Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura
Dal 31 Ottobre 2024 al 23 Marzo 2025
Rivoli | Torino
Luogo: Castello di Rivoli
Indirizzo: Piazza Mafalda di Savoia
Orari: da mercoledì a venerdì 10:00 - 17:00, sabato e domenica 11:00 - 18:00
Curatori: Francesco Manacorda e Marianna Vecellio
Telefono per informazioni: +39 011.9565.222
E-Mail info: info@castellodirivoli.org
Sito ufficiale: http://www.castellodirivoli.org
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea presenta Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura, il grande progetto espositivo dedicato alla visione multispecie a cura di Francesco Manacorda e Marianna Vecellio che apre al pubblico da giovedì 31 ottobre 2024 a domenica 23 marzo 2025.
La mostra, ideata appositamente per lo spazio della Manica Lunga, esplora il concetto di mutuo appoggio approfondendo la collaborazione creativa tra esseri umani e natura, in un’inedita riflessione restituita al pubblico attraverso le esperienze di oltre venti artisti e i loro collaboratori non umani che hanno affrontato il tema dagli anni Sessanta a oggi: Maria Thereza Alves, Michel Blazy, Bianca Bondi & Guillaume Bouisset, Andrea Caretto & Raffaella Spagna, Castor fiber, Agnes Denes, Hubert Duprat, Echinoidea, Fraxinus, Henrik Håkansson, Halobacterium, Heliconius doris, Helix pomatia, Tamara Henderson, Hypolimnas bolina, Aki Inomata, Renato Leotta, Lumbricus terrestris, Nicholas Mangan, Yiannis Maniatakos, Myscelia cyaniris, Nour Mobarak, Morpho Menelaus, Nephila senegalensis, Nerium oleander, Precious Okoyomon, Plankton, Giuseppe Penone, Tomás Saraceno, Robert Smithson, Vivian Suter, Trametes versicolor, Trichoptera, Natsuko Uchino e altri.
Il titolo della mostra trae origine dalle tesi del filosofo russo Pëtr Kropotkin (1842–1921) sintetizzate nel suo saggio Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione. In opposizione alle teorie del contemporaneo Charles Darwin, che vedeva nella competizione l’innesco fondamentale all’evoluzione, Kropotkin ipotizza che, in uno scenario instabile e con risorse limitate, la migliore opzione di sopravvivenza sia la collaborazione tra specie. Il “mutuo appoggio” tra i diversi elementi in gioco diviene quindi il fattore chiave dell’evoluzione e il cuore pulsante della mostra che si sviluppa negli spazi del Castello di Rivoli, dove ogni opera presentata è completata o co-realizzata grazie al contributo di elementi o agenti non umani.
L’esposizione invita a rimettere in discussione la divisione tra cultura e natura, tra ambiente ed essere umano. Attingendo a diversi linguaggi espositivi come il video, la pittura, il suono, l’installazione e la scultura, Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura esplora visioni che cercano nuove modalità di collaborazione con altre specie, trasformando la Manica Lunga del Castello di Rivoli in un organismo “vivente” dove opere e processi naturali cooperano alla realizzazione di una vera e propria mostra vivente.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura invita a riconsiderare la fondatezza della separazione tra natura e cultura, rileggendole invece come elementi collaboranti, chiamate a supportarsi e nutrirsi a vicenda. Il progetto espositivo propone al pubblico una visione ecosistemica e un approccio ai grandi temi ambientali innovativo e urgente, fondato sulla coesistenza, la condivisione e sul valore della creatività e della progettualità collettive multi-specie.
Il percorso espositivo si apre con le imponenti tele di Vivian Suter (Buenos Aires, 1949), realizzate nel cuore della foresta pluviale guatemalteca. Le sue opere, sospese nello spazio della Manica Lunga, portano con sé tracce visibili della natura, dalle piogge tropicali ai segni lasciati da animali. Suter affida il processo creativo all’ambiente circostante, creando un dialogo tra opera d’arte e natura che sfida il concetto di autorialità esclusivamente umana.
