Geometrico Trip South. Cordova / Siviglia / Jerez
Dal 10 Maggio 2018 al 16 Giugno 2018
Roma
Luogo: Instituto Cervantes
Indirizzo: piazza Navona 91
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06.686 1871
E-Mail info: cenrom@cervantes.es
Sito ufficiale: http://www.roma.cervantes.es/
La geometria, che nasce dall’osservazione della natura ed è presente in numerosi documenti storici, si è resa sempre più presente nella vita quotidiana della società a partire dal XX secolo. L’assetto territoriale e la progettazione delle nostre case e delle nostre città, l’arredo urbano, gli oggetti domestici e di uso quotidiano che ci circondano si nutrono dei principi e delle combinazioni geometriche, influenzando l’arte.
Inaugura giovedì 10 maggio alle ore 18.30, presso la Sala Dalí dell’Instituto Cervantes di Roma, la mostra “Geometrico Trip South”, collettiva che raccoglie 75 opere di 4 artisti andalusi: Jose María Baez, Fernando Clemente, José Miguel Pereñíguez e Fernando M. Romero. La mostra - visitabile gratuitamente dal mercoledì al sabato dalle 16 alle 20 – arriva per la prima volta in Italia dopo il debutto al Rafael Botí Art Centerdi Córdoba e resterà fino al 16 giugno 2018 a Roma.
Le opere esposte nella sala di piazza Navona, 91 non sono raggruppate per autore (come avviene generalmente in questo tipo di esposizione) bensì disposte in modo che siano in sintonia tra loro e con gli ambienti delle sale. L’asse Córdoba/Siviglia/Jerez, al quale allude il sottotitolo della mostra, corrisponde alla provenienza geografica degli artisti che hanno preso parte a questo progetto espositivo.
“Geometrico Trip South”, ha l’obiettivo di rispondere ad alcuni interrogativi: la geometria può continuare ad essere una scelta utile nell’arte? La sua indeterminazione può spiegare il nostro mondo? Può rispecchiare la corruzione del linguaggio e le mistificazioni politiche della realtà? Come possiamo documentare e raccontare il nostro presente senza rinunciare agli aspetti eroici, trasparenti ed esemplari della geometria?
Nel terzo millennio la realtà è mascherata e dimostra che facciamo parte di una messa in scena. Il modo di costruire il nostro presente è parte di una rappresentazione; il futuro appare confuso, così come le certezze. Tutto è filtrato dall’idea di confusione e provvisorietà e ogni azione arbitraria ha una propria ragion d’essere. Lungi dalle intenzioni utopiche e programmatiche del passato, oggi la geometria si configura come uno strumento audace, una risorsa visiva in grado di descrivere un mondo complesso e un linguaggio che non ha il timore di inciampare nel racconto “corrotto” del nostro tempo.
Al vernissage della mostra organizzata da Diputación de Corboba, Fundación Rafael Botí e Instituto Cervantes di Roma, interverranno - giovedì 10 maggio alle ore 18.30 - gli artisti Jose María Baez e Fernando Clemente, l’Ambasciatore di Spagna in Italia, Jesús M. Gracia Aldaz,la delegata di Cultura della Diputación de Cordoba, Marisa Ruz Garcíae il direttore dell’Instituto Cervantes di Roma, Juan Carlos Reche.
Dialogo tra José María Baez, Fernando Clemente, José Miguel Pereñíguez e Fernando M. Romero
DA GILLO DORFLES A FRANK ZAPPA
-A: L’altro giorno, sfogliando un testo di Gillo Dorfles, un autore molto importante nel campo dell’ estetica degli anni ‘60, ho notato un invecchiamento e una perdita di interesse in gran parte dei suoi ragionamenti. Tuttavia, nel riesaminare i dipinti e le opere alle quali faceva riferimento, se inserite in un contesto storico ben preciso, esse continuano ad avere vita, ad essere efficaci dal punto di vista visivo. È come se fosse la vendetta delle immagini su quei testi che avevo cercato di decifrarle.
