L'omaggio all'artista morto ad Auschwitz
Per il Giorno della Memoria gli Uffizi riscoprono Rudolf Levy, l'allievo di Matisse ispirato da Firenze
"Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
Francesca Grego
24/01/2023
Firenze - In Germania i suoi dipinti erano banditi da musei e gallerie, perché bollati dai nazisti come “arte degenerata”. Ma Rudolf Levy non si diede per vinto. Oltre che espressionista ed ebreo, era un instancabile viaggiatore. Dopo Maiorca, la Francia - dove avvenne l’incontro con il maestro Henri Matisse - la Tunisia e gli Stati Uniti, Levy approda in Italia. A Firenze, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, vive la sua stagione artistica più feconda. Tra il ’41 e il ’43 il suo atelier è una stanza a Palazzo Guadagni, in piazza Santo Spirito. Qui Levy ritrova la perduta felicità creativa: in due anni realizza oltre cinquanta dipinti, tra ritratti, nature morte e paesaggi. Nel dicembre del 1943, tre mesi dopo l’arrivo dei tedeschi, viene arrestato e imprigionato. Il 30 gennaio del ’44 partirà da Milano su un treno per Auschwitz, lo stesso di Liliana Segre. E non tornerà mai più.
A un anno dall’acquisto di Fiamma, uno dei dipinti più noti di Levy, in occasione del Giorno della Memoria le Gallerie degli Uffizi gli rendono omaggio con la prima grande mostra in Italia dal dopoguerra. Nata da un’idea dell’insigne studioso tedesco Klaus Voigt, recentemente scomparso, che ha ricostruito la storia del pittore, Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio è curata dallo stesso Voigt, da Susanne Thesing, autrice di una monografia sull’artista, da Vanessa Gavioli, curatrice delle Gallerie degli Uffizi, e da Camilla Brunelli, direttrice del Museo della Resistenza di Prato.
Rudolf Levy, "Fiamma" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
Da oggi, 24 gennaio, fino al prossimo 30 aprile, potremo finalmente conoscere da vicino il pittore dimenticato. Nella cornice di Palazzo Pitti, l’arte di Levy va in scena in un itinerario dinamico, che ne restituisce le tre stagioni principali. La prima, che precede la Prima Guerra Mondiale, ci parla di un giovane espressionista cresciuto alla scuola di Heinrich von Zügel, tra i fondatori della Secessione di Monaco, e affascinato dalla pittura di Cézanne e Matisse, del quale Levy fu allievo e collaboratore a Parigi. L’influenza del maestro fauve continuerà a farsi sentire a lungo nell’opera del pittore tedesco, che in seguito dialogherà anche con altre avanguardie europee. La terza sezione del percorso si concentra infine sull’ultimo decennio di vita di Levy, con alcune novità assolute. In mostra ci sono infatti i dipinti che furono esposti a Firenze nel ’46 e nel ’50, nelle prime esposizioni che gli resero giustizia dopo la guerra, ma anche opere mai viste in Italia, oggi conservate in collezioni pubbliche e private internazionali. Non mancano oggetti, fotografie e lettere appartenute all’artista, che accanto a documenti documenti ne ricostruiscono in modo tangibile le drammatiche vicende.
"Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
“Si è finora parlato troppo poco di Rudolf Levy a Firenze”, afferma la curatrice Camilla Brunelli: “Mancava un omaggio importante al pittore, una mostra monografica che avesse come focus gli anni dell’esilio – in particolare gli ultimi passati a Firenze - e che delineasse, anche attraverso un apparato documentario curato dallo storico berlinese Klaus Voigt la sua vicenda umana di persecuzione, esilio e deportazione. Voigt ha studiato per tanti anni l’esilio in Italia di ebrei e oppositori del regime nazista e stava scrivendo un libro su di lui: mi fa piacere ricordare che dobbiamo a lui l’idea di questa mostra, subito accolta dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt”.