Seguono due nuclei storici concepiti come omaggio alle pratiche anticipatorie di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) e Agnes Denes (Budapest, 1931). Tra i pionieri dell’arte in dialogo con la natura, Giuseppe Penone espone le opere della serie Alpi Marittime, frutto delle sue azioni artistiche nei boschi di Garessio. La scultura Trattenere 24 anni di crescita (Continuerà a crescere tranne che in quel punto), 1986–2010, realizzata con un tronco di albero di noce, documenta la collaborazione dell’artista con l’albero, esemplificando il suo concetto di “tempo biologico” dove processi umani e naturali si fondono. Agnes Denes, pioniera della Land Art, presenta due progetti storici: Rice/Tree/Burial (Riso/Albero/Sepoltura), 1977-2012, che indaga la connessione tra azione umana e paesaggio attraverso rituali agricoli e di sepoltura, e la serie Tree Mountain – A Living Time Capsule (Montagna di alberi – Una capsula del tempo vivente), iniziata nel 1992, un monumentale progetto di riforestazione che coinvolse la piantagione di 11.000 alberi in uno schema matematico, riflettendo sulla resilienza del paesaggio e sul concetto di “tempo vivente”.
La pratica di Tomás Saraceno (San Miguel de Tucumán, Argentina, 1973) esplora da anni la collaborazione interspecie. In mostra per l’occasione una selezione di opere mai esposte prima e realizzate da varie specie di ragni nel suo studio. Le ragnatele, cosparse di polvere di grafite, non sono solo elementi scultorei, ma anche strumenti percettivi che invitano il visitatore a riflettere sulla silenziosa coesistenza tra creature umane e non umane.
Il tema della co-abitazione tra specie è al centro del lavoro di artisti come Maria Thereza Alves (San Paolo, Brasile, 1961), che si propone di realizzare spazi di rappresentanza per voci e comunità umane e non umane oppresse. In questo ambito si inserisce la serie di acquerelli esposta in mostra, frutto di un’indagine attivata dall’artista sulle specie a rischio del paesaggio piemontese. L’idea di rifugio è centrale anche nella poetica di Hubert Duprat (Nérac in Lot-et-Garonne, Francia, 1957), dove l’interazione con il mondo non umano si concretizza nella collaborazione con i tricotteri, insetti che costruiscono astucci protettivi utilizzando materiali preziosi forniti dall’artista quali perle, oro e pietre.
Il percorso prosegue con Nour Mobarak (Cairo, 1985) e la sua serie di sculture Gods’ Facsimiles (Facsimili degli dei), 2023, in cui il micelio del fungo Trametes versicolor interviene direttamente sulla materia, trasformando le sculture in organismi viventi che mutano, decompongono e si ricompongono. L’opera rievoca il mito della ninfa Dafne per indagare la transitorietà della materia e il ciclo naturale di vita e morte.
Al contempo l’artista giapponese Aki Inomata (Giappone, 1983) con l’opera How to Carve a Sculpture (Come scolpire una scultura), 2018–in corso, esplora la relazione tra natura e tecnologia, a partire dal comportamento del castoro eurasiatico. Traendo ispirazione dalle modalità di costruzione di dighe tipiche dell’animale, Inomata presenta una serie di sculture realizzate a mano e da una macchina da taglio automatica, che riprendono le complesse architetture lignee di quelle prodotte dagli animali. Anche Tamara Henderson (New Brunswick, Canada, 1982) punta i riflettori sui processi naturali generalmente silenziosi e nascosti. Con l’opera Worm Affair (Affare di vermi), 2023, i visitatori possono ascoltare i suoni prodotti dai Lumbricus terrestris mentre scavano e trasformano la materia, in un richiamo ai cicli di decomposizione e rigenerazione che sostengono la vita.
La tappa successiva vede il duo Andrea Caretto & Raffaella Spagna (attivo dal 2002) esporre l’opera Être galet (Essere ciottolo), 2011, frutto di un’indagine sul fiume Rodano dove gli artisti raccolgono materiali sintetici e naturali trasformati dalla corrente. Questi “ciottoli artificiali” raccontano la tensione tra l’intervento umano e la forza naturale del fiume, mentre l’installazione interattiva Sensitive Stones. Progetto per una Litoteca Esperienziale, 2023–in corso, invita il pubblico a prendere una pietra levigata dagli artisti presso la Biblioteca del museo.
Si prosegue con la pratica dell’artista Michel Blazy (Monaco, 1966), che si focalizza sull’esplorazione di processi come il decadimento e la metamorfosi della materia organica. Al Castello di Rivoli porta Le lâcher d’escargots (Il rilascio delle lumache), 2009, installazione ambientale in cui l’artista coinvolge delle lumache che percorrono un tappeto lasciando scie che ricordano le intersezioni della pittura astratta.