-C: La verità è che, trascorso un certo periodo di tempo, è difficile accettare il valore della letteratura su quello dell’arte. Bisogna impegnarsi e cercare di immedesimersi nella situazione. In passato si parlava di certe cose con maggiore proprità e precisione, e talvolta non in peggio. Però è come dici: l’arte necessita di un certo distacco e di un pò di tempo.
-A: I discorsi si costruiscono su archetipi e necessità del presente. Il tempo finisce per filtrare tutto ciò che facciamo; tuttavia è interessante notare come le immagini e i dipinti abbiano la capacità di sorprendere e di trascendere il racconto del presente. Vedi quadri e dipinti che, seppur contestualizzati nel periodo in cui sono stati creati, continuano a evidenziare nuovi elementi, aspetti che non erano stati percepiti sul momento.
-C: Si, è curioso, però secondo me si tratta di un fenomeno ambiguo. Le opere rimandano al periodo in cui furono create, però alcune ci riescono, altre no. Alcune ne conservano il tanfo, altre il profumo. E lo stesso accade con la musica. C’è la musica che ha tutto il ritmo del presente e puoi ascoltarla, goderne e rimanerne affascinato; e c’è invece quella in cui tutto questo non avviene. Sono tutti trucchi del tempo. Non so bene il perchè tutto ciò accada, ma sono queste differenze alla fine a decretare il successo o il fallimento di un’ opera rispetto alle altre.
-B: In realtà, esistono opere che sono rappresentative di fasi che man mano sono state superate e quest’idea di superamento è immediatamente visibile. L’opera stessa dimostra che una certa fase è stata assimilata. Tutte le opere “satellite” o i dipinti frutto di una moda o di una tendenza diffusa in tutto il mondo, sono quelle che poi vengono dimenticate più facilmente. Le opere più notevoli, invece...
-D: ...Quelle che hanno la capacità di anticipare i tempi...
-B: ...Esatto, quelle che dimostrano di riflettere una certa fase e che orientano la creazione delle altre opere, sono quelle che alla fine sono in grado di incarnare il presente.
-D: Questa è la differenza tra “giungere” a una soluzionee “ricorrere ” a una soluzione. Quando si trova una risposta o una soluzione e questa diventa un rimedio costante, una formula, si finisce per creare opere che col passare del tempo mostrano le loro carenze e si rivelano banali rispetto ad altre che riflettono invece qualcosa di più profondo... E adesso che vedo qui questo manifesto di Zappa e tornando a ciò che dicevamo prima su Gillo Dorfles, immagino sappiate che Zappa diceva che scrivere di musica (di arte, in questo caso) è come danzare sulle fotografie, cioè che cercare di spiegare l’interiorità con l’interiorità non rende il concetto più chiaro.
-C: Su questo io sono un pò più flessibile. Perchè non si può danzare sulle fotografie? In questa trasposizione succede sempre qualcosa e poi ognuno si difende nel proprio campo come può.
-D: Si, d’accordo. Scrivere di pittura significa incorrere in un precesso di trasposizione nel quale tutto può accadere. Il problema, come sosteneva anche Zappa, si pone quando lo consideriamo un modo per motivare il nostro operato.
DA QUICO RIVAS A HARMONY KORINE
-A: Il punto è che dalle nostre parti c’è un’ elasticità formale, quando si tratta di scrivere di arte. In generale si ricorre ad un linguaggio alquanto criptico e si trascurano approcci più diretti.
-C: Forse il problema è che gli esperti provengono dall’ambito accademico.
-A: ...Danno l’impressione di prendersi troppo sul serio.
-C: Ad eccezione di Quico Rivas e altri quattro matti che agiscono come cecchini. Tutti gli altri lo fanno dall’alto della loro cattedra.
-D: Ècome avere una chiave. L’artista è come un fabbro ferraio che possiede le chiavi per svelare e interpretare la realtà. Però non credo che con un testo si possa “aprire” o interpretare un dipinto.
-C: Oggigiorno non credo che tali canoni siano necessari. In passato, quando c’era verità, avevano senso, ma oggi non trovo che siano così necessari.
-B: La complessità dei supporti attuali (non parliamo solo di pittura o scultura come nel passato) sembra rendere necessaria questa intermediazione...
