Dal 16 novembre alla Galleria Sabauda
A Torino l’autunno è di Van Dyck

Antoon Van Dyck, I tre figli maggiori di Carlo I, 1635. Galleria Sabauda, Torino
Francesca Grego
15/06/2018
Torino - Torino si prepara ad accogliere Antoon Van Dyck in quello che si preannuncia un appuntamento irrinunciabile del prossimo autunno.
Arriveranno dai più grandi musei d’Europa e del mondo le oltre 100 opere protagoniste della grande mostra che avrà al centro l’arte del pittore fiammingo alla Galleria Sabauda. Nello scenario di Palazzo Reale, i preziosi prestiti saranno messi a confronto con i dipinti già presenti nelle collezioni della pinacoteca, che insieme ai Van Eyck, ai Memling, ai Rubens e ai Rembrandt sfoggia celebri quadri di Van Dyck come I figli di Carlo I d’inghilterra.
A partire dal 16 novembre potremo ammirare famosi ritratti e non solo, anticipano gli organizzatori di Arthemisia, vista l’eccezionale abilità di un artista talmente ricercato dall’aristocrazia di mezzo Continente da dedicare a questo genere la maggior parte del proprio lavoro.
“Grande per la Fiandra era la fama di Pietro Paolo Rubens, quando in Anversa nella sua scuola sollevossi un giovinetto portato da così nobile generosità di costumi e da così bello spirito nella pittura che ben diede segno d'illustrarla ed accrescerle splendore”. Così lo storico dell’arte Giovan Pietro Bellori descrisse l’allievo prediletto di Rubens, i cui talenti poterono presto rivaleggiare con quelli del maestro.
Un lungo soggiorno in Italia – che Van Dyck visitò e studiò da Genova e Venezia alla Sicilia, passando naturalmente per Roma e Firenze – l’incontro con i migliori artisti della Penisola e il grande amore per Tiziano ne segnarono la formazione, fino all’incontro fulminante con Carlo I d’Inghilterra, il grande mecenate che lo preferì a ogni collega e ne fece il pittore ufficiale di una corte vivace e raffinata.
Elegantissima, morbida, sapientemente luminosa, la pittura di Van Dyck tocca i soggetti sacri e mitologici caratteristici del Seicento, ma raggiunge vertici assoluti immortalando principi alteri, nobili pensierosi e dame dall’incarnato splendente, in perfetto equilibrio tra caratterizzazione psicologica e intenti celebrativi; fino agli straordinari ritratti infantili, dall’espressività delicata e vivissima.
Leggi anche:
• La fragilità della bellezza: a Torino i tesori restaurati da Intesa Sanpaolo
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A partire dal 16 novembre potremo ammirare famosi ritratti e non solo, anticipano gli organizzatori di Arthemisia, vista l’eccezionale abilità di un artista talmente ricercato dall’aristocrazia di mezzo Continente da dedicare a questo genere la maggior parte del proprio lavoro.
“Grande per la Fiandra era la fama di Pietro Paolo Rubens, quando in Anversa nella sua scuola sollevossi un giovinetto portato da così nobile generosità di costumi e da così bello spirito nella pittura che ben diede segno d'illustrarla ed accrescerle splendore”. Così lo storico dell’arte Giovan Pietro Bellori descrisse l’allievo prediletto di Rubens, i cui talenti poterono presto rivaleggiare con quelli del maestro.
Un lungo soggiorno in Italia – che Van Dyck visitò e studiò da Genova e Venezia alla Sicilia, passando naturalmente per Roma e Firenze – l’incontro con i migliori artisti della Penisola e il grande amore per Tiziano ne segnarono la formazione, fino all’incontro fulminante con Carlo I d’Inghilterra, il grande mecenate che lo preferì a ogni collega e ne fece il pittore ufficiale di una corte vivace e raffinata.
Elegantissima, morbida, sapientemente luminosa, la pittura di Van Dyck tocca i soggetti sacri e mitologici caratteristici del Seicento, ma raggiunge vertici assoluti immortalando principi alteri, nobili pensierosi e dame dall’incarnato splendente, in perfetto equilibrio tra caratterizzazione psicologica e intenti celebrativi; fino agli straordinari ritratti infantili, dall’espressività delicata e vivissima.
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