prigionia e accolse tra gli scienziati della sua corte.
A quel modello utopistico di Stato gerarchico guidato dal Sole, sacerdote sommo che “comanda tutte le scienze”, sembra ispirarsi il governo assolutistico di Urbano VIII, che non a caso scelse il Sole come elemento araldico associato alle api dell’arme barberiniana. Queste stesse, modello naturale di monarchia assoluta, ricordano una struttura sociale centralizzata, come la città di Campanella, e quel modello cosmologico che gradualmente si avviava a porre il sole al centro del mondo. Proprio Il Saggiatore di Galileo fu una delle prime opere scientifiche che salutarono l’elezione di Maffeo Barberini al soglio pontificio – accolta dal mondo scientifico come “una mirabile congiuntura” – con l’auspicio di favorire il dialogo sulle nuove scoperte astronomiche. Nonostante ciò, una decina di anni più tardi, il Sant’Uffizio condannò lo scienziato toscano le cui scoperte alimentarono un dibattito straordinariamente importante che vide impegnati il Collegio Romano dei Gesuiti, l’Accademia dei Lincei e il Convento dei Minimi a Trinità dei Monti, i più illustri protagonisti dei tre poli scientifici romani.
Santi di Tito, Ritratto di Galileo Galilei, primo decennio XVII sec, Olio su tela, 61 x 70 cm, Firenze, Collezione privata Alberto Bruschi
La mostra si snoda attraverso i lavori degli scienziati appartenuti a queste tre istituzioni, tra i quali, oltre a Galileo, Christoph Scheiner e Athanasius Kircher, in un intreccio stimolante con l’opera di alcuni degli artisti più celebrati di Roma barocca, da Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini ad Andrea Sacchi.
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