Il tema della sostenibilità e della resilienza degli ecosistemi è fondamentale nel lavoro di Nicholas Mangan (Geelong, Australia, 1979), che esplora l’impatto del cambiamento climatico sulla Grande Barriera Corallina. Nell’opera Core-Coralations, 2022-2023, Mangan riflette sulle trasformazioni subite dai coralli a causa dell’innalzamento delle temperature oceaniche, mentre la scultura Sarcophagi (Sarcofagi), 2023, simula un ossario costruito con scheletri di coralli sbiancati, emblema della fragilità degli ecosistemi marini.
Il percorso espositivo prosegue con una riflessione sulle interazioni tra natura e processo creativo, a partire dai lavori pittorici di Yiannis Maniatakos (Flomochori Mani, 1935 – Atene, 2017). L’artista inaugura dal 1967 una pratica che prevede sessioni di pittura subacquea nelle profondità del Mar Egeo, in una forma di collaborazione tra pittura e mare. La relazione tra espressione artistica e processi chimici è al centro di Source and Origin, Lecce Stone (Sorgente e origine, Pietra di Lecce), 2024, di Bianca Bondi & Guillaume Bouisset (Johannesburg, 1986; Madrid, 1990), un’installazione realizzata con terra, sale e alobatteri provenienti dalle saline della Camargue. Gli alobatteri, noti per il loro ruolo nella progressiva decontaminazione dell’ambiente tramite degradazione dei metalli pesanti, trasformano l’opera in un organismo vivente in continua evoluzione, il cui colore e composizione mutano nel tempo.
Renato Leotta (Torino, 1982), con la serie Gipsoteca, 2012–in corso, presenta calchi in gesso che registrano i movimenti del mare sulle coste del Mediterraneo, creando una mappatura sensibile delle forze naturali. Nell’opera Autoritratto del plancton, 2023, Leotta sfrutta la bioluminescenza emessa da microorganismi marini per produrre una traccia fotografica, intrecciando arte e fenomeni naturali in un dialogo tra luce e acqua.
I processi di partecipazione e sostenibilità sono alla base della pratica di Natsuko Uchino (Kumamoto, Giappone, 1983), che presenta un ambiente realizzato appositamente per questa mostra con materiali naturali come terra, sterpaglie, porzioni di albero e cera d’api per ospitare momenti di incontro con il pubblico, dedicati alla condivisione del kefir e altre forme di ritualità condivisa. Anche Henrik Håkansson (Helsingborg, Svezia, 1968) si propone di ridurre le distanze tra essere umano e natura, proponendo una nuova commissione che reinterpreta il Corridoio di Bruce Nauman. Il percorso di Håkansson è reso inaccessibile all’uomo e attivato invece dalla presenza di vegetazione, che diviene protagonista dell’opera, riflessa all’infinito.
Un focus è dedicato al lavoro di Robert Smithson (Passaic, New Jersey, 1938 – Amarillo, Texas, 1973), incentrato su tematiche quali l’entropia, il tempo e l’interazione tra forze umane e non umane. In mostra per l’occasione la serie di fotografie Overgrown Structure (Struttura cresciuta troppo), 1971, scattata dall’artista in Florida negli anni Settanta e mai esposta prima in Europa, che ritrae la pratica tipica delle popolazioni di quelle zone di proteggere le piante dal caldo estremo tramite l’uso di reti e tendaggi.
Il percorso culmina con l’installazione immersiva the sun eats her children (il sole mangia i suoi figli), 2023, di Precious Okoyomon (Londra, 1993), in cui una serra tropicale accoglie farfalle e piante velenose in un paesaggio surreale. L’opera, che richiama le storie di schiavitù e resistenza, trasforma l’ambiente naturale in un potente simbolo di forza e rigenerazione, mescolando elementi distopici e storici.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura si estende anche alla Collezione Cerruti che ospiterà il primo episodio della serie Interferenze, in cui il programma del Castello di Rivoli si inserisce nel tessuto di Villa Cerruti in un collegamento ipertestuale che ne evidenzia tanto l’interdipendenza quanto le affinità e differenze. Opere di Henrik Håkansson, Renato Leotta e Natsuko Uchino si infiltreranno negli ambienti preziosi e raffinati della Collezione Cerruti, gettando luce su alcuni aspetti ancora poco indagati della stessa.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura è anche una mostra sostenibile poiché, per ridurre al massimo l’impatto ambientale del progetto, il museo ha privilegiato soluzioni di trasporto delle opere che non contemplassero quello per via aerea. Per questa ragione l’opera scultorea di Nicholas Mangan sarà allestita successivamente, a mostra inaugurata, avendo il museo con l’artista scelto il trasporto marittimo che ha subito gravi ritardi. Per l’allestimento del progetto si è inoltre fatto ricorso a copie mostra prodotte in loco, utilizzando materiali ed energia riciclati e riciclabili e consultando esperti per il benessere di tutte le specie coinvolte.