Autoritratti di Rudolf Levy, da "Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
“Firenze è stato il porto sicuro dove per anni Levy ha potuto dipingere in un’atmosfera internazionale e piena di stimoli. Ma le leggi razziali che hanno macchiato l’Europa giunsero anche qui, ponendo fine alla sua avventura artistica e alla sua vita”, ricorda Schmidt: “Di Levy gli Uffizi hanno acquistato nel 2020 uno splendido ritratto di ragazza - Fiamma - eseguito proprio a Firenze ed ora, in occasione del Giorno della Memoria, assolvono al dovere morale di raccontare la vicenda del pittore”.
"Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
Leggi anche:
• Hitler e le avanguardie. Ne parla Demetrio Paparoni
• Il lato oscuro della storia: l'arte pura del Reich
A un anno dall’acquisto di Fiamma, uno dei dipinti più noti di Levy, in occasione del Giorno della Memoria le Gallerie degli Uffizi gli rendono omaggio con la prima grande mostra in Italia dal dopoguerra. Nata da un’idea dell’insigne studioso tedesco Klaus Voigt, recentemente scomparso, che ha ricostruito la storia del pittore, Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio è curata dallo stesso Voigt, da Susanne Thesing, autrice di una monografia sull’artista, da Vanessa Gavioli, curatrice delle Gallerie degli Uffizi, e da Camilla Brunelli, direttrice del Museo della Resistenza di Prato.
Rudolf Levy, "Fiamma" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
Da oggi, 24 gennaio, fino al prossimo 30 aprile, potremo finalmente conoscere da vicino il pittore dimenticato. Nella cornice di Palazzo Pitti, l’arte di Levy va in scena in un itinerario dinamico, che ne restituisce le tre stagioni principali. La prima, che precede la Prima Guerra Mondiale, ci parla di un giovane espressionista cresciuto alla scuola di Heinrich von Zügel, tra i fondatori della Secessione di Monaco, e affascinato dalla pittura di Cézanne e Matisse, del quale Levy fu allievo e collaboratore a Parigi. L’influenza del maestro fauve continuerà a farsi sentire a lungo nell’opera del pittore tedesco, che in seguito dialogherà anche con altre avanguardie europee. La terza sezione del percorso si concentra infine sull’ultimo decennio di vita di Levy, con alcune novità assolute. In mostra ci sono infatti i dipinti che furono esposti a Firenze nel ’46 e nel ’50, nelle prime esposizioni che gli resero giustizia dopo la guerra, ma anche opere mai viste in Italia, oggi conservate in collezioni pubbliche e private internazionali. Non mancano oggetti, fotografie e lettere appartenute all’artista, che accanto a documenti documenti ne ricostruiscono in modo tangibile le drammatiche vicende.
"Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
“Si è finora parlato troppo poco di Rudolf Levy a Firenze”, afferma la curatrice Camilla Brunelli: “Mancava un omaggio importante al pittore, una mostra monografica che avesse come focus gli anni dell’esilio – in particolare gli ultimi passati a Firenze - e che delineasse, anche attraverso un apparato documentario curato dallo storico berlinese Klaus Voigt la sua vicenda umana di persecuzione, esilio e deportazione. Voigt ha studiato per tanti anni l’esilio in Italia di ebrei e oppositori del regime nazista e stava scrivendo un libro su di lui: mi fa piacere ricordare che dobbiamo a lui l’idea di questa mostra, subito accolta dal direttore degli Uffizi Eike Schmidt”.
Autoritratti di Rudolf Levy, da "Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
“Firenze è stato il porto sicuro dove per anni Levy ha potuto dipingere in un’atmosfera internazionale e piena di stimoli. Ma le leggi razziali che hanno macchiato l’Europa giunsero anche qui, ponendo fine alla sua avventura artistica e alla sua vita”, ricorda Schmidt: “Di Levy gli Uffizi hanno acquistato nel 2020 uno splendido ritratto di ragazza - Fiamma - eseguito proprio a Firenze ed ora, in occasione del Giorno della Memoria, assolvono al dovere morale di raccontare la vicenda del pittore”.
"Rudolf Levy (1875-1944) - L’opera e l’esilio" I Courtesy Gallerie degli Uffizi
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