Labyrinthus
Dal 18 Maggio 2024 al 30 Ottobre 2024
Ragusa
Luogo: Parco del Castello di Donnafugata
Indirizzo: Contrada Donnafugata
Orari: 9-19 (ore 19 chiusura botteghino; permanenza permessa fino alle 19:45). Chiuso il lunedì
Curatori: Andrea Guastella
Costo del biglietto: Ingresso parco: 2 euro
Telefono per informazioni: +39 0932.676500
Sito ufficiale: http://castellodonnafugata.org
Un felice connubio fra arte contemporanea e un giardino ottocentesco, Labyrinthus propone, dal 18 maggio al 30 ottobre 2024, cinque diverse interpretazioni dei miti dedalici, affidate agli scultori Luigi Citarrella, Emanuele Scuotto, Alessia Forconi, Fulvio Merolli e Giacomo Rizzo.
Ideata e curata da Andrea Guastella, realizzata da Studio M’arte col patrocino dell’Assessorato Regionale della Funzione Pubblica e delle Autonomie Locali e del Comune di Ragusa, la mostra si articola in un tempo di sei mesi.
Le diverse opere saranno installate al centro del labirinto, a rotazione, per un intero mese. Per vederle, sarà dunque necessario “perdersi” nei meandri del labirinto, riflettendo in questo lento percorso sui miti e sulla loro attualità.
Man mano che una nuova installazione trova il suo spazio al centro del labirinto, la precedente opera avrà una nuova collocazione all’interno del giardino, creando nel corso dei mesi una mostra diffusa nel parco del castello.
La prima opera ad essere collocata al centro del labirinto sarà la Pasifae di Citarrella che, una volta trascorsi circa trenta giorni, trasportata nei pressi della chiesetta del monaco, lascerà il posto al Minotauro bambino di Emanuele Scuotto. Trasferito il minotauro nelle grotte, il medesimo “viaggio” dal labirinto al giardino sarà quindi compiuto dall’Arianna di Alessia Forconi, che andrà al coffe house, seguita da Dedalo e Icaro di Fulvio Merolli, che troverà posto presso i cenotafi. Chiuderà il Teseo di Giacomo Rizzo, che verrà infine collocato nella corte delle bifore.
L’inaugurazione di ciascuna nuova opera sarà preceduta da letture scelte, declamazioni di versi, performance musicali e di danza.
Dal testo di Andrea Guastella:
L’arte contemporanea, secondo Bonito Oliva, nasce e vive sotto il segno del labirinto: più che dare delle risposte, propone delle domande, opera sulla verità, non si abbandona al tempo ma lo precede. Pratica il labirinto "come metonimico movimento del linguaggio stesso", sentito come governato da un’erranza assoluta, un nomadismo che l’artista assume a modalità operativa di elezione. Uomo senza genealogia, sacerdote di un culto ignoto ai più, sta a lui destrutturare il linguaggio della tradizione per trasfigurarlo in mito. L’artista fonda così un regno magico e segreto al cui interno è possibile accedere al mistero della vita. Il labirinto nell’arte contemporanea non è più dunque un tema, un topos, ma il linguaggio stesso, costantemente riscritto e rinnovato da chi lo attraversa rileggendo la saga del Minotauro, di Teseo, di Dedalo e Icaro, di Arianna e di Pasifae. La storia è nota. Minosse riceve in dono da Poseidone dei tori leggendari. In segno di gratitudine, ogni anno, il sovrano è chiamato a sacrificare al dio l’animale più bello. E tuttavia, giunta l’ora di adempiere al culto, il torello più in forma gli è troppo caro, e decide di optare per una seconda scelta. Adirato per il suo comportamento, Poseidone punisce Minosse facendo sì che sua moglie Pasifae si invaghisca di un toro sino al punto di esser presa da un desiderio irresistibile di copulare con lui. Quasi impazzita per la passione indotta, la regina convince Dedalo, l’inventore di corte, a progettare uno strumento per facilitare il connubio bestiale. Così Dedalo produce una vacca di bronzo in cui Pasifae si introduce per, subito dopo, unirsi con il toro. Da quest’incontro nasce il Minotauro: sanguinaria creatura metà uomo metà toro che Dedalo, comandato da Minosse, rinchiude in un luogo da cui non possa fuggire: il