Arte e immaginario punk in collisione tra le calli e i ponti di Venezia
Black Flag logo
01/12/2012
Venezia - Ryts Monet, artista visuale nato a Bari nell’82 ma trasferitosi presto in Veneto, è uno dei giovani creativi in residenza presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, che per tradizione, dai tempi della sua fondazione, nel 1898, accende i riflettori sull'arte emergente.
E’ lui l’ideatore di un work in progress dal titolo Black Flag Revival, mirato a riprogettare le copertine degli album dei Black Flag, celebre gruppo punk anarchico californiano, utilizzando immagini tratte da quotidiani del “suo” nordest d’Italia. Il lavoro terminerà con una mostra di fine atelier nel febbraio 2013. Oltre da immagini dal forte impatto, il progetto è caratterizzato da perfomance, come quella ospitata domani, 2 dicembre, dalla Galleria Upp alla Giudecca, che apre sempre le sue porte alle nuove tendenze e ai nuovi linguaggi. Attraverso una ricerca che ruota intorno al genere punk hardcore fondato dai Black Flag e al loro immaginario visivo, Ryts Monet, con la collaborazione di tre musicisti, ha creato la tribute band Black Flag Review, che ne reinterpreta i pezzi animati dallo spirito antiautoritario e anticonformista del rock e del punk degli anni Settanta e Ottanta, che parlano di isolamento, alienazione e nevrosi.
“Le apparizioni pubbliche dei Black Flag si distinguevano per la loro capacità di coinvolgere empaticamente il pubblico, stimolando reazioni di rabbia e sovversione nei confronti dell’establishment attraverso testi che denunciavano e diffamavano quello che era considerato il ‘sogno americano’. Questi contenuti erano anticipati e alimentati dall’immaginario visivo e iconografico prodotto da Pettibon intorno al gruppo, a cominciare dal logo: quattro barre nere verticali che se da un lato sintetizzavano la potenza dei pistoni di un motore a scoppio, dall’altro simboleggiavano una bandiera nera spiegata dal vento, icona del movimento anarchico. Sebbene quest’ultimo fosse inteso quale contrapposizione a ogni forma di potere costituito, il concetto di anarchia è stato sovente travisato e associato a un’idea di puro e semplice caos e disordine” scrivono Sara Feola e Camilla Salvaneschi nella recensione della mostra. E ancora
“Esaminando la produzione grafica di Pettibon, traduzione visiva dei testi della band, Ryts Monet ha potuto notare forti analogie con le immagini che testimoniano eventi di cronaca e politica accaduti nell’ultimo anno nell’area veneta…
Ha riscontrato, nonostante il gap temporale, notevoli affinità tematiche, emerse dalle ricerche condotte sui giornali e nelle
emeroteche locali". Un'analogia sicuramente legata alle conseguenze della crisi economica con la conseguente perdita di punti di riferimento.
Nicoletta Speltra
E’ lui l’ideatore di un work in progress dal titolo Black Flag Revival, mirato a riprogettare le copertine degli album dei Black Flag, celebre gruppo punk anarchico californiano, utilizzando immagini tratte da quotidiani del “suo” nordest d’Italia. Il lavoro terminerà con una mostra di fine atelier nel febbraio 2013. Oltre da immagini dal forte impatto, il progetto è caratterizzato da perfomance, come quella ospitata domani, 2 dicembre, dalla Galleria Upp alla Giudecca, che apre sempre le sue porte alle nuove tendenze e ai nuovi linguaggi. Attraverso una ricerca che ruota intorno al genere punk hardcore fondato dai Black Flag e al loro immaginario visivo, Ryts Monet, con la collaborazione di tre musicisti, ha creato la tribute band Black Flag Review, che ne reinterpreta i pezzi animati dallo spirito antiautoritario e anticonformista del rock e del punk degli anni Settanta e Ottanta, che parlano di isolamento, alienazione e nevrosi.
“Le apparizioni pubbliche dei Black Flag si distinguevano per la loro capacità di coinvolgere empaticamente il pubblico, stimolando reazioni di rabbia e sovversione nei confronti dell’establishment attraverso testi che denunciavano e diffamavano quello che era considerato il ‘sogno americano’. Questi contenuti erano anticipati e alimentati dall’immaginario visivo e iconografico prodotto da Pettibon intorno al gruppo, a cominciare dal logo: quattro barre nere verticali che se da un lato sintetizzavano la potenza dei pistoni di un motore a scoppio, dall’altro simboleggiavano una bandiera nera spiegata dal vento, icona del movimento anarchico. Sebbene quest’ultimo fosse inteso quale contrapposizione a ogni forma di potere costituito, il concetto di anarchia è stato sovente travisato e associato a un’idea di puro e semplice caos e disordine” scrivono Sara Feola e Camilla Salvaneschi nella recensione della mostra. E ancora
“Esaminando la produzione grafica di Pettibon, traduzione visiva dei testi della band, Ryts Monet ha potuto notare forti analogie con le immagini che testimoniano eventi di cronaca e politica accaduti nell’ultimo anno nell’area veneta…
Ha riscontrato, nonostante il gap temporale, notevoli affinità tematiche, emerse dalle ricerche condotte sui giornali e nelle
emeroteche locali". Un'analogia sicuramente legata alle conseguenze della crisi economica con la conseguente perdita di punti di riferimento.
Nicoletta Speltra
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