L’artista visivo partecipa al progetto Three Gates of In-Perfection con un’opera monumentale
Davide Dormino: vi racconto il mio Atlante, la monumentale vertebra lungo la via Francigena
Davide Dormino, Studio per Atlante | Courtesy of Davide Dormino
Samantha De Martin
06/12/2018
Roma - Mentre sulle note di Blu Tangos di Paolo Conte, gli studenti del corso di Scultura e Disegno della Rome University of Fine Arts (R.U.F.A.) riproducono liberamente una modella, Davide Dormino li osserva senza parlare, affacciandosi di tanto in tanto sui loro disegni. Poi, sempre nella stessa sala, torna al computer, si siede sullo sgabello e mostra come dovrebbe presentarsi il suo Atlante.
"In anatomia, l’Atlante è la prima vertebra, subito sotto la testa, che, insieme all’epistrofeo ci permettere di avere un maggior grado di mobilità formando l’articolazione che connette cranio e colonna vertebrale. E poi, in quanto supporto della testa, paragonabile a un globo, ricorda il mitologico Atlante".
Di tanto in tanto il silenzio della sala è interrotto dal timer. La modella cambia, assumendo una nuova posizione, mentre i ragazzi la ritraggono, concentrati, su un nuovo foglio bianco.
Con Atlante Dormino partecipa a Three Gates of In-Perfection, nome dell’opera ma anche del progetto artistico promosso e supportato da ARTE.it, vincitore di Arte sui Cammini 2018. Ideato, coordinato e documentato dall’artista e fotografo Angelo Cricchi e dalla sua Associazione Bianca, vede la partecipazione dell’artista di Udine, classe 1973, assieme ai colleghi Giancarlo Neri e Goldschmied & Chiari.
Che cosa rappresenta l’Atlante?
"L’Atlante, simile a una lente di ingrandimento, comunica un’idea di raccordo. Come tutte le vertebre, ha una funzione di sostegno".
E in effetti, a guardare bene sullo schermo del computer, dove l’immagine dell’opera con cui Dormino partecipa a Three Gates of In-Perfection è ancora virtuale, si ha davvero l’impressione di essere davanti a una porta in cui il contatto tra viaggiatore e genius loci è evidente.
"Quando Angelo (Cricchi) mi ha chiamato comunicandomi il progetto, ancor prima di conoscerne i dettagli, sono rimasto sorpreso dalla tematica e ho dato subito la mia disponibilità. Ero entusiasta al pensiero di inserire la mia opera di land art all’interno di un percorso spirituale, lungo quell’antica via del pellegrinaggio, dove, secondo Goethe, sarebbe nata la coscienza d’Europa".
Atlante è un’opera monumentale percepita come un luogo da attraversare. A cosa è dovuta l’idea di utilizzare il marmo?
"Il marmo (basti pensare a Michelangelo) racconta il nostro DNA di italiani. La mia pulsione è stata sempre stata quella di partire dal marmo, trasformando la materia, dandole forma. Il blocco è un fuori scala, 2 metri x 3.5. L’aspetto monumentale è come se rendesse l’opera più visibile e quindi più comprensibile.
Affido tutta la mia ricerca artistica alla monumentalità del processo esecutivo, in ogni mio lavoro c’è una ricerca di senso attraverso il riferimento a tematiche imprescindibili per l’uomo. Entrando nella cava di marmo di Fantiscritti, nel comune di Carrara, quegli enormi pilastri assomigliavano all’atlante della montagna. È li che ho scelto il mio marmo. Storia e Memoria sono da tempo oggetto consueto della mia opera impregnata di una fisicità esecutiva che la caratterizza immediatamente".
Dove sarà collocata l’opera?
