Diego Birelli. Graphic designer
Dal 22 Maggio 2015 al 12 Giugno 2015
Venezia
Luogo: Archivio Progetti - Università Iuav di Venezia
Indirizzo: Dorsoduro 2196
Orari: da lunedì a venerdì 9.30-13.30; giovedì 15-17.30
Curatori: Michele Galluzzo
Enti promotori:
- A/I/S/Design
- Aiap
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0412571011 / 1012
E-Mail info: archivioprogetti@iuav.it
Sito ufficiale: http://www.iuav.it/archivioprogetti
In occasione dell’acquisizione del fondo Birelli, l’Archivio Progetti dell’Università Iuav di Venezia presenta una mostra di manifesti, libri, stampati, bozzetti e negativi fotografici, al fine di raccontare e contestualizzare un protagonista ancora poco noto del panorama della progettazione grafica italiana. La vivace e poliedrica identità di Diego Birelli, raccontata e analizzata finora per la sua costante ricerca artistica, trova un punto di vista complementare nello studio del suo lavoro come graphic designer.
La mostra di presentazione del fondo documentario rappresenta infatti l’occasione per fare luce sulla relazione fra il progettista (nato ad Asti nel ’34 e veneziano d’adozione), il mondo editoriale, i movimenti culturali e politici, le istituzioni pubbliche e il panorama del graphic design locale e nazionale, attraverso alcune tracce di indagine aperte.
Un primo focus presente in esposizione riguarda il coinvolgimento di Birelli nella temperie politica e sociale veneziana a partire dalla prima metà degli anni Sessanta, evidente nei manifesti e stampati per il Partito Comunista Italiano, per il Partito di Unità Proletaria e per Democrazia Proletaria e nei giornali Libertà al Cile a sostegno della repubblica di Allende realizzati per la Biennale del ’74. L’analisi della produzione militante di Birelli per le federazioni locali delle principali sigle della sinistra italiana e per le biennali di rottura dirette da Carlo Ripa di Meana va vista anche alla luce del ruolo cardinale giocato dal Capitale di Karl Marx nell’ambito della 56^ Biennale di Okwui Enwezor appena inaugurata. Inoltre il legame con il contesto sociale e culturale del territorio veneziano è evidente in mostra con le campagne di comunicazione proposte negli anni Ottanta per l’Assessorato alla Cultura del capoluogo veneto e con i contributi attivi offerti come grafico del Consorzio Venezia Nuova nei suoi primi anni di vita.
Un secondo tema di indagine della mostra riguarda la tematica del design editoriale, che vede Birelli come uno dei protagonisti del vivace fermento vissuto da tale settore in Italia in seguito al secondo dopoguerra. Tra gli anni Sessanta e Novanta egli si trova ad essere art director per Marsilio, Electa (rinata nel ’65 con Giorgio Fantoni, il quale lo sceglie come primo designer della nuova casa editrice), Alfieri, Touring Club Italiano e fondatore in prima persona di Albrizzi editore nel ’82.
Il rapporto con la fotografia attraversa trasversalmente tutto il percorso espositivo: con essa infatti Birelli si relaziona professionalmente sia come art director (lavorando al fianco di Mario Cresci, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Ugo Mulas, Toni Nicolini, Ferdinando Scianna), sia come fotografo egli stesso (formatosi con gli insegnamenti di Italo Zannier presso il Corso Superiore di Disegno Industriale e, successivamente, del teorico della fotografia Luigi Crocenzi).
La selezione dei materiali esposti è volta a evidenziare il processo e la metodologia progettuale tipica dei graphic designer attivi nella seconda metà del secolo passato. Per questa ragione la presenza di bozzetti, prove di stampa e studi, accanto a progetti finiti, è utile a chiarire non solo le differenti fasi nella produzione di un elaborato, ma anche l’influenza degli strumenti utilizzati sull’estetica di un progetto.
La mostra in questione è solo un primo tentativo di contestualizzazione dell’operato del designer all’interno del panorama contemporaneo della progettazione grafica nazionale e del fermento vissuto dalla disciplina nella città di Venezia, auspicando che ci siano indagini future in questo senso.
La mostra di presentazione del fondo documentario rappresenta infatti l’occasione per fare luce sulla relazione fra il progettista (nato ad Asti nel ’34 e veneziano d’adozione), il mondo editoriale, i movimenti culturali e politici, le istituzioni pubbliche e il panorama del graphic design locale e nazionale, attraverso alcune tracce di indagine aperte.
Un primo focus presente in esposizione riguarda il coinvolgimento di Birelli nella temperie politica e sociale veneziana a partire dalla prima metà degli anni Sessanta, evidente nei manifesti e stampati per il Partito Comunista Italiano, per il Partito di Unità Proletaria e per Democrazia Proletaria e nei giornali Libertà al Cile a sostegno della repubblica di Allende realizzati per la Biennale del ’74. L’analisi della produzione militante di Birelli per le federazioni locali delle principali sigle della sinistra italiana e per le biennali di rottura dirette da Carlo Ripa di Meana va vista anche alla luce del ruolo cardinale giocato dal Capitale di Karl Marx nell’ambito della 56^ Biennale di Okwui Enwezor appena inaugurata. Inoltre il legame con il contesto sociale e culturale del territorio veneziano è evidente in mostra con le campagne di comunicazione proposte negli anni Ottanta per l’Assessorato alla Cultura del capoluogo veneto e con i contributi attivi offerti come grafico del Consorzio Venezia Nuova nei suoi primi anni di vita.
Un secondo tema di indagine della mostra riguarda la tematica del design editoriale, che vede Birelli come uno dei protagonisti del vivace fermento vissuto da tale settore in Italia in seguito al secondo dopoguerra. Tra gli anni Sessanta e Novanta egli si trova ad essere art director per Marsilio, Electa (rinata nel ’65 con Giorgio Fantoni, il quale lo sceglie come primo designer della nuova casa editrice), Alfieri, Touring Club Italiano e fondatore in prima persona di Albrizzi editore nel ’82.
Il rapporto con la fotografia attraversa trasversalmente tutto il percorso espositivo: con essa infatti Birelli si relaziona professionalmente sia come art director (lavorando al fianco di Mario Cresci, Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Ugo Mulas, Toni Nicolini, Ferdinando Scianna), sia come fotografo egli stesso (formatosi con gli insegnamenti di Italo Zannier presso il Corso Superiore di Disegno Industriale e, successivamente, del teorico della fotografia Luigi Crocenzi).
La selezione dei materiali esposti è volta a evidenziare il processo e la metodologia progettuale tipica dei graphic designer attivi nella seconda metà del secolo passato. Per questa ragione la presenza di bozzetti, prove di stampa e studi, accanto a progetti finiti, è utile a chiarire non solo le differenti fasi nella produzione di un elaborato, ma anche l’influenza degli strumenti utilizzati sull’estetica di un progetto.
La mostra in questione è solo un primo tentativo di contestualizzazione dell’operato del designer all’interno del panorama contemporaneo della progettazione grafica nazionale e del fermento vissuto dalla disciplina nella città di Venezia, auspicando che ci siano indagini future in questo senso.
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