labirinto. Prigione in cui il Minotauro è nutrito da giovani ateniesi, le cui vite sono offerte come tributo da Egeo, il sovrano della città. Per sottrarli al loro destino di morte, Teseo, il figlio “straniero” di Egeo, si offre di uccidere il mostro. Ci riuscirà con l’aiuto di Arianna, la figlia naturale di Minosse e di Pasifae, che consegnerà all’eroe un filo dei suoi per consentirgli di ritrovare l’uscita dal labirinto. Compiuta la sua missione, con l’aiuto di Dedalo, Teseo fuggirà via con Arianna ma, invaghitosi di Fedra, sua sorella, la abbandonerà in un’isola, in cui la fanciulla si consolerà ricevendo le attenzioni del dio Dioniso, che la prenderà in moglie. Teseo, invece, tornerà ad Atene, ma, maledetto da Arianna, dimenticherà di adempiere a una richiesta di Egeo: ammainare le vele nere con cui era salpato qualora fosse riuscito nel suo intento. Viste le navi bardate a lutto, Egeo si suiciderà. Dedalo, invece, per l’aiuto offerto ad Arianna e Teseo, verrà condannato a vivere insieme al figlio Icaro nel labirinto da lui stesso costruito. Entrambi fuggiranno in volo sulle ali di cera modellate da Dedalo: Icaro, però, avvicinandosi troppo al sole, perderà le sue ali e precipiterà al suolo. Le questioni affrontate, dai pericoli della scienza e della tecnologia all’importanza della donna e del lavoro manuale (la tessitura del filo) all’intolleranza verso l’altro, il diverso, lo straniero, sono estremamente attuali. E lo stesso si può dire per i risvolti psicologici della storia, dalla strumentalizzazione del desiderio al divampare delle passioni. In questo senso, la mostra Labyrinthus trasforma il labirinto e il parco del Castello di Donnafugata in immagini fisiche di un’epifania interiore: nei luoghi misteriosi e imprevedibili in cui cinque scultori italiani, da maggio ad ottobre 2024, sono chiamati a ritrovare se stessi e a indicarci la strada.
Emanuele Scuotto
Artista schivo, di poche parole, Emanuele si esprime attraverso l’argilla che, nelle sue mani, si trasforma in figure e simboli dal forte potere evocativo, che parlano del nostro tempo ma, anche, di ricordi e storie personali, a tratti intime. Attraverso il suo Dna marcatamente napoletano, l’artista si addentra nelle profondità dell’esistenza umana e si racconta e racconta di luce e ombra, di inquietudine e bellezza, di dolore e rinascita: tutto ciò che potrebbe scomparire nella fretta del quotidiano rimane impresso nella materia, lavorata ad arte, e si trasforma in tasselli di memoria. Emanuele osserva e rielabora, interiorizza e trasforma, alla continua ricerca di una dimensione altra da raggiungere attraverso il suo linguaggio, la sua intima urgenza, il suo pane quotidiano: la scultura.
Alessia Forconi
Alessia Forconi nasce a Roma nel 1975 e si forma tra l’Accademia di Belle Arti di Roma e quella di Carrara; negli anni partecipa a numerose mostre e concorsi ottenendo vari riconoscimenti. Realizza molte opere monumentali sia pubbliche che private. Sue sculture sono presenti in Italia, Francia, Serbia, Turchia e Giappone. In quest’ultimo paese, nel 2017, si è tenuta una sua personale nel museo cittadino di Ohtawara.
Fulvio Merolli
Fulvio Merolli segue un rigoroso percorso di studi artistici dal liceo fino all’Accademia di Belle Arti, prima quella romana e poi quella di Carrara. Dopo la laurea gli viene affidata la Cattedra di Anatomia Artistica dell’Accademia di San Remo che lascia dopo due anni a favore di un lavoro formativo professionale presso gli studi più prestigiosi della lavorazione artistica del marmo a Carrara, collaborando allo sviluppo tecnico e produttivo delle opere di alcuni artisti di riferimento dell’arte contemporanea. Dai primissimi anni 2000 collabora a Roma con studio consociato M’arte scultura. Nel corso degli anni partecipa a diverse mostre internazionali e vince vari premi, tra i quali il premo F.L. Catel per la scultura. È docente di scultura presso la RUFA di Roma.