La mostra, ideata appositamente per lo spazio della Manica Lunga, esplora il concetto di mutuo appoggio approfondendo la collaborazione creativa tra esseri umani e natura, in un’inedita riflessione restituita al pubblico attraverso le esperienze di oltre venti artisti e i loro collaboratori non umani che hanno affrontato il tema dagli anni Sessanta a oggi: Maria Thereza Alves, Michel Blazy, Bianca Bondi & Guillaume Bouisset, Andrea Caretto & Raffaella Spagna, Castor fiber, Agnes Denes, Hubert Duprat, Echinoidea, Fraxinus, Henrik Håkansson, Halobacterium, Heliconius doris, Helix pomatia, Tamara Henderson, Hypolimnas bolina, Aki Inomata, Renato Leotta, Lumbricus terrestris, Nicholas Mangan, Yiannis Maniatakos, Myscelia cyaniris, Nour Mobarak, Morpho Menelaus, Nephila senegalensis, Nerium oleander, Precious Okoyomon, Plankton, Giuseppe Penone, Tomás Saraceno, Robert Smithson, Vivian Suter, Trametes versicolor, Trichoptera, Natsuko Uchino e altri.
Il titolo della mostra trae origine dalle tesi del filosofo russo Pëtr Kropotkin (1842–1921) sintetizzate nel suo saggio Il mutuo appoggio. Un fattore dell’evoluzione. In opposizione alle teorie del contemporaneo Charles Darwin, che vedeva nella competizione l’innesco fondamentale all’evoluzione, Kropotkin ipotizza che, in uno scenario instabile e con risorse limitate, la migliore opzione di sopravvivenza sia la collaborazione tra specie. Il “mutuo appoggio” tra i diversi elementi in gioco diviene quindi il fattore chiave dell’evoluzione e il cuore pulsante della mostra che si sviluppa negli spazi del Castello di Rivoli, dove ogni opera presentata è completata o co-realizzata grazie al contributo di elementi o agenti non umani.
L’esposizione invita a rimettere in discussione la divisione tra cultura e natura, tra ambiente ed essere umano. Attingendo a diversi linguaggi espositivi come il video, la pittura, il suono, l’installazione e la scultura, Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura esplora visioni che cercano nuove modalità di collaborazione con altre specie, trasformando la Manica Lunga del Castello di Rivoli in un organismo “vivente” dove opere e processi naturali cooperano alla realizzazione di una vera e propria mostra vivente.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura invita a riconsiderare la fondatezza della separazione tra natura e cultura, rileggendole invece come elementi collaboranti, chiamate a supportarsi e nutrirsi a vicenda. Il progetto espositivo propone al pubblico una visione ecosistemica e un approccio ai grandi temi ambientali innovativo e urgente, fondato sulla coesistenza, la condivisione e sul valore della creatività e della progettualità collettive multi-specie.
Il percorso espositivo si apre con le imponenti tele di Vivian Suter (Buenos Aires, 1949), realizzate nel cuore della foresta pluviale guatemalteca. Le sue opere, sospese nello spazio della Manica Lunga, portano con sé tracce visibili della natura, dalle piogge tropicali ai segni lasciati da animali. Suter affida il processo creativo all’ambiente circostante, creando un dialogo tra opera d’arte e natura che sfida il concetto di autorialità esclusivamente umana.
Seguono due nuclei storici concepiti come omaggio alle pratiche anticipatorie di Giuseppe Penone (Garessio, 1947) e Agnes Denes (Budapest, 1931). Tra i pionieri dell’arte in dialogo con la natura, Giuseppe Penone espone le opere della serie Alpi Marittime, frutto delle sue azioni artistiche nei boschi di Garessio. La scultura Trattenere 24 anni di crescita (Continuerà a crescere tranne che in quel punto), 1986–2010, realizzata con un tronco di albero di noce, documenta la collaborazione dell’artista con l’albero, esemplificando il suo concetto di “tempo biologico” dove processi umani e naturali si fondono. Agnes Denes, pioniera della Land Art, presenta due progetti storici: Rice/Tree/Burial (Riso/Albero/Sepoltura), 1977-2012, che indaga la connessione tra azione umana e paesaggio attraverso rituali agricoli e di sepoltura, e la serie Tree Mountain – A Living Time Capsule (Montagna di alberi – Una capsula del tempo vivente), iniziata nel 1992, un monumentale progetto di riforestazione che coinvolse la piantagione di 11.000 alberi in uno schema matematico, riflettendo sulla resilienza del paesaggio e sul concetto di “tempo vivente”.
