Dal 14 maggio al 25 settembre il Museo Bailo celebra la gloria del maestro

Un Canova segreto si svela a Treviso

Antonio Canova, Venere italica, 1804-1812, Gesso multiplo 1:1, Collezione privata, Veneto
 

Samantha De Martin

04/05/2022

Treviso - Con la braccia spalancate al cielo a implorare pietà al cospetto del padre morto, le figlie di Priamo condividono il loro dolore con la sposa del re di Troia, svenuta e a stento sorretta, simile a una Vergine ai piedi della Croce.
Poco distanti da queste protagoniste di un sublime tragico che trova nello scalpello di Antonio Canova la sua più alta rappresentazione, sono i figli di Alcinoo che celebrano invece la vita abbandonandosi a una gioiosa danza.
Queste figure, al centro dei due episodi ispirati alle vicende della guerra di Troia e all’epopea di Ulisse, attingendo all’Odissea e al II libro dell’Eneide, sfilano in due bassorilievi in gesso, ospiti attesi della grande mostra che, dal 14 maggio al 25 settembre, porta al Museo Bailo di Treviso la gloria trevigiana di Canova, dalla bellezza classica all’annuncio romantico.
La grande retrospettiva introduce alla sezione del muovo Museo Bailo tutta riservata all’Ottocento.

Appartenenti in origine alla Collezione Albrizzi e oggi patrimonio delle Assicurazioni Generali, questi due spettacolari gessi dello scultore raffiguranti La morte di Priamo e La danza dei figli di Alcinoo approdano a Treviso dopo essere stati sottoposti a una campagna di restauro.


Antonio Canova, La morte di Priamo, 280 x 141 cm, 1787-1790 | Courtesy Assicurazioni Generali

Accanto a questi capolavori, oltre 150 opere cuciono il percorso in 11 sezioni che pongono l’attenzione sulla relazione, tanto profonda quanto inedita, che legò Canova a Treviso. È a Treviso che si origina il mito dell’artista di Possagno, come anche la riscoperta critica della sua opera, a partire dalla leggenda, maturata in alcuni ambienti, del bambino prodigio che, ad Asolo, in casa Falier, avrebbe inventato su due piedi, da un pezzo di burro, una scultura a forma di leone.
Prima città ad avere accolto le celebrazioni dopo la morte, commissionando, nel 1823, la realizzazione di un busto a Luigi Zandomeneghi e un componimento musicale al miglior musicista, Gioachino Rossini, per onorarne la memoria (musiche che accompagneranno il visitatore in mostra), Treviso rimase fedele al suo maestro anche nel dopoguerra, quando una certa critica lo disprezzava. A queste critiche Luigi Coletti avrebbe risposto con la prima grande mostra monografica, l’unica in Italia a indagare criticamente tutta l’opera dello scultore, distinguendo una produzione “stilistica” da quella “poetica” dove era possibile “sentire l’annuncio romantico”, come lo stesso Coletti scrisse.


Antonio Canova, Amore e Psiche stanti, 1796- 1800, Gesso multiplo 1:1. Collezione privata, Veneto

In questo inno devoto, e costante nel tempo, al suo scultore più illustre, da parte della città di Treviso, si inserisce la mostra Canova gloria trevigiana: dalla bellezza classica all’annuncio romantico, a cura di Fabrizio Malachin, Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, che sembra completare la trilogia delle recenti esposizioni di Napoli (dedicata al rapporto con l’antico) e Roma (incentrata sulla bellezza).
Nell’appuntamento trevigiano che si concentra su Canova quale straordinario contemporaneo annunciatore romantico, il visitatore avrà modo di apprezzare l’ambiente, eccezionalmente ricreato, programmato da Canova in palazzo Papafava, dove il confronto tra antico e moderno è portato alla sua massima essenza. L’Apollo del Belvedere a confronto con il Perseo trionfante e il Gladiatore Borghese a dialogo con il Creugante incarnano qui il “teorema perfetto”.

