Ippolito Caffi
Ippolito Caffi
20/02/2006
(Belluno 1809 – Battaglia di Lissa 1866)
I due artisti bellunesi Antonio Federici e Antonio Tessari furono i primi insegnanti di pittura dell'artista, in seguito passò sotto la guida di un cugino, Pietro Paoletti, collaboratore a Padova di Giovanni Demin. A diciotto anni Caffi si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che frequentò fino al 1829 seguendo i corsi di figura e di nudo e le lezioni di prospettiva, discipline che non lo coinvolsero quanto aveva sperato e suscitarono anzi in lui il desiderio di recarsi a Roma in cerca di nuovi orizzonti artistici. L’esperienza romana fu decisiva per Caffi che comprese la sua vera inclinazione per la pittura di paesaggio e si dedicò con passione a ritrarre dal vero campagne e scorci di Roma.
Nel 1835 pubblicò una sorta di manuale Lezioni di prospettiva pratica ove approfondì il rapporto tra prospettiva e veduta di paesaggio, ma crebbe in lui dall’altro canto il fascino per l’aspetto più vissuto degli scorci cittadini, ritratti spesso durante la vivacità spettacolare di feste e cerimonie pubbliche. Alla fine degli anni trenta e per oltre un decennio, Caffi
viaggiò molto: presente a più riprese a Venezia, trascorse due mesi a Napoli, dedicati per lo più a Pompei ed Ercolano; da qui salpò per la Grecia, compiendo un lungo soggiorno in Medio Oriente tra il 1843 e il 1844, che lo portò a visitare Atene, la Turchia, la Palestina e l’Egitto. Caffi ebbe così modo di assimilare in diretta i toni e le atmosfere esotiche che già
stavano creando una forte tendenza di gusto nella pittura italiana del tempo e che riecheggiano nelle varie decorazioni di ville venete da lui compiute tra il 1845 e il 1858.
L’artista, infatti, pur dipingendo sempre ad olio, si cimentò con successo anche nell’affresco, come pure nell’acquerello e nella litografia. Nel 1848 inizia la fase più movimentata e sofferta della sua vita di fervente patriota, che non lo vide mai interrompere l’attività, poiché il ogni luogo cui approdò anche per breve tempo trasse un ricordo pittorico.
Arruolatosi volontario contro l’Austria e fatto prigioniero, evase rientrando a Venezia, ove restò fino alla caduta della Repubblica nel 1849, quindi costretto all’esilio, si trasferì a Genova, iniziando una lunga peregrinazione che dalla Svizzera lo condusse a Torino (1850), a Londra, in Spagna e a Parigi, stabilendosi poi per tre anni a Roma dal 1855 e a Venezia
dal 1858. Si arruolò infine nella Terza Guerra di Indipendenza ove perse la vita nel luglio del 1866 a Lissa durante l’affondamento del “Re d’Italia”, la nave su cui si era imbarcato per documentare dal vivo le operazioni belliche.
I due artisti bellunesi Antonio Federici e Antonio Tessari furono i primi insegnanti di pittura dell'artista, in seguito passò sotto la guida di un cugino, Pietro Paoletti, collaboratore a Padova di Giovanni Demin. A diciotto anni Caffi si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Venezia, che frequentò fino al 1829 seguendo i corsi di figura e di nudo e le lezioni di prospettiva, discipline che non lo coinvolsero quanto aveva sperato e suscitarono anzi in lui il desiderio di recarsi a Roma in cerca di nuovi orizzonti artistici. L’esperienza romana fu decisiva per Caffi che comprese la sua vera inclinazione per la pittura di paesaggio e si dedicò con passione a ritrarre dal vero campagne e scorci di Roma.
Nel 1835 pubblicò una sorta di manuale Lezioni di prospettiva pratica ove approfondì il rapporto tra prospettiva e veduta di paesaggio, ma crebbe in lui dall’altro canto il fascino per l’aspetto più vissuto degli scorci cittadini, ritratti spesso durante la vivacità spettacolare di feste e cerimonie pubbliche. Alla fine degli anni trenta e per oltre un decennio, Caffi
viaggiò molto: presente a più riprese a Venezia, trascorse due mesi a Napoli, dedicati per lo più a Pompei ed Ercolano; da qui salpò per la Grecia, compiendo un lungo soggiorno in Medio Oriente tra il 1843 e il 1844, che lo portò a visitare Atene, la Turchia, la Palestina e l’Egitto. Caffi ebbe così modo di assimilare in diretta i toni e le atmosfere esotiche che già
stavano creando una forte tendenza di gusto nella pittura italiana del tempo e che riecheggiano nelle varie decorazioni di ville venete da lui compiute tra il 1845 e il 1858.
L’artista, infatti, pur dipingendo sempre ad olio, si cimentò con successo anche nell’affresco, come pure nell’acquerello e nella litografia. Nel 1848 inizia la fase più movimentata e sofferta della sua vita di fervente patriota, che non lo vide mai interrompere l’attività, poiché il ogni luogo cui approdò anche per breve tempo trasse un ricordo pittorico.
Arruolatosi volontario contro l’Austria e fatto prigioniero, evase rientrando a Venezia, ove restò fino alla caduta della Repubblica nel 1849, quindi costretto all’esilio, si trasferì a Genova, iniziando una lunga peregrinazione che dalla Svizzera lo condusse a Torino (1850), a Londra, in Spagna e a Parigi, stabilendosi poi per tre anni a Roma dal 1855 e a Venezia
dal 1858. Si arruolò infine nella Terza Guerra di Indipendenza ove perse la vita nel luglio del 1866 a Lissa durante l’affondamento del “Re d’Italia”, la nave su cui si era imbarcato per documentare dal vivo le operazioni belliche.
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