La pratica di Tomás Saraceno (San Miguel de Tucumán, Argentina, 1973) esplora da anni la collaborazione interspecie. In mostra per l’occasione una selezione di opere mai esposte prima e realizzate da varie specie di ragni nel suo studio. Le ragnatele, cosparse di polvere di grafite, non sono solo elementi scultorei, ma anche strumenti percettivi che invitano il visitatore a riflettere sulla silenziosa coesistenza tra creature umane e non umane.
Il tema della co-abitazione tra specie è al centro del lavoro di artisti come Maria Thereza Alves (San Paolo, Brasile, 1961), che si propone di realizzare spazi di rappresentanza per voci e comunità umane e non umane oppresse. In questo ambito si inserisce la serie di acquerelli esposta in mostra, frutto di un’indagine attivata dall’artista sulle specie a rischio del paesaggio piemontese. L’idea di rifugio è centrale anche nella poetica di Hubert Duprat (Nérac in Lot-et-Garonne, Francia, 1957), dove l’interazione con il mondo non umano si concretizza nella collaborazione con i tricotteri, insetti che costruiscono astucci protettivi utilizzando materiali preziosi forniti dall’artista quali perle, oro e pietre.
Il percorso prosegue con Nour Mobarak (Cairo, 1985) e la sua serie di sculture Gods’ Facsimiles (Facsimili degli dei), 2023, in cui il micelio del fungo Trametes versicolor interviene direttamente sulla materia, trasformando le sculture in organismi viventi che mutano, decompongono e si ricompongono. L’opera rievoca il mito della ninfa Dafne per indagare la transitorietà della materia e il ciclo naturale di vita e morte.
Al contempo l’artista giapponese Aki Inomata (Giappone, 1983) con l’opera How to Carve a Sculpture (Come scolpire una scultura), 2018–in corso, esplora la relazione tra natura e tecnologia, a partire dal comportamento del castoro eurasiatico. Traendo ispirazione dalle modalità di costruzione di dighe tipiche dell’animale, Inomata presenta una serie di sculture realizzate a mano e da una macchina da taglio automatica, che riprendono le complesse architetture lignee di quelle prodotte dagli animali. Anche Tamara Henderson (New Brunswick, Canada, 1982) punta i riflettori sui processi naturali generalmente silenziosi e nascosti. Con l’opera Worm Affair (Affare di vermi), 2023, i visitatori possono ascoltare i suoni prodotti dai Lumbricus terrestris mentre scavano e trasformano la materia, in un richiamo ai cicli di decomposizione e rigenerazione che sostengono la vita.
La tappa successiva vede il duo Andrea Caretto & Raffaella Spagna (attivo dal 2002) esporre l’opera Être galet (Essere ciottolo), 2011, frutto di un’indagine sul fiume Rodano dove gli artisti raccolgono materiali sintetici e naturali trasformati dalla corrente. Questi “ciottoli artificiali” raccontano la tensione tra l’intervento umano e la forza naturale del fiume, mentre l’installazione interattiva Sensitive Stones. Progetto per una Litoteca Esperienziale, 2023–in corso, invita il pubblico a prendere una pietra levigata dagli artisti presso la Biblioteca del museo.
Si prosegue con la pratica dell’artista Michel Blazy (Monaco, 1966), che si focalizza sull’esplorazione di processi come il decadimento e la metamorfosi della materia organica. Al Castello di Rivoli porta Le lâcher d’escargots (Il rilascio delle lumache), 2009, installazione ambientale in cui l’artista coinvolge delle lumache che percorrono un tappeto lasciando scie che ricordano le intersezioni della pittura astratta.
Il tema della sostenibilità e della resilienza degli ecosistemi è fondamentale nel lavoro di Nicholas Mangan (Geelong, Australia, 1979), che esplora l’impatto del cambiamento climatico sulla Grande Barriera Corallina. Nell’opera Core-Coralations, 2022-2023, Mangan riflette sulle trasformazioni subite dai coralli a causa dell’innalzamento delle temperature oceaniche, mentre la scultura Sarcophagi (Sarcofagi), 2023, simula un ossario costruito con scheletri di coralli sbiancati, emblema della fragilità degli ecosistemi marini.