Per la prima volta lo spettatore potrà ammirare le opere esposte sui loro basamenti originali restaurati per l’occasione, come anche il gesso del cavallo preparatorio del celebre gruppo Il Teseo in lotta con il centauro di Vienna, esposto per la prima volta in una mostra. Per realizzare il corpo del centauro Canova aveva studiato la sagoma di cavallo in fin di vita.


 Antonio Canova, Autoritratto, 1811-1812, gesso multiplo 2:1 ca, Collezione privata, Veneto

Il sentimento, che esplode nella modernità romantica, diventa il filo conduttore che unisce una serie di opere, intense meditazioni sulla figura femminile afflitta, quindi le Maddalene. I gruppi gentili e amorosi che trovano la loro alta espressione in Amore e Psiche in mostra si uniscono ai ritratti, alle incisioni, alle celebrazioni canoviane, fino ad approdare alla fotografia. Costituiscono infatti una sorta di mostra nella mostra i 40 straordinari scatti artistici canoviani del fotografo Fabio Zonta che, con la sua sorprendente lente interpretativa mette a fuoco la tridimensionalità delle opere dello scultore, accentuando dettagli, soggetti, espressività.

Un colpo di scena, che risuona come un gossip, ci accoglie nella Galleria dell’Ottocento, ultima sezione del percorso espositivo. Qui ne sapremo di più sull’amore tra Antonio Canova e Marianna Angeli Pascoli, bellissima contessa trevigiana. Balza alla vista un piccolo cameo con il ritratto dello scultore adagiato sul seno di lei, nel busto scolpito da Luigi Zandomeneghi. L’effige della nobildonna si potrà ammirare all’interno della galleria, allestita al Nuovo Museo Bailo con progetto di Marco Rapposelli di Studiomas-Padova.

Arricchiscono il percorso inedite opere canoviane riemerse durante la preparazione della mostra, come un busto con il Ritratto di Antonio Canova di Antonio D’Este o ancora il calco della mano destra e la maschera funeraria dell’artista.
“Per capire l’importanza di questi due “reperti” - chiarisce il direttore dei Musei Civici Fabrizio Malachin - bisogna tornare al clima culturale dell’epoca. Quando, il 13 ottobre 1822, Canova muore a Venezia, scatta la caccia alle sue reliquie, quasi fosse un santo”. Così il cuore, simbolo dell’amore, è toccato ai Frari (da pochi anni è tornato a Possagno e ed è ora riposto accanto ai resti mortali del maestro nel suo Tempio), la mano destra, strumento della creatività artistica, all’Accademia delle Belle Arti, tempio dell’arte veneziana, mentre il calco della mano sinistra è oggi a Possagno.


Antonio Canova, La danza dei figli di Alcinoo, 280 x 141 cm | Courtesy Assicurazioni Generali

Canova Gloria Trevigiana accende infine l’attenzione su uno dei tesori nascosti dei Civici Musei. Si tratta del carteggio di Antonio Canova, 32 manoscritti appartenenti alla corrispondenza personale del maestro, accanto a un nucleo di lettere e documenti redatti tra il 1801 e il 1823 da Giambattista Sartori Canova. Questi cimeli offrono una significativa testimonianza dell’articolata attività dell’artista, restituiscono i retroscena, i pensieri che accompagnarono la nascita dei celebri capolavori, ma anche le amicizie, le commissioni, la preoccupazione per la famiglia e per il lavoro incessante. “Se avessi parecchie mani tutte sarebbero impiegate” scriveva a questo proposito il maestro.

Non mancano alcuni materiali canoviani usciti raramente dalle segrete stanze dei Civici Musei per essere mostrate. Tra questi il prezioso bozzetto delle Tre Grazie, dove, a ben guardare, è possibile intravedere le impronte del maestro.
Dai depositi museali esce per la prima volta anche la ampia medaglistica canoviana.
Le sorprese continuano anche “fuori mostra”, presso la sede di Assindustria Venetocentro, in Piazza delle Istituzioni 11, dove accolgono il pubblico due opere provenienti dalla Gipsoteca di Possagno: Venere che esce dal bagno (Venere Italica) e il monumentale gesso raffigurante Venere e Marte.



Angelica Kauffmann, Ritratto di Antonio Canova, 1805 ca, Olio su tela, Collezione Privata

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