Devdatta Padekar. A Symphony of Seasons
Dal 13 Marzo 2016 al 05 Aprile 2016
Firenze
Luogo: Florence Dance Center
Indirizzo: via Borgo Stella 23 r
Curatori: Daniela Pronestì
Enti promotori:
- Florence Dance Center
Domenica 13 marzo alle ore 18 in via Borgo Stella 23 r a Firenze si apre il quarto appuntamento della rassegna di arti visive Etoile Toy/ Visual Art Florence promossa dal Florence Dance Center di Marga Nativo e Keith Ferrone e realizzata in collaborazione con la curatrice e storica dell'arte Daniela Pronestì per l'edizione 2015/2016. La rassegna, ideata da Mario Mariotti nel 1987, presenta un carattere di assoluta originalità rispetto ad altre realtà espositive fiorentine. Scopo della rassegna è indagare il rapporto tra immaginazione creativa ed espressione corporea, trasformando ogni inaugurazione in un evento che coniuga arte e danza in una performance pensata e realizzata in armonia con le opere esposte. Un "cross over" linguistico che si avvicina al concetto di "opera d'arte totale" e che interpreta la natura ibrida di molte esperienze artistiche contemporanee. Ospiti della rassegna, da ottobre 2015 a maggio 2016, artisti di diversa nazionalità che insieme offriranno un'interessante panoramica sulle numerose declinazioni dell'arte del nostro tempo.
Il quarto appuntamento della rassegna ospita l'artista indiano Devdatta Padekar in mostra con il progetto intitolato A Symphony of Seasons.
Si tratta di un progetto che l'artista indiano ha realizzato nell'arco di due anni visitando le regioni alpine di cinque nazioni (Italia, Svizzera, Germania, Austria e Francia) con lo scopo di trasferire nella pittura la bellezza incontaminata di questi paesaggi. La scelta del titolo mette in luce un aspetto centrale nell'opera di Devdatta: l'armonia e il ritmo presenti nelle forme naturali e nella musicalità dei colori. Il suo sguardo si posa sul paesaggio con l'intento di catturare l'atmosfera dei luoghi, le voci della natura che parlano al cuore dell'artista. Uno sguardo che non abbraccia tutto il visibile ma si concentra soltanto su alcuni particolari, privilegiando punti di vista insoliti e scorci che invitano l'osservatore ad entrare nella rappresentazione pittorica.
E' il caso di opere come A serene day e Sun-kissed pik, in cui la visione da "sotto in sù" fa sì che il paesaggio incomba sullo spettatore, facendolo sentire parte integrante dello scenario naturale che sta osservando. In altri casi, invece, la visione "a volo di uccello" (Autumn vineyards) comunica un senso di vertigine che amplifica l'ampiezza della scena, e l'impressione è che lo sguardo possa in questo caso dominare il paesaggio, dal primo piano fino all'orizzonte. Quando la rappresentazione si sviluppa frontalmente, lo sguardo accoglie la totalità del paesaggio, potendo così posarsi sui diversi aspetti che ne fanno parte. Come sempre nella sua pittura, anche in questo caso la resa cromatica individua dei toni dominanti, che, senza tradire la verità del dato oggettivo, si propongono di interpretare le emozioni che nascono dall'incontro tra l'artista e lo spettacolo naturale. "La natura - spiega Devdatta - per me è movimento ed energia; per questa ragione, non m'interessa documentare o descrivere puntalmente ciò che osservo ma catturare le emozioni che la visione della natura suscita nella mia interiorità". Il risultato sono immagini dal forte potere evocativo che trasferiscono nella pittura l'anima dei luoghi.