Giacomo Rizzo
Giacomo Rizzo, nato a Palermo nel 1977, è professore di Scultura e Tecniche di fonderia presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Vive tra Palermo, Cordoba e Lima, La sua poetica si configura come una continua ricerca di estetica e linguaggio attraverso il contatto diretto con la natura e il suo territorio che diventa un luogo dell’anima per l’artista. Dall’incontro con lo spazio naturale attinge forti sensazioni e suggestioni che, insieme ad un’attenta analisi della società contemporanea, inviano, attraverso la scultura, messaggi chiari e precisi sul rapporto uomo-ambiente. Le sue opere e installazioni in relazione al territorio e all’architettura sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private e in musei internazionali.
Ideata e curata da Andrea Guastella, realizzata da Studio M’arte col patrocino dell’Assessorato Regionale della Funzione Pubblica e delle Autonomie Locali e del Comune di Ragusa, la mostra si articola in un tempo di sei mesi.
Le diverse opere saranno installate al centro del labirinto, a rotazione, per un intero mese. Per vederle, sarà dunque necessario “perdersi” nei meandri del labirinto, riflettendo in questo lento percorso sui miti e sulla loro attualità.
Man mano che una nuova installazione trova il suo spazio al centro del labirinto, la precedente opera avrà una nuova collocazione all’interno del giardino, creando nel corso dei mesi una mostra diffusa nel parco del castello.
La prima opera ad essere collocata al centro del labirinto sarà la Pasifae di Citarrella che, una volta trascorsi circa trenta giorni, trasportata nei pressi della chiesetta del monaco, lascerà il posto al Minotauro bambino di Emanuele Scuotto. Trasferito il minotauro nelle grotte, il medesimo “viaggio” dal labirinto al giardino sarà quindi compiuto dall’Arianna di Alessia Forconi, che andrà al coffe house, seguita da Dedalo e Icaro di Fulvio Merolli, che troverà posto presso i cenotafi. Chiuderà il Teseo di Giacomo Rizzo, che verrà infine collocato nella corte delle bifore.
L’inaugurazione di ciascuna nuova opera sarà preceduta da letture scelte, declamazioni di versi, performance musicali e di danza.
Dal testo di Andrea Guastella:
L’arte contemporanea, secondo Bonito Oliva, nasce e vive sotto il segno del labirinto: più che dare delle risposte, propone delle domande, opera sulla verità, non si abbandona al tempo ma lo precede. Pratica il labirinto "come metonimico movimento del linguaggio stesso", sentito come governato da un’erranza assoluta, un nomadismo che l’artista assume a modalità operativa di elezione. Uomo senza genealogia, sacerdote di un culto ignoto ai più, sta a lui destrutturare il linguaggio della tradizione per trasfigurarlo in mito. L’artista fonda così un regno magico e segreto al cui interno è possibile accedere al mistero della vita. Il labirinto nell’arte contemporanea non è più dunque un tema, un topos, ma il linguaggio stesso, costantemente riscritto e rinnovato da chi lo attraversa rileggendo la saga del Minotauro, di Teseo, di Dedalo e Icaro, di Arianna e di Pasifae. La storia è nota. Minosse riceve in dono da Poseidone dei tori leggendari. In segno di gratitudine, ogni anno, il sovrano è chiamato a sacrificare al dio l’animale più bello. E tuttavia, giunta l’ora di adempiere al culto, il torello più in forma gli è troppo caro, e decide di optare per una seconda scelta. Adirato per il suo comportamento, Poseidone punisce Minosse facendo sì che sua moglie Pasifae si invaghisca di un toro sino al punto di esser presa da un desiderio irresistibile di copulare con lui. Quasi impazzita per la passione indotta, la regina convince Dedalo, l’inventore di corte, a progettare uno strumento per facilitare il connubio bestiale. Così Dedalo produce una vacca di bronzo in cui Pasifae si introduce per, subito dopo, unirsi con il toro. Da quest’incontro nasce il Minotauro: sanguinaria creatura metà uomo metà toro che Dedalo, comandato da Minosse, rinchiude in un luogo da cui non possa fuggire: il labirinto. Prigione in cui il Minotauro è nutrito da giovani ateniesi, le cui vite sono offerte come tributo da Egeo, il sovrano della città. Per sottrarli al loro destino di morte, Teseo, il figlio “straniero” di Egeo, si offre di uccidere il mostro. Ci riuscirà con l’aiuto di Arianna, la figlia naturale di Minosse e di Pasifae, che consegnerà all’eroe un filo