"Il tratto preso in considerazione è una piccola variante lungo la Via Francigena, sempre all’interno della Valle del Sorbo, nell’area al confine tra Campagnano di Roma e Formello. La collocazione originale dell’opera ha subito una piccola variazione dal momento che, in seguito ai sopralluoghi, proprio nel punto in cui avrei dovuto collocare Atlante è riemersa una villa romana. Per arrivarvi bisogna percorrere un dedalo di stradine strette. A un certo punto la valle si apre inghiottendo lo sguardo. Durante il sopralluogo ho provato come la sensazione di una visione, di apertura interiore. Ho pensato subito allo spettatore che, giungendo in questo posto, avrebbe iniziato a guardarsi intorno mettendosi in ascolto. E qui entrano in gioco le vertebre che gli consentono di girare il collo da una parte all’altra per ammirare il tutto".
L’artista di Anything to say?, la famosa scultura itinerante dedicata al coraggio e alla libertà, apre lo smartphone e mostra un elenco di appunti annotati man mano che sentiva crescere l’idea di Atlante: “varchi”, “stazione”, “camminare ascoltando se stessi”, “cosa potresti trovare”.
Che cosa significa oggi realizzare un'opera d’arte?
"Sicuramente realizzare un’opera è un dono per il futuro, una sorta di correzione della realtà, un espediente, certo non per sopravvivere, ma per vivere diversamente. L’arte è l’ultimo territorio per la libertà che arriva dove politica ed economia non ce la fanno. E all’artista, spetta il compito di porre le domande, interrogare, offrire opere da decodificare, come in un rebus".
Mentre si scrive questa intervista il mastodontico blocco di marmo è arrivato a Tivoli, dove sarà lavorato e sottoposto a sgrossatura e inquadratura. Atlante sarà concluso a fine gennaio e al momento il suo spazio è incorniciato da un cantiere in piena attività del quale l’opera resterà impregnata, come una potente testimonianza della fisicità dell’arte.
Mentre l’ora di lezione volge al termine e gli studenti completano i loro disegni, Dormino fa un accenno al suo prossimo impegno.
"Il prossimo progetto mi vedrà impegnato in un’opera collettiva che coinvolgerà 24 artisti. Si tratta di un lavoro complesso che avrà come focus il superamento dell’io individuale. Lo spazio sarà rappresentato da un’arca che affronta il diluvio per approdare al nuovo mondo, sfidando dinamiche dell’io narcisista per aprirsi a un universo in cui sarebbe impensabile sopravvivere senza la diversità".
"In anatomia, l’Atlante è la prima vertebra, subito sotto la testa, che, insieme all’epistrofeo ci permettere di avere un maggior grado di mobilità formando l’articolazione che connette cranio e colonna vertebrale. E poi, in quanto supporto della testa, paragonabile a un globo, ricorda il mitologico Atlante".
Di tanto in tanto il silenzio della sala è interrotto dal timer. La modella cambia, assumendo una nuova posizione, mentre i ragazzi la ritraggono, concentrati, su un nuovo foglio bianco.
Con Atlante Dormino partecipa a Three Gates of In-Perfection, nome dell’opera ma anche del progetto artistico promosso e supportato da ARTE.it, vincitore di Arte sui Cammini 2018. Ideato, coordinato e documentato dall’artista e fotografo Angelo Cricchi e dalla sua Associazione Bianca, vede la partecipazione dell’artista di Udine, classe 1973, assieme ai colleghi Giancarlo Neri e Goldschmied & Chiari.
Che cosa rappresenta l’Atlante?
"L’Atlante, simile a una lente di ingrandimento, comunica un’idea di raccordo. Come tutte le vertebre, ha una funzione di sostegno".
E in effetti, a guardare bene sullo schermo del computer, dove l’immagine dell’opera con cui Dormino partecipa a Three Gates of In-Perfection è ancora virtuale, si ha davvero l’impressione di essere davanti a una porta in cui il contatto tra viaggiatore e genius loci è evidente.
