Arte e tecnologia
“L’Atelier” di Picasso, la prossima impresa della Collezione Peggy Guggenheim

Lo Studio (L'Atelier), Pablo Picasso, ph. Matteo De Fina, courtesy of Collezione Peggy Guggenheim
Ludovica Sanfelice
10/05/2016
Venezia - Il restauro e l’allestimento di una mostra scientifica dedicata ad “Alchimia”, complicato e meraviglioso esemplare dell’action painting di Jackson Pollock, devono aver procurato grandi soddisfazioni al dipartimento di conservazione della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia che con infaticabile lena si impegna nella tutela e nella valorizzazione del patrimonio dell’appasionata mecenatessa raccogliendo sempre nuove sfide.
E ora Picasso
E’ dunque tempo di dedicarsi ad un nuovo progetto che questa volta riguarda Pablo Picasso e l’opera “Lo Studio (L’Atelier)”, realizzata dal maestro spagnolo nel 1928 e successivamente rielaborata in una sintesi compositiva più asciutta e ridotta nella gamma cromatica.
L’opera, carica di forza e austerità, stava molto a cuore al pittore che qualche anno dopo averla affidata al mercante Daniel H. Kahnweiler si decise a riscattarla offrendo in cambio altre cinque opere. A questo episodio seguirono l’inclusione del dipinto nella selezione delle 300 opere in mostra per Picasso: Forty Years of His Art at the Museum of Modern Art e la decisione di consegnarlo poi alla galleria Valentine Dudensing dove Max Ernst lo notò e lo indicò alla moglie Peggy Guggenheim che lo acquistò nel 1942.
La storia delle indagini
La tela ha una lunga storia investigativa. Nel tentativo di ricostruire l’aspetto originale dell’opera che Picasso dipinse nel ’28, venne sottoposta ad una prima indagine nel 1983 presso il MoMA di New York, e ad un secondo esame nel 1996 a Venezia. In entrambi casi gli strumenti a disposizione consentirono di formulare solo delle ipotesi. Niente a che vedere con la tecnologia di cui si avvarrà la nuova analisi che permetterà di conoscere il processo creativo alla base di una delle opere più importanti del XX secolo e di osservare con precisione la prima versione del dipinto.
Il restauro
Tra i problemi che il quadro presenta ci sono affioramenti di un precedente intervento condotto a termine alla fine degli anni Sessanta, quando l’opera venne rintelata e i sollevamenti di colore vennero fissati con cera e resina. A questo si sommano i depositi di particolato atmosferico che ostacolano la corretta lettura della superficie cromatica.
Lo studio avviato lo scorso aprile dal museo veneziano servirà a stabilire le misure più opportune da adottare per la rimozione selettiva e graduale dei residui incoerenti prima di procedere con un restauro conservativo che potrà contare sui più avanzati sistemi che la Collezione Peggy Guggenheim concorre parallelamente a sviluppare nell’ambito del progetto europeo NANORESTART (NANOmaterials for the REStoration of works of ART) finanziato dalla Commissione Europea.
Le previsioni di consegna indicano il prossimo autunno. Torneremo quindi presto a parlarne.
E ora Picasso
E’ dunque tempo di dedicarsi ad un nuovo progetto che questa volta riguarda Pablo Picasso e l’opera “Lo Studio (L’Atelier)”, realizzata dal maestro spagnolo nel 1928 e successivamente rielaborata in una sintesi compositiva più asciutta e ridotta nella gamma cromatica.
L’opera, carica di forza e austerità, stava molto a cuore al pittore che qualche anno dopo averla affidata al mercante Daniel H. Kahnweiler si decise a riscattarla offrendo in cambio altre cinque opere. A questo episodio seguirono l’inclusione del dipinto nella selezione delle 300 opere in mostra per Picasso: Forty Years of His Art at the Museum of Modern Art e la decisione di consegnarlo poi alla galleria Valentine Dudensing dove Max Ernst lo notò e lo indicò alla moglie Peggy Guggenheim che lo acquistò nel 1942.
La storia delle indagini
La tela ha una lunga storia investigativa. Nel tentativo di ricostruire l’aspetto originale dell’opera che Picasso dipinse nel ’28, venne sottoposta ad una prima indagine nel 1983 presso il MoMA di New York, e ad un secondo esame nel 1996 a Venezia. In entrambi casi gli strumenti a disposizione consentirono di formulare solo delle ipotesi. Niente a che vedere con la tecnologia di cui si avvarrà la nuova analisi che permetterà di conoscere il processo creativo alla base di una delle opere più importanti del XX secolo e di osservare con precisione la prima versione del dipinto.
Il restauro
Tra i problemi che il quadro presenta ci sono affioramenti di un precedente intervento condotto a termine alla fine degli anni Sessanta, quando l’opera venne rintelata e i sollevamenti di colore vennero fissati con cera e resina. A questo si sommano i depositi di particolato atmosferico che ostacolano la corretta lettura della superficie cromatica.
Lo studio avviato lo scorso aprile dal museo veneziano servirà a stabilire le misure più opportune da adottare per la rimozione selettiva e graduale dei residui incoerenti prima di procedere con un restauro conservativo che potrà contare sui più avanzati sistemi che la Collezione Peggy Guggenheim concorre parallelamente a sviluppare nell’ambito del progetto europeo NANORESTART (NANOmaterials for the REStoration of works of ART) finanziato dalla Commissione Europea.
Le previsioni di consegna indicano il prossimo autunno. Torneremo quindi presto a parlarne.
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