dei suoi per consentirgli di ritrovare l’uscita dal labirinto. Compiuta la sua missione, con l’aiuto di Dedalo, Teseo fuggirà via con Arianna ma, invaghitosi di Fedra, sua sorella, la abbandonerà in un’isola, in cui la fanciulla si consolerà ricevendo le attenzioni del dio Dioniso, che la prenderà in moglie. Teseo, invece, tornerà ad Atene, ma, maledetto da Arianna, dimenticherà di adempiere a una richiesta di Egeo: ammainare le vele nere con cui era salpato qualora fosse riuscito nel suo intento. Viste le navi bardate a lutto, Egeo si suiciderà. Dedalo, invece, per l’aiuto offerto ad Arianna e Teseo, verrà condannato a vivere insieme al figlio Icaro nel labirinto da lui stesso costruito. Entrambi fuggiranno in volo sulle ali di cera modellate da Dedalo: Icaro, però, avvicinandosi troppo al sole, perderà le sue ali e precipiterà al suolo. Le questioni affrontate, dai pericoli della scienza e della tecnologia all’importanza della donna e del lavoro manuale (la tessitura del filo) all’intolleranza verso l’altro, il diverso, lo straniero, sono estremamente attuali. E lo stesso si può dire per i risvolti psicologici della storia, dalla strumentalizzazione del desiderio al divampare delle passioni. In questo senso, la mostra Labyrinthus trasforma il labirinto e il parco del Castello di Donnafugata in immagini fisiche di un’epifania interiore: nei luoghi misteriosi e imprevedibili in cui cinque scultori italiani, da maggio ad ottobre 2024, sono chiamati a ritrovare se stessi e a indicarci la strada.
Emanuele Scuotto
Artista schivo, di poche parole, Emanuele si esprime attraverso l’argilla che, nelle sue mani, si trasforma in figure e simboli dal forte potere evocativo, che parlano del nostro tempo ma, anche, di ricordi e storie personali, a tratti intime. Attraverso il suo Dna marcatamente napoletano, l’artista si addentra nelle profondità dell’esistenza umana e si racconta e racconta di luce e ombra, di inquietudine e bellezza, di dolore e rinascita: tutto ciò che potrebbe scomparire nella fretta del quotidiano rimane impresso nella materia, lavorata ad arte, e si trasforma in tasselli di memoria. Emanuele osserva e rielabora, interiorizza e trasforma, alla continua ricerca di una dimensione altra da raggiungere attraverso il suo linguaggio, la sua intima urgenza, il suo pane quotidiano: la scultura.
Alessia Forconi
Alessia Forconi nasce a Roma nel 1975 e si forma tra l’Accademia di Belle Arti di Roma e quella di Carrara; negli anni partecipa a numerose mostre e concorsi ottenendo vari riconoscimenti. Realizza molte opere monumentali sia pubbliche che private. Sue sculture sono presenti in Italia, Francia, Serbia, Turchia e Giappone. In quest’ultimo paese, nel 2017, si è tenuta una sua personale nel museo cittadino di Ohtawara.
Fulvio Merolli
Fulvio Merolli segue un rigoroso percorso di studi artistici dal liceo fino all’Accademia di Belle Arti, prima quella romana e poi quella di Carrara. Dopo la laurea gli viene affidata la Cattedra di Anatomia Artistica dell’Accademia di San Remo che lascia dopo due anni a favore di un lavoro formativo professionale presso gli studi più prestigiosi della lavorazione artistica del marmo a Carrara, collaborando allo sviluppo tecnico e produttivo delle opere di alcuni artisti di riferimento dell’arte contemporanea. Dai primissimi anni 2000 collabora a Roma con studio consociato M’arte scultura. Nel corso degli anni partecipa a diverse mostre internazionali e vince vari premi, tra i quali il premo F.L. Catel per la scultura. È docente di scultura presso la RUFA di Roma.
Giacomo Rizzo
Giacomo Rizzo, nato a Palermo nel 1977, è professore di Scultura e Tecniche di fonderia presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Vive tra Palermo, Cordoba e Lima, La sua poetica si configura come una continua ricerca di estetica e linguaggio attraverso il contatto diretto con la natura e il suo territorio che diventa un luogo dell’anima per l’artista. Dall’incontro con lo spazio naturale attinge forti sensazioni e suggestioni che, insieme ad un’attenta analisi della società contemporanea, inviano, attraverso la scultura, messaggi chiari e precisi sul rapporto uomo-ambiente. Le sue opere e installazioni in relazione al territorio e all’architettura sono presenti in numerose collezioni pubbliche e private e in musei internazionali.
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