Attilio Capra. Panorami Umani
Dal 22 Marzo 2013 al 10 Aprile 2013
Milano
Luogo: Spazio Oberdan
Indirizzo: viale Vittorio Veneto 2
Orari: 10-19.30; martedì e giovedì fino alle 22
Curatori: Roberto Mutti
Enti promotori:
- Provincia di Milano Assessorato Cultura
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 77406302
E-Mail info: spazioberdan@provincia.milano.it
Sito ufficiale: http://www.provincia.milano.it/cultura
Si tiene a Milano, nel Foyer di Spazio Oberdan, dal 22 marzo al 10 aprile prossimi, la mostra “Panorami Umani”. E’ promossa dalla Provincia di Milano/Assessorato alla cultura e rientra nelle iniziative della Settima Edizione del Photo Festival che si terrà a Milano dal 21 marzo al 30 aprile 2013. Curata da Roberto Mutti, è una selezione di immagini nelle quali, con occhi disincantati e talvolta ironici, il fotografo Attilio Capra osserva la realtà del territorio.
Ciò che immediatamente colpisce nelle immagini di Attilio Capra è la dimensione teatrale. E’ questa una scelta consapevole compiuta dal fotografo alla ricerca di un approccio originale a un tema complesso come quello del paesaggio urbano. Così, anche quando ci si trova di fronte a edifici, muri, ponti, elementi architettonici, si assiste a un continuo inganno della visione, a un cambiamento prospettico, a uno spaesamento dei piani che si trasformano in quinte di un teatro della quotidianità spesso sorprendente.
“Panorami umani” raccoglie immagini provenienti da tre lavori realizzati negli anni da Attilio Capra – “My Hometown”, “Humanevidences”, “Details from Suburbia” – il cui comune filo logico è ben espresso dall’autore quando afferma che “il paesaggio urbano racconta la gente meglio della gente stessa”. Così i tanti muri che si ergono l’uno dopo l’altro in un’incongrua stratificazione acquistano una valenza simbolica mentre il gasometro che si staglia sull’azzurro del cielo o la composizione creata dall’accostamento fra pareti dai colori vivacissimi potrebbero essere stati dipinti da un Sironi meno malinconico. Sapientissimo è il gioco visivo creato dalla sagoma dell’operaio arrampicato su una scala che di primo acchito, mentre il nostro sguardo sale lentamente dal basso in alto, appare come reale ma che poi, all’improvviso, scompare all’altezza delle spalle come fosse stato inghiottito dal telone che lo rappresenta.
Essere e apparire si inseguono in un gioco dialettico ben governato dal fotografo che alterna momenti surreali (le villette tutte inclinate da un lato come i rimorchi che le trasportano), squarci realistici (un viadotto che interrompe la visione, altrimenti sublime, di un paesaggio montano) e ammiccamenti al Kitsch dei tinelli di casa dove troneggiano quadretti con paesaggi esotici e orologi inseriti in timoni marinari in miniatura. Attilio Capra si muove con disinvoltura fra i riferimenti alla storia della fotografia, cita i cromatismi di Franco Fontana, gli spiazzamenti visivi di Luigi Ghirri, le atmosfere sospese care alla poetica della dialectical landscape americana. Soprattutto, però, non dimentica i suoi studi di architettura e così progetta lo spazio del suo fotogramma in modo da ottenere sempre un sorprendente equilibrio di volumi.
Attilio Capra è nato a Milano nel 1958. Ha frequentato il Liceo Artistico e poi Architettura.
Con la mente da “architetto” inizia a lavorare come fotografo nel campo della moda, il suo concetto: “anche lo spazio del fotogramma è una superficie da progettare ed organizzare” .
Le sue foto di moda rispecchiano un’attenzione alla composizione che dopo svariate esperienze nel campo editoriale, lo portano a collaborare con il magazine D la Repubblica delle donne, periodico che ha fatto scuola nel campo dell’immagine a livello mondiale. Le modelle, a questo punto, diventano figure statiche inserite in contesti quotidiani ma straordinari.
Negli Anni Novanta si afferma anche come fotografo nel campo pubblicitario, sue le campagne pubblicitarie per primarie aziende internazionali. Viene chiamato a documentare la lavorazione del film “Made in Milan” di Martin Scorsese sulla vita di Giorgio Armani.
Con l’edizione spagnola di Vogue, oltre alla moda, pubblica anche ritratti di personaggi, come il regista Bernardo Bertolucci, l’artista Botero, lo stilista Ferragamo.
Nell’ultimo decennio, ha iniziato a collaborare con alcuni periodici giapponesi, tra cui “Casa Brutus”, bibbia di tendenza del design e della moda. Questo è il periodo in cui si ricollega in maniera più marcata alla passione di sempre, affiancando la moda alle opere dei grandi architetti.
