Dal 15 dicembre al 30 settembre
Ad Acquapendente, il Museo "ritrovato" svela i suoi antichi gioielli
Filippo Germisoni detto il Moletta, Madonna con bambino, ante 1715, olio su tela. Courtesy of Museo Civico e Diocesano di Acquapendente
Samantha De Martin
01/12/2017
Viterbo - Dai depositi al restauro, attraverso il recupero dell’antica bellezza.
Il Palazzo Vescovile di Acquapendente - sede del Museo Civico e Diocesano del comune viterbese - accoglie dal 15 dicembre al 30 settembre una mostra che restituisce ai visitatori otto affascinanti reperti, frutto di un lavoro durato mesi. Un recupero importante, opera del laboratorio di restauro per il territorio della Regione Lazio, guidato da Paola Sannucci - anche direttore tecnico dei laboratori di restauro di Palazzo Barberini e Palazzo Corsini di Roma - e del neonato laboratorio interno al museo, specializzato nel restauro ligneo, coordinato da Roberta Sugaroni.
Pezzo forte del percorso espositivo sarà una Madonna con bambino, anteriore al 1715, presentata dallo storico dell’arte Claudio Strinati - curatore della mostra insieme ad Andrea Alessi, direttore scientifico del Museo della Città - come un rarissimo autografo di Filippo Germisoni detto il Moletta, attivo a Roma e nella provincia di Viterbo tra il Seicento e il Settecento.
«Si tratta di un’opera molto delicata - spiega Strinati - che presenta un’interessante connessione con quella scuola anomala e raffinata che ebbe nel pittore romano Marco Benefial il suo esponente di punta, e che rende il nostro dipinto di estremo interesse. Un lavoro frutto di un periodo storico che coltivava ideali come la grazia dell’espressione, l’educazione, elementi molto evidenti nel quadro. Nonostante il Moletta fosse anticamente molto apprezzato dall’ambiente romano-laziale del primo Settecento, in seguito alla perdita di molte delle opere da lui realizzate il suo nome fu un po’ dimenticato dal grande pubblico. Per noi ricercatori è stato come ritrovare un vechio amico, perso di vista per molti anni».
La mostra, che, come ribadisce Strinati, mostra i risultati di una serie di riscoperte e che accende i riflettori su un museo piccolo, ma ricco di opere meritevoli di interesse, consentirà di ammirare lavori tornati a brillare grazie al restauro.
«L’opera del Moletta - spiega Alessi - risultava fortemente compromessa, ingiallita, coperta da una patina di polveri. Era stata oggetto di interventi di restauro, tra l’altro non documentati perché il dipinto, appartenente all’antico convento trecentesco dei Frati Minori Francescani di Acquapendente non era stato schedato. Uno di questi interventi è stato effettuato tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Il laboratorio di Viterbo ha ritenuto opportuno effettuare una serie di indagini diagnostiche non invasive per esaminare i precedenti ritocchi».
Accanto alla Madonna col Bambino verrà presentato al pubblico anche il ritratto di papa Clemente XIV la cui qualità, svelata dal restauro, ha confermato trattarsi di un autografo di Giovanni Domenico Porta. «I bagliori di luce degli ori, che risaltano nitidi dalla veste di velluto rosso, fanno da contrappunto alla fisionomia del pontefice, resa con grande perizia tecnica e intensità magistrale» commenta Alessi.
Chiuderà la mostra una sezione di arte liturgica con il reliquiario di San Giusto - in legno policromo dorato, argentato e dipinto, inedito e datato 1645, appartenente all’ordine francescano - e un altro di Santa Elisabetta, risalente alla prima metà del Settecento. Tra i pezzi in esposizione anche una croce astile in legno scolpito del XVIII secolo e un altarolo in legno dorato e argentato che raffigura l’iconografia del Cristo del Sacro Cuore, copia del dipinto di Pompeo Batoni, databile tra la fine della seconda metà del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo.
Tutti gli arredi liturgici, provenienti probabilmente dal corredo dei Frati Francescani e precedentemente collocati nei depositi, entreranno a far parte del percorso del museo, completamente rivoluzionato per l’occasione.
Leggi anche:
• La bellezza svelata dai restauri dei laboratori di Acquapendente e Viterbo
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Pezzo forte del percorso espositivo sarà una Madonna con bambino, anteriore al 1715, presentata dallo storico dell’arte Claudio Strinati - curatore della mostra insieme ad Andrea Alessi, direttore scientifico del Museo della Città - come un rarissimo autografo di Filippo Germisoni detto il Moletta, attivo a Roma e nella provincia di Viterbo tra il Seicento e il Settecento.
«Si tratta di un’opera molto delicata - spiega Strinati - che presenta un’interessante connessione con quella scuola anomala e raffinata che ebbe nel pittore romano Marco Benefial il suo esponente di punta, e che rende il nostro dipinto di estremo interesse. Un lavoro frutto di un periodo storico che coltivava ideali come la grazia dell’espressione, l’educazione, elementi molto evidenti nel quadro. Nonostante il Moletta fosse anticamente molto apprezzato dall’ambiente romano-laziale del primo Settecento, in seguito alla perdita di molte delle opere da lui realizzate il suo nome fu un po’ dimenticato dal grande pubblico. Per noi ricercatori è stato come ritrovare un vechio amico, perso di vista per molti anni».
La mostra, che, come ribadisce Strinati, mostra i risultati di una serie di riscoperte e che accende i riflettori su un museo piccolo, ma ricco di opere meritevoli di interesse, consentirà di ammirare lavori tornati a brillare grazie al restauro.
«L’opera del Moletta - spiega Alessi - risultava fortemente compromessa, ingiallita, coperta da una patina di polveri. Era stata oggetto di interventi di restauro, tra l’altro non documentati perché il dipinto, appartenente all’antico convento trecentesco dei Frati Minori Francescani di Acquapendente non era stato schedato. Uno di questi interventi è stato effettuato tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Il laboratorio di Viterbo ha ritenuto opportuno effettuare una serie di indagini diagnostiche non invasive per esaminare i precedenti ritocchi».
Accanto alla Madonna col Bambino verrà presentato al pubblico anche il ritratto di papa Clemente XIV la cui qualità, svelata dal restauro, ha confermato trattarsi di un autografo di Giovanni Domenico Porta. «I bagliori di luce degli ori, che risaltano nitidi dalla veste di velluto rosso, fanno da contrappunto alla fisionomia del pontefice, resa con grande perizia tecnica e intensità magistrale» commenta Alessi.
Chiuderà la mostra una sezione di arte liturgica con il reliquiario di San Giusto - in legno policromo dorato, argentato e dipinto, inedito e datato 1645, appartenente all’ordine francescano - e un altro di Santa Elisabetta, risalente alla prima metà del Settecento. Tra i pezzi in esposizione anche una croce astile in legno scolpito del XVIII secolo e un altarolo in legno dorato e argentato che raffigura l’iconografia del Cristo del Sacro Cuore, copia del dipinto di Pompeo Batoni, databile tra la fine della seconda metà del XVIII secolo e gli inizi del XIX secolo.
Tutti gli arredi liturgici, provenienti probabilmente dal corredo dei Frati Francescani e precedentemente collocati nei depositi, entreranno a far parte del percorso del museo, completamente rivoluzionato per l’occasione.
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