Al Museo Nazionale del Cinema dal 6 aprile 2022 al 16 gennaio 2023
Dario Argento - The Exhibit. Il maestro del brivido in mostra a Torino
Dario Argento sul set di Profondo Rosso. Archivio Bellomo
Francesca Grego
05/04/2022
Torino - Oscura, esoterica, soprannaturale. È la Torino di Dario Argento, la città dell’occulto che per il regista è stata una sorta di musa ispiratrice. Impossibile dimenticare la “villa del bambino urlante” di Profondo Rosso - alias Villa Scott - resa ancor più sinistra dalla terrificante colonna sonora dei Goblin. O Piazza CLN, teatro del primo di una lunga serie di omicidi nello stesso lungometraggio. Da Il gatto a nove code a Non ho sonno, da 4 mosche di velluto grigio a Giallo, il re del brivido sembra aver scelto Torino come set delle sue fantasie. Non è un caso quindi che il Museo Nazionale del Cinema gli dedichi la mostra evento pensata per festeggiare i primi vent'anni alla Mole Antonelliana. Prevista inizialmente per il 2020, Dario Argento - The Exhibit apre finalmente i battenti domani, mercoledì 6 aprile, per riportare in scena atmosfere, incubi e ossessioni di un maestro del cinema internazionale.
Con la collaborazione di Solares Fondazione delle Arti, di Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia e di numerosi collezionisti privati, i curatori Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo hanno messo insieme un numero impressionante di video, oggetti e costumi di scena, manifesti e fotografie, che invitano a ripercorrere in un viaggio a 360 gradi l’intera opera del regista, sceneggiatore e produttore che ha traghettato l’horror fuori dal territorio dei b-movie.
Bozzetto originale per il film Il gatto a nove code. Proprietà di Marco Strada
“Nel mio cinema la grigia realtà non entrerà mai”, ha detto una volta Dario Argento. Alla Mole Antonelliana il suo universo agghiacciante e visionario si materializza attraverso oggetti cult come il pupazzo di Profondo Rosso, messo a disposizione del Museo del Cinema dal maestro degli effetti speciali Carlo Rambaldi, o la macchina ammazza-topi del Fantasma dell’Opera costruita da Sergio Stivaletti, effettista di molti film di Argento e prestatore di numerosi pezzi della mostra, ma anche negli schizzi dei gioielli di Bulgari o degli abiti di Giorgio Armani per Phenomena, senza dimenticare i fotogrammi in cui il regista ha reinventato le architetture delle città italiane, a partire proprio da Torino. E poi i video dei suoi film, dall’Uccello dalle piume di cristallo (1970) a Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala, mentre l’aria si riempie di musica, un ingrediente imprescindibile nell’alchimia cinematografica di Argento. “L’importante non è la storia, ma come la si mette in scena”, ha spiegato infatti il regista questa mattina durante la presentazione della mostra, evocando il suo maestro Alfred Hitchcock e “la macchina da presa che volava” in Psycho, “quando nemmeno esistevano gli effetti speciali”.
Pupazzo meccanico di Profondo Rosso. Reperto originale dalla collezione cinematografica privata della famiglia Rambaldi
Da Hitchcock, spiega il curatore Marcello Garofalo, Argento mutua e sviluppa “l’immagine mentale”, “introducendo lo spettatore all’interno del film e rendendolo complice di abbagli straordinari”. “Dario Argento ci insegna a vedere. Agisce sulle forme del cinema in modo che siano allo stesso tempo preoccupanti e poetiche”, osservava alcuni decenni fa l’esigente rivista Cahiers du Cinema, citata ancora da Garofalo, mentre in collegamento dall'America il regista Mick Garris, ideatore della serie Masters of Horror, ammira “l’inconfondibile stile della visione” del regista romano. L’attrazione per il maestro dell’incubo, d’altronde, è trasversale: sono suoi fan Quentin Tarantino, Guillermo del Toro e perfino l’insospettabile Banana Yoshimoto.
Suspiria di Dario Argento, Italia, 1977. Manifesto. Collezione Museo Nazionale del Cinema
“Dario Argento è un maestro del cinema riconosciuto a livello internazionale”, recita la motivazione del Premio Stella della Mole, conferito al regista durante l’inaugurazione della mostra: “Ha spaziato tra giallo, thriller e horror, creando e imponendo a generazioni di spettatori il suo personalissimo immaginario, frutto di un talento figurativo fuori dal comune. Un regista, ma anche un artista, infatti il suo cinema visionario dialoga costantemente con le altre arti, creando universi visivi seducenti e messe in scena sontuose attraverso un uso vitale e libero della macchina da presa. Ogni film è una riflessione sulla natura dell’immagine e sulla sua percezione, facendo tesoro delle esperienze del pre-cinema e degli studi a cavallo tra ottica e psicanalisi. Nelle ambientazioni spettrali dei suoi film ha restituito di Torino un’immagine inedita e perturbante, che arricchisce di fascino e mistero il nostro sguardo verso la città”.