Il percorso espositivo prosegue con una riflessione sulle interazioni tra natura e processo creativo, a partire dai lavori pittorici di Yiannis Maniatakos (Flomochori Mani, 1935 – Atene, 2017). L’artista inaugura dal 1967 una pratica che prevede sessioni di pittura subacquea nelle profondità del Mar Egeo, in una forma di collaborazione tra pittura e mare. La relazione tra espressione artistica e processi chimici è al centro di Source and Origin, Lecce Stone (Sorgente e origine, Pietra di Lecce), 2024, di Bianca Bondi & Guillaume Bouisset (Johannesburg, 1986; Madrid, 1990), un’installazione realizzata con terra, sale e alobatteri provenienti dalle saline della Camargue. Gli alobatteri, noti per il loro ruolo nella progressiva decontaminazione dell’ambiente tramite degradazione dei metalli pesanti, trasformano l’opera in un organismo vivente in continua evoluzione, il cui colore e composizione mutano nel tempo.
Renato Leotta (Torino, 1982), con la serie Gipsoteca, 2012–in corso, presenta calchi in gesso che registrano i movimenti del mare sulle coste del Mediterraneo, creando una mappatura sensibile delle forze naturali. Nell’opera Autoritratto del plancton, 2023, Leotta sfrutta la bioluminescenza emessa da microorganismi marini per produrre una traccia fotografica, intrecciando arte e fenomeni naturali in un dialogo tra luce e acqua.
I processi di partecipazione e sostenibilità sono alla base della pratica di Natsuko Uchino (Kumamoto, Giappone, 1983), che presenta un ambiente realizzato appositamente per questa mostra con materiali naturali come terra, sterpaglie, porzioni di albero e cera d’api per ospitare momenti di incontro con il pubblico, dedicati alla condivisione del kefir e altre forme di ritualità condivisa. Anche Henrik Håkansson (Helsingborg, Svezia, 1968) si propone di ridurre le distanze tra essere umano e natura, proponendo una nuova commissione che reinterpreta il Corridoio di Bruce Nauman. Il percorso di Håkansson è reso inaccessibile all’uomo e attivato invece dalla presenza di vegetazione, che diviene protagonista dell’opera, riflessa all’infinito.
Un focus è dedicato al lavoro di Robert Smithson (Passaic, New Jersey, 1938 – Amarillo, Texas, 1973), incentrato su tematiche quali l’entropia, il tempo e l’interazione tra forze umane e non umane. In mostra per l’occasione la serie di fotografie Overgrown Structure (Struttura cresciuta troppo), 1971, scattata dall’artista in Florida negli anni Settanta e mai esposta prima in Europa, che ritrae la pratica tipica delle popolazioni di quelle zone di proteggere le piante dal caldo estremo tramite l’uso di reti e tendaggi.
Il percorso culmina con l’installazione immersiva the sun eats her children (il sole mangia i suoi figli), 2023, di Precious Okoyomon (Londra, 1993), in cui una serra tropicale accoglie farfalle e piante velenose in un paesaggio surreale. L’opera, che richiama le storie di schiavitù e resistenza, trasforma l’ambiente naturale in un potente simbolo di forza e rigenerazione, mescolando elementi distopici e storici.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura si estende anche alla Collezione Cerruti che ospiterà il primo episodio della serie Interferenze, in cui il programma del Castello di Rivoli si inserisce nel tessuto di Villa Cerruti in un collegamento ipertestuale che ne evidenzia tanto l’interdipendenza quanto le affinità e differenze. Opere di Henrik Håkansson, Renato Leotta e Natsuko Uchino si infiltreranno negli ambienti preziosi e raffinati della Collezione Cerruti, gettando luce su alcuni aspetti ancora poco indagati della stessa.
Mutual Aid – Arte in collaborazione con la natura è anche una mostra sostenibile poiché, per ridurre al massimo l’impatto ambientale del progetto, il museo ha privilegiato soluzioni di trasporto delle opere che non contemplassero quello per via aerea. Per questa ragione l’opera scultorea di Nicholas Mangan sarà allestita successivamente, a mostra inaugurata, avendo il museo con l’artista scelto il trasporto marittimo che ha subito gravi ritardi. Per l’allestimento del progetto si è inoltre fatto ricorso a copie mostra prodotte in loco, utilizzando materiali ed energia riciclati e riciclabili e consultando esperti per il benessere di tutte le specie coinvolte.
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