Gabriele di Matteo e Andrea Fatto. Lo strano caso di Joan Mitchell
Dal 01 Febbraio 2014 al 09 Marzo 2014
Lissone | Milano
Luogo: MAC - Museo d'Arte Contemporanea di Lissone
Indirizzo: viale Padania 6
Orari: martedì, mercoledì e venerdì 15-19; giovedì 15-23; sabato e domenica 10-12/ 15-19
Curatori: Alberto Zanchetta
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 039 2145174
E-Mail info: museo@comune.lissone.mb.it
Sito ufficiale: http://www.comune.lissone.mb.it
Palazzo del Mobile di Lissone, 29 ottobre 1961. Alla presenza di Ungaretti si inaugura l’esposizione del XII Premio Lissone. È la quinta edizione a carattere internazionale e la prima ad configurarsi come una mostra vera e propria. Articolato in cinque diverse sezioni tematiche, il Premio riconferma le partecipazioni Europee e Giapponesi, estendendo l’invito anche all’America. Nella sezione “Valori rappresentativi” partecipano De Kooning, Francis, Kline, Mathieu, Pollock, Riopelle, Rothko e Tobey, mentre nella “Rassegnadella pittura internazionale” vi figurano Bluhm, Frankenthaler, Gottlieb, Jenkins, Johns, Mitchell, Morris, Noland, auschenberg. Sotto l’egida di Guido Le Noci, allora segretario del premio, la manifestazione verrà ricordata come la più importante tra tutte quelle organizzate nell’arco di un ventennio. Quando nel 1995 Roberta Cloe Piccoli cura il catalogo della collezione del Premio, non viene fatto cenno ai premi conferiti nel 1961, eccetto quello assegnato a Mario Schifano (i premi acquisto di quell’anno comprendono anche Dufrêne, Brüning, Bellegarde, Nikos e Scanavino; altri premi, dello stesso importo, vengono assegnati a Barré, Bertini, Downing, Frankenthaler e Hains). Nel 1996 la Piccoli torna sull’argomento pubblicando il volume “Una straordinaria avventura” in cui vengono raccolti documenti inerenti il Premio, ma anche in quell’occasione si sorvola sul Gran Premio Internazionale del 1961 che ammontava a un milione di lire. Lo stesso accade nelle tante altre pubblicazioni dedicate allo storico Premio Lissone. È solo dal verbale della giuria che è possibile far luce sul vincitore della XII edizione; come si apprende dal documento, la commissione presieduta da Argan era formata da Brandi, Gamzu, Haftmann, Leymarie, Restany, Spiteris e Valsecchi, i quali restringono la rosa dei candidati a Gottlieb, Mitchell, Moreni, Scialoja, Twombly. Dopo ulteriori esami, il premio viene conteso tra Mitchell e Twombly, infine, con uno scarto di un solo voto, vince la giovane Mitchell. Del verdetto dà notizia Marco Valsecchi sul quotidiano “Tempo” del 25 novembre 1961: «per i premi l’attenzione della giuria si fermò alla fine sui dipinti di Moreni, Twombly, Mitchell, tutti e tre di un fervore inventivo, variamente emozionato sul limite appassionato dell’esistenza; [...] nell’ultima selezione è emersa l’americana Joan Mitchell col suo dipinto che si ricollega, con spirito moderno, ai grandi Giardini di Monet, dell’ultimo prodigioso Monet del periodo di Giverny». Meno lusinghiero è l’articolo che Dino Buzzati firma in data 2/3 novembre 1961 sulle pagine del Corriere dell’informazione: «La scelta è caduta sulla americana, per un quadro nel suo genere solido, ma direi piuttosto anonimo». Difficile dire se lo scrittore avesse torto o ragione, perché di quell’opera non c’è traccia alcuna nelle collezioni del MAC di Lissone. Cosa ancor più strana, nel catalogo del 19 la Mitchell è citata soltanto nell’elenco dei partecipanti, non esiste infatti nessuna riproduzione fotografica dell’opera, né alcuna dicitura che ne riporti il titolo, la tecnica e le misure. Neppure negli archivi del comune, né in quelli della biblioteca civica e della Famiglia Artistica Lissonese esistono materiali o informazioni in merito. Diversamente da tutte le altre opere che si sono aggiudicate il Gran Premio Internazionale, e che oggi si trovano nel caveau del museo, nessuno ha saputo dare spiegazioni sull’assenza del dipinto di Joan Mitchell. Da molti anni ormai questo dilemma affligge la città di Lissone ed è inutile continuare a sperare di poter far luce sullo strano caso di Joan Mitchell. Walter Benjamin diceva che «le copie sono memorie», ma com’è possibile tramandare ai posteri una replica se si è perso ogni indizio dell’originale? A questo proposito è stato chiesto a Gabriele Di Matteo e Andrea Facco di “colmare il vuoto” creatosi nella collezione permanente del MAC, offrendo allo spettatore la possibilità di addentrarsi in questo mistero.
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