Il maestro della paura ringrazia emozionato, tra gli applausi e le note diaboliche dei Goblin.
Dario Argento. Archivio Bellomo
Con la collaborazione di Solares Fondazione delle Arti, di Cineteca Nazionale - Centro Sperimentale di Cinematografia e di numerosi collezionisti privati, i curatori Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo hanno messo insieme un numero impressionante di video, oggetti e costumi di scena, manifesti e fotografie, che invitano a ripercorrere in un viaggio a 360 gradi l’intera opera del regista, sceneggiatore e produttore che ha traghettato l’horror fuori dal territorio dei b-movie.
Bozzetto originale per il film Il gatto a nove code. Proprietà di Marco Strada
“Nel mio cinema la grigia realtà non entrerà mai”, ha detto una volta Dario Argento. Alla Mole Antonelliana il suo universo agghiacciante e visionario si materializza attraverso oggetti cult come il pupazzo di Profondo Rosso, messo a disposizione del Museo del Cinema dal maestro degli effetti speciali Carlo Rambaldi, o la macchina ammazza-topi del Fantasma dell’Opera costruita da Sergio Stivaletti, effettista di molti film di Argento e prestatore di numerosi pezzi della mostra, ma anche negli schizzi dei gioielli di Bulgari o degli abiti di Giorgio Armani per Phenomena, senza dimenticare i fotogrammi in cui il regista ha reinventato le architetture delle città italiane, a partire proprio da Torino. E poi i video dei suoi film, dall’Uccello dalle piume di cristallo (1970) a Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala, mentre l’aria si riempie di musica, un ingrediente imprescindibile nell’alchimia cinematografica di Argento. “L’importante non è la storia, ma come la si mette in scena”, ha spiegato infatti il regista questa mattina durante la presentazione della mostra, evocando il suo maestro Alfred Hitchcock e “la macchina da presa che volava” in Psycho, “quando nemmeno esistevano gli effetti speciali”.
Pupazzo meccanico di Profondo Rosso. Reperto originale dalla collezione cinematografica privata della famiglia Rambaldi
Da Hitchcock, spiega il curatore Marcello Garofalo, Argento mutua e sviluppa “l’immagine mentale”, “introducendo lo spettatore all’interno del film e rendendolo complice di abbagli straordinari”. “Dario Argento ci insegna a vedere. Agisce sulle forme del cinema in modo che siano allo stesso tempo preoccupanti e poetiche”, osservava alcuni decenni fa l’esigente rivista Cahiers du Cinema, citata ancora da Garofalo, mentre in collegamento dall'America il regista Mick Garris, ideatore della serie Masters of Horror, ammira “l’inconfondibile stile della visione” del regista romano. L’attrazione per il maestro dell’incubo, d’altronde, è trasversale: sono suoi fan Quentin Tarantino, Guillermo del Toro e perfino l’insospettabile Banana Yoshimoto.
Suspiria di Dario Argento, Italia, 1977. Manifesto. Collezione Museo Nazionale del Cinema
“Dario Argento è un maestro del cinema riconosciuto a livello internazionale”, recita la motivazione del Premio Stella della Mole, conferito al regista durante l’inaugurazione della mostra: “Ha spaziato tra giallo, thriller e horror, creando e imponendo a generazioni di spettatori il suo personalissimo immaginario, frutto di un talento figurativo fuori dal comune. Un regista, ma anche un artista, infatti il suo cinema visionario dialoga costantemente con le altre arti, creando universi visivi seducenti e messe in scena sontuose attraverso un uso vitale e libero della macchina da presa. Ogni film è una riflessione sulla natura dell’immagine e sulla sua percezione, facendo tesoro delle esperienze del pre-cinema e degli studi a cavallo tra ottica e psicanalisi. Nelle ambientazioni spettrali dei suoi film ha restituito di Torino un’immagine inedita e perturbante, che arricchisce di fascino e mistero il nostro sguardo verso la città”.
Il maestro della paura ringrazia emozionato, tra gli applausi e le note diaboliche dei Goblin.
Dario Argento. Archivio Bellomo
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