L’ultima ricerca, tutt’ora in corso, mira a restituire dignità di opera d’arte a quegli spazi, quegli ambienti, e a quei frammenti che in passato ha usato semplicemente come palcoscenico. Sono quelli nei quali noi stessi tutti i giorni ci muoviamo, spesso non cogliendone la suggestione e la poesia delle metamorfosi avvenute e di quelle in divenire: human landscape, appunto, nei quali la figura umana è rimossa, anche se dell’uomo resta il senso del passaggio, dell’appropriazione della natura sulla quale, intelligentemente o stupidamente, è intervenuto.
Ciò che immediatamente colpisce nelle immagini di Attilio Capra è la dimensione teatrale. E’ questa una scelta consapevole compiuta dal fotografo alla ricerca di un approccio originale a un tema complesso come quello del paesaggio urbano. Così, anche quando ci si trova di fronte a edifici, muri, ponti, elementi architettonici, si assiste a un continuo inganno della visione, a un cambiamento prospettico, a uno spaesamento dei piani che si trasformano in quinte di un teatro della quotidianità spesso sorprendente.
“Panorami umani” raccoglie immagini provenienti da tre lavori realizzati negli anni da Attilio Capra – “My Hometown”, “Humanevidences”, “Details from Suburbia” – il cui comune filo logico è ben espresso dall’autore quando afferma che “il paesaggio urbano racconta la gente meglio della gente stessa”. Così i tanti muri che si ergono l’uno dopo l’altro in un’incongrua stratificazione acquistano una valenza simbolica mentre il gasometro che si staglia sull’azzurro del cielo o la composizione creata dall’accostamento fra pareti dai colori vivacissimi potrebbero essere stati dipinti da un Sironi meno malinconico. Sapientissimo è il gioco visivo creato dalla sagoma dell’operaio arrampicato su una scala che di primo acchito, mentre il nostro sguardo sale lentamente dal basso in alto, appare come reale ma che poi, all’improvviso, scompare all’altezza delle spalle come fosse stato inghiottito dal telone che lo rappresenta.
Essere e apparire si inseguono in un gioco dialettico ben governato dal fotografo che alterna momenti surreali (le villette tutte inclinate da un lato come i rimorchi che le trasportano), squarci realistici (un viadotto che interrompe la visione, altrimenti sublime, di un paesaggio montano) e ammiccamenti al Kitsch dei tinelli di casa dove troneggiano quadretti con paesaggi esotici e orologi inseriti in timoni marinari in miniatura. Attilio Capra si muove con disinvoltura fra i riferimenti alla storia della fotografia, cita i cromatismi di Franco Fontana, gli spiazzamenti visivi di Luigi Ghirri, le atmosfere sospese care alla poetica della dialectical landscape americana. Soprattutto, però, non dimentica i suoi studi di architettura e così progetta lo spazio del suo fotogramma in modo da ottenere sempre un sorprendente equilibrio di volumi.
Attilio Capra è nato a Milano nel 1958. Ha frequentato il Liceo Artistico e poi Architettura.
Con la mente da “architetto” inizia a lavorare come fotografo nel campo della moda, il suo concetto: “anche lo spazio del fotogramma è una superficie da progettare ed organizzare” .
Le sue foto di moda rispecchiano un’attenzione alla composizione che dopo svariate esperienze nel campo editoriale, lo portano a collaborare con il magazine D la Repubblica delle donne, periodico che ha fatto scuola nel campo dell’immagine a livello mondiale. Le modelle, a questo punto, diventano figure statiche inserite in contesti quotidiani ma straordinari.
Negli Anni Novanta si afferma anche come fotografo nel campo pubblicitario, sue le campagne pubblicitarie per primarie aziende internazionali. Viene chiamato a documentare la lavorazione del film “Made in Milan” di Martin Scorsese sulla vita di Giorgio Armani.
Con l’edizione spagnola di Vogue, oltre alla moda, pubblica anche ritratti di personaggi, come il regista Bernardo Bertolucci, l’artista Botero, lo stilista Ferragamo.
Nell’ultimo decennio, ha iniziato a collaborare con alcuni periodici giapponesi, tra cui “Casa Brutus”, bibbia di tendenza del design e della moda. Questo è il periodo in cui si ricollega in maniera più marcata alla passione di sempre, affiancando la moda alle opere dei grandi architetti.
L’ultima ricerca, tutt’ora in corso, mira a restituire dignità di opera d’arte a quegli spazi, quegli ambienti, e a quei frammenti che in passato ha usato semplicemente come palcoscenico. Sono quelli nei quali noi stessi tutti i giorni ci muoviamo, spesso non cogliendone la suggestione e la poesia delle metamorfosi avvenute e di quelle in divenire: human landscape, appunto, nei quali la figura umana è rimossa, anche se dell’uomo resta il senso del passaggio, dell’appropriazione della natura sulla quale, intelligentemente o stupidamente, è intervenuto.
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