"Quando Angelo (Cricchi) mi ha chiamato comunicandomi il progetto, ancor prima di conoscerne i dettagli, sono rimasto sorpreso dalla tematica e ho dato subito la mia disponibilità. Ero entusiasta al pensiero di inserire la mia opera di land art all’interno di un percorso spirituale, lungo quell’antica via del pellegrinaggio, dove, secondo Goethe, sarebbe nata la coscienza d’Europa".
Atlante è un’opera monumentale percepita come un luogo da attraversare. A cosa è dovuta l’idea di utilizzare il marmo?
"Il marmo (basti pensare a Michelangelo) racconta il nostro DNA di italiani. La mia pulsione è stata sempre stata quella di partire dal marmo, trasformando la materia, dandole forma. Il blocco è un fuori scala, 2 metri x 3.5. L’aspetto monumentale è come se rendesse l’opera più visibile e quindi più comprensibile.
Affido tutta la mia ricerca artistica alla monumentalità del processo esecutivo, in ogni mio lavoro c’è una ricerca di senso attraverso il riferimento a tematiche imprescindibili per l’uomo. Entrando nella cava di marmo di Fantiscritti, nel comune di Carrara, quegli enormi pilastri assomigliavano all’atlante della montagna. È li che ho scelto il mio marmo. Storia e Memoria sono da tempo oggetto consueto della mia opera impregnata di una fisicità esecutiva che la caratterizza immediatamente".
Dove sarà collocata l’opera?
"Il tratto preso in considerazione è una piccola variante lungo la Via Francigena, sempre all’interno della Valle del Sorbo, nell’area al confine tra Campagnano di Roma e Formello. La collocazione originale dell’opera ha subito una piccola variazione dal momento che, in seguito ai sopralluoghi, proprio nel punto in cui avrei dovuto collocare Atlante è riemersa una villa romana. Per arrivarvi bisogna percorrere un dedalo di stradine strette. A un certo punto la valle si apre inghiottendo lo sguardo. Durante il sopralluogo ho provato come la sensazione di una visione, di apertura interiore. Ho pensato subito allo spettatore che, giungendo in questo posto, avrebbe iniziato a guardarsi intorno mettendosi in ascolto. E qui entrano in gioco le vertebre che gli consentono di girare il collo da una parte all’altra per ammirare il tutto".
L’artista di Anything to say?, la famosa scultura itinerante dedicata al coraggio e alla libertà, apre lo smartphone e mostra un elenco di appunti annotati man mano che sentiva crescere l’idea di Atlante: “varchi”, “stazione”, “camminare ascoltando se stessi”, “cosa potresti trovare”.
Che cosa significa oggi realizzare un'opera d’arte?
"Sicuramente realizzare un’opera è un dono per il futuro, una sorta di correzione della realtà, un espediente, certo non per sopravvivere, ma per vivere diversamente. L’arte è l’ultimo territorio per la libertà che arriva dove politica ed economia non ce la fanno. E all’artista, spetta il compito di porre le domande, interrogare, offrire opere da decodificare, come in un rebus".
Mentre si scrive questa intervista il mastodontico blocco di marmo è arrivato a Tivoli, dove sarà lavorato e sottoposto a sgrossatura e inquadratura. Atlante sarà concluso a fine gennaio e al momento il suo spazio è incorniciato da un cantiere in piena attività del quale l’opera resterà impregnata, come una potente testimonianza della fisicità dell’arte.
Mentre l’ora di lezione volge al termine e gli studenti completano i loro disegni, Dormino fa un accenno al suo prossimo impegno.
"Il prossimo progetto mi vedrà impegnato in un’opera collettiva che coinvolgerà 24 artisti. Si tratta di un lavoro complesso che avrà come focus il superamento dell’io individuale. Lo spazio sarà rappresentato da un’arca che affronta il diluvio per approdare al nuovo mondo, sfidando dinamiche dell’io narcisista per aprirsi a un universo in cui sarebbe impensabile sopravvivere senza la diversità".
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