Dal 2 settembre al 13 dicembre a Carmagnola (Torino)
L'universo di Francesco Casorati, tra magia e tenerezza, in mostra a Palazzo Lomellini
Francesco Casorati, Il grande passero, 1968
Samantha De Martin
02/09/2022
Torino - Una luna di carta sospesa nel cielo, alla maniera di un aquilone. Navi imbrigliate prive di nocchiero, disegnate come un quadro nel quadro, e ancora pesci rosa, farfalle, barchette di carta dal precario equilibrio e una natura che confessa le sue più urgenti verità al piccolo teatro della tela.
Sospeso tra magia e geometria, l’universo lirico di Francesco Casorati si racconta in una mostra dal titolo Francesco Casorati. Tra magia e geometria, in programma a Palazzo Lomellini, a Carmagnola (Torino), dal 2 settembre al 13 dicembre.
Le tappe più significative della carriera dell’artista sono scandite da una trentina di opere, suddivise in quattro “focus” principali dedicati per scelta solo ai lavori pittorici selezionati per il loro significato emblematico dalla curatrice Elena Pontiggia che, nel suo saggio introduttivo al catalogo, si sofferma sul carattere del tutto originale e indipendente del percorso artistico di Francesco Casorati.
Franesco Casorati, Battaglia nel bosco, 1953
Una visionaria Torre di Babele del 1952, metafora della guerra e dell’incapacità degli uomini di comprendersi, accoglie gli ospiti nella prima sala di Palazzo Lomellini. A dipingerla è un Francesco Casorati appena diciottenne, eppure artista già maturo, informato, colto.
“Nascere in una famiglia dove il padre (Felice Casorati ndr) è uno dei maggiori artisti del secolo e la madre è Daphne Maugham, pittrice di rara finezza - scrive nel catalogo Elena Pontiggia - significa nascere in un’Accademia di Belle Arti, laurearsi a quattro anni, respirare pittura fin dalla nascita. Francesco sarà sempre stilisticamente diversissimo da Felice e compirà un percorso coraggiosamente indipendente. Da lui apprende però un concetto fondamentale: la nozione di una pittura che non nasce dall’impressione, dalla sensazione, ma dall’idea”.
Francesco Casorati, Grande finestra, 1981
Così in Torre di Babele Francesco trasforma un concetto drammatico come quello della guerra in un grande gioco che vede protagonisti piccoli omini stilizzati come marionette, protesi verso il cielo su scale traballanti, a contemplare la sfera rossa della luna.
“Così il racconto di un fallimento umano - continua Pontiggia - è sottoposto a una catarsi che lo rende quasi simile a una fiaba, con un procedimento espressivo che ritornerà sempre nell’artista”.
Blu è invece il colore dominante nella seconda sala che accoglie la mostra, come emerge dall'opera Il Grande Passero del 1968. Casorati dialoga con la Pop Art e anche con il Surrealismo, soprattutto di Magritte. Il blu, su cui nella seconda metà degli anni Sessanta imposta le sue composizioni, rappresenta il colore della lontananza - come diceva Cézanne - e insieme del sogno. “È una monocromia che sottrae l'immagine alla banale colorazione della vita quotidiana e al realismo immediato, altrettanto banale” spiega la curatrice.
Francesco Casorati, Gioco sul pavimento, 1984
Nella sala dedicata alle opere dipinte ad acrilico, ospitate al secondo piano, i soggetti vengono raffreddati e sospesi come in Labirinto di carta del 1984, per lasciare il posto, nell’ultima sala, alla produzione più recente caratterizzata dal ritorno alla pittura ad olio, che permetteva a Casorati di dare libero sfogo a vibrazioni cromatiche e materiche più liriche, come nel poetico Sette barche e tre pesci del 2010.
“Per oltre dieci anni, fra gli anni Settanta e Ottanta - spiega Pontiggia - Casorati abbandona la tecnica ad olio a favore dell’acrilico, funzionale per ottenere una tessitura quasi monocromatica e rarefatta, su cui proiettare la nuova fiaba visuale dalle tonalità atimbriche e dal rigore architettonico metafisico”.
A segnare l’ultima tappa della mostra è infine il trittico Burrasca del 1986, che proclama il ritorno alla pittura ad olio, a ritmi espressivi, a vibrazioni cromatiche nuove e imbevute di “poetica irragionevolezza”.
Ad accomunare le diverse fasi, fino alle opere degli anni 2000, è tuttavia il carattere antinaturalistico di tutta la rappresentazione pittorica di Casorati, fiabesca e astratta, mentale e al tempo stesso visionaria, autonoma dalle correnti artistiche, eppure aperta a un dialogo sui generis con alcune di queste stesse correnti quando non lontane dalla sua poetica e visione del mondo.
Francesco Casorati, Pesce rosa, 2011, Olio su tela, 150 x 90 cm
Il percorso invita l’osservatore a cogliere la capacità della pittura di Casorati di dialogare con le tendenze a lui contemporanee senza appartenere a nessuna di esse.
D’altra parte lo stesso artista confessava di aver dipinto sempre “al di fuori da ogni corrente, pagando naturalmente il prezzo di questo isolamento”.