Il ritmo che muove gli eventi naturali entra nel colore e lo rende "sinfonico", musicale, facendolo diventare un tramite per superare i vincoli della realtà visibile e dare forma alla sostanza invisibile dei sentimenti. Le opere in mostra denotano, infatti, l'intenzione di sospendere l'immagine sul crinale che divide realtà e astrazione, oggettività e soggettività della visione, a tal punto che in diversi casi il colore si affranca da ogni finalità descrittiva per farsi trascrizione immediata e diretta di uno stato d'animo, di una condizione interiore. Per Devdatta "sentire" la realtà è più importante che rappresentarla puntualmente, ed è su questo passaggio dall'esteriorità all'interiorità della visione che si fonda la sua ricerca pittorica. Anche il soggetto raffigurato appare secondario rispetto al bisogno di abbandonarsi alla magia della luce e del colore, che regolano le "mutazioni" del paesaggio al variare delle stagioni. La luce bianca e le tinte fredde dell'inverno, i verdi intensi e i cieli azzurri della primavera, il rosso infuocato del sole estivo: è nella continua metamorfosi degli effetti luministici e cromatici della natura che l'artista indiano sente nascere l'emozione che scuote nel profondo la sua interiorità. Un'emozione che non sovrasta il paesaggio, ma lo vivifica, rendendo appieno il senso della possibile unità tra uomo e natura.
Il quarto appuntamento della rassegna ospita l'artista indiano Devdatta Padekar in mostra con il progetto intitolato A Symphony of Seasons.
Si tratta di un progetto che l'artista indiano ha realizzato nell'arco di due anni visitando le regioni alpine di cinque nazioni (Italia, Svizzera, Germania, Austria e Francia) con lo scopo di trasferire nella pittura la bellezza incontaminata di questi paesaggi. La scelta del titolo mette in luce un aspetto centrale nell'opera di Devdatta: l'armonia e il ritmo presenti nelle forme naturali e nella musicalità dei colori. Il suo sguardo si posa sul paesaggio con l'intento di catturare l'atmosfera dei luoghi, le voci della natura che parlano al cuore dell'artista. Uno sguardo che non abbraccia tutto il visibile ma si concentra soltanto su alcuni particolari, privilegiando punti di vista insoliti e scorci che invitano l'osservatore ad entrare nella rappresentazione pittorica.
E' il caso di opere come A serene day e Sun-kissed pik, in cui la visione da "sotto in sù" fa sì che il paesaggio incomba sullo spettatore, facendolo sentire parte integrante dello scenario naturale che sta osservando. In altri casi, invece, la visione "a volo di uccello" (Autumn vineyards) comunica un senso di vertigine che amplifica l'ampiezza della scena, e l'impressione è che lo sguardo possa in questo caso dominare il paesaggio, dal primo piano fino all'orizzonte. Quando la rappresentazione si sviluppa frontalmente, lo sguardo accoglie la totalità del paesaggio, potendo così posarsi sui diversi aspetti che ne fanno parte. Come sempre nella sua pittura, anche in questo caso la resa cromatica individua dei toni dominanti, che, senza tradire la verità del dato oggettivo, si propongono di interpretare le emozioni che nascono dall'incontro tra l'artista e lo spettacolo naturale. "La natura - spiega Devdatta - per me è movimento ed energia; per questa ragione, non m'interessa documentare o descrivere puntalmente ciò che osservo ma catturare le emozioni che la visione della natura suscita nella mia interiorità". Il risultato sono immagini dal forte potere evocativo che trasferiscono nella pittura l'anima dei luoghi.
Il ritmo che muove gli eventi naturali entra nel colore e lo rende "sinfonico", musicale, facendolo diventare un tramite per superare i vincoli della realtà visibile e dare forma alla sostanza invisibile dei sentimenti. Le opere in mostra denotano, infatti, l'intenzione di sospendere l'immagine sul crinale che divide realtà e astrazione, oggettività e soggettività della visione, a tal punto che in diversi casi il colore si affranca da ogni finalità descrittiva per farsi trascrizione immediata e diretta di uno stato d'animo, di una condizione interiore. Per Devdatta "sentire" la realtà è più importante che rappresentarla puntualmente, ed è su questo passaggio dall'esteriorità all'interiorità della visione che si fonda la sua ricerca pittorica. Anche il soggetto raffigurato appare secondario rispetto al bisogno di abbandonarsi alla magia della luce e del colore, che regolano le "mutazioni" del paesaggio al variare delle stagioni. La luce bianca e le tinte fredde dell'inverno, i verdi intensi e i cieli azzurri della primavera, il rosso infuocato del sole estivo: è nella continua metamorfosi degli effetti luministici e cromatici della natura che l'artista indiano sente nascere l'emozione che scuote nel profondo la sua interiorità. Un'emozione che non sovrasta il paesaggio, ma lo vivifica, rendendo appieno il senso della possibile unità tra uomo e natura.
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