Nella pittura, in particolare nella costruzione di triangoli e losanghe, non mancano gli echi dei grandi maestri, da Bruegel ai grandi totem di de Chirico, in un tempo ampio che non cessa con il presente, ma che sente tutte le età come contemporanee.
La mostra, a ingresso libero, è aperta, dal 2 all’11 settembre, da lunedì a venerdì dalle 20.30 alle 23; sabato e domenica dalle 15.30 alle 18.30 e dalle 20.30 alle 23. Dal 12 settembre al 13 novembre la si potrà visitare giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 18.30, sabato e domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30.
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• Francesco Casorati. Tra magia e geometria
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Franesco Casorati, Battaglia nel bosco, 1953
Una visionaria Torre di Babele del 1952, metafora della guerra e dell’incapacità degli uomini di comprendersi, accoglie gli ospiti nella prima sala di Palazzo Lomellini. A dipingerla è un Francesco Casorati appena diciottenne, eppure artista già maturo, informato, colto.
“Nascere in una famiglia dove il padre (Felice Casorati ndr) è uno dei maggiori artisti del secolo e la madre è Daphne Maugham, pittrice di rara finezza - scrive nel catalogo Elena Pontiggia - significa nascere in un’Accademia di Belle Arti, laurearsi a quattro anni, respirare pittura fin dalla nascita. Francesco sarà sempre stilisticamente diversissimo da Felice e compirà un percorso coraggiosamente indipendente. Da lui apprende però un concetto fondamentale: la nozione di una pittura che non nasce dall’impressione, dalla sensazione, ma dall’idea”.
Francesco Casorati, Grande finestra, 1981
Così in Torre di Babele Francesco trasforma un concetto drammatico come quello della guerra in un grande gioco che vede protagonisti piccoli omini stilizzati come marionette, protesi verso il cielo su scale traballanti, a contemplare la sfera rossa della luna.
“Così il racconto di un fallimento umano - continua Pontiggia - è sottoposto a una catarsi che lo rende quasi simile a una fiaba, con un procedimento espressivo che ritornerà sempre nell’artista”.
Blu è invece il colore dominante nella seconda sala che accoglie la mostra, come emerge dall'opera Il Grande Passero del 1968. Casorati dialoga con la Pop Art e anche con il Surrealismo, soprattutto di Magritte. Il blu, su cui nella seconda metà degli anni Sessanta imposta le sue composizioni, rappresenta il colore della lontananza - come diceva Cézanne - e insieme del sogno. “È una monocromia che sottrae l'immagine alla banale colorazione della vita quotidiana e al realismo immediato, altrettanto banale” spiega la curatrice.
Francesco Casorati, Gioco sul pavimento, 1984
Nella sala dedicata alle opere dipinte ad acrilico, ospitate al secondo piano, i soggetti vengono raffreddati e sospesi come in Labirinto di carta del 1984, per lasciare il posto, nell’ultima sala, alla produzione più recente caratterizzata dal ritorno alla pittura ad olio, che permetteva a Casorati di dare libero sfogo a vibrazioni cromatiche e materiche più liriche, come nel poetico Sette barche e tre pesci del 2010.
“Per oltre dieci anni, fra gli anni Settanta e Ottanta - spiega Pontiggia - Casorati abbandona la tecnica ad olio a favore dell’acrilico, funzionale per ottenere una tessitura quasi monocromatica e rarefatta, su cui proiettare la nuova fiaba visuale dalle tonalità atimbriche e dal rigore architettonico metafisico”.
A segnare l’ultima tappa della mostra è infine il trittico Burrasca del 1986, che proclama il ritorno alla pittura ad olio, a ritmi espressivi, a vibrazioni cromatiche nuove e imbevute di “poetica irragionevolezza”.
Ad accomunare le diverse fasi, fino alle opere degli anni 2000, è tuttavia il carattere antinaturalistico di tutta la rappresentazione pittorica di Casorati, fiabesca e astratta, mentale e al tempo stesso visionaria, autonoma dalle correnti artistiche, eppure aperta a un dialogo sui generis con alcune di queste stesse correnti quando non lontane dalla sua poetica e visione del mondo.
Francesco Casorati, Pesce rosa, 2011, Olio su tela, 150 x 90 cm
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D’altra parte lo stesso artista confessava di aver dipinto sempre “al di fuori da ogni corrente, pagando naturalmente il prezzo di questo isolamento”.
Nella pittura, in particolare nella costruzione di triangoli e losanghe, non mancano gli echi dei grandi maestri, da Bruegel ai grandi totem di de Chirico, in un tempo ampio che non cessa con il presente, ma che sente tutte le età come contemporanee.
La mostra, a ingresso libero, è aperta, dal 2 all’11 settembre, da lunedì a venerdì dalle 20.30 alle 23; sabato e domenica dalle 15.30 alle 18.30 e dalle 20.30 alle 23. Dal 12 settembre al 13 novembre la si potrà visitare giovedì e venerdì dalle 15.30 alle 18.30, sabato e domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30.
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