-A: Si, tuttavia credo che questa intermediazione non abbia senso a partire dall’ermetismo. Se il linguaggio del tempo già è presente nelle opere, sarebbe opportuno un approccio ad esse meno formale. Potremmo farlo in maniera più personale e critica. Sto pensado al metodo che utilizzò Harmony Korine in una intervista a David Ostrowski con domande del tipo: “Come hai trascorso l’infanzia?”, “Ti piacciono i film?”, “In quale momento della giornata dipingi?”, “Hai mai commesso crimini?”, “Credi agli alieni?”.
RIGUARDO I LUOGHI IN CUI SI LAVORA
-A: Questo studio multiplo che avete, mi incuriosisce molto. Per me, che appartengo a una generazione diversa, è una rarità poichè ho sempre concepito la produzione artistica nella solitudine. Voi, invece, qui a Siviglia avete una specie di comune.
-B: Io ho trascorso due anni in uno studio da solo e stavo per dare in escandescenza. Sono sempre stato abituato a condividere lo studio, ne ho bisogno.
-D: Èsempre più comune la condivisione dello studio.
-A: Si, però per ragioni economiche.
-D: A Berlino o a Londra è normale. Èraro invece trovare qualcuno che lavori da solo, e in tal caso, le quattro porte che ha accanto alla sua, sarebbero altrettanti studi.
-B: Io credo di aver lavorato da solo per otto anni.
-A: E quando sarete delle celebrità diventerete delle prime donne? Continuerete a lavorare in uno studio associato?
-B: Certamente, anche se avremmo bisogno di uno spazio più grande...
-C: Io credo che le celebrità sostituisccano i colleghi con gli assistenti. Non hanno a portata di mano i colleghi con cui dialogare però possono utilizzare il frustino con gli assistenti.
-B: Per quanto un artista possa mettere passione in ciò che fa, io mi annoierei a morte se stessi in uno studio da solo. Quando sei concentrato non vuoi che nessuno ti dia fastidio, però io ho bisogno di arrivare in studio e trovare i miei colleghi con i quali sedermi e parlare, confrontare le idee, chiedere consigli sull’opera che sto creando. Per me è necessario discutere sulle dubbi e incertezze che credo abbiamo tutti noi artisti. Non solo ho condiviso lo studio, ho partecipato a lavori di gruppo per creare opere in comune. Mi piace l’ interazione e il confronto tra persone diverse.
RIGUARDO I MODELLI SUI QUALI SI LAVORA
-A: E il fatto che la geometria sia un comune denominatore del lavoro di questo studio associato...
-B: A me fa piacere che le nostre forze confluiscano in un unico progetto. Difatti l’esposizione “VEO GEO” è nata così. La geometria è una risorsa che utilizziamo in molti.
-C: Parla per te.
-B: Ok, parla per te anche tu che non ti emanciperai dalla geometria, almeno per adesso.
-C: Però guarda che possiedo opere geometriche di qualsiasi periodo, quasi. Come spettatore mi è sempre piaciuta e in molte occasioni mi sono cimentato in questo genere. C’è sempre stato qualcosa della geometria nei vari modelli sui quali ho lavorato, anche se adesso il mio lavoro è più sistematico. C’è sempre stato un filo conduttore celato in tutto ciò che faccio. Forse adesso c’è più metodo. Anche se detto così mi sembra una presa di posizione, mi interessa più la parte costruttiva della geometria rispetto alla parte più puramente estetica.
-A: La sostanza, quindi.
-C: Si, anche se forse la grande differenza è che adesso la geometria non è percepita come una soluzione generica, per così dire, nella vita ordinaria delle persone. Èpiù in percorso individuale. Tuttavia a me interessa questo lavoro in cui nel momento in cui costruisci qualcosa, costruisci te stesso.
-A: Èevidente che la geometria oggi non ha la stessa natura programmatica che aveva in passato.
-C: Diciamo che oggi è difficile comprare il pacchetto completo come programma ideologico. Oggi sappiamo che i successi si raggiungono poco alla volta. Ricordo che una volta ebbi una specie di illuminazione in un McDonald’s e che finii per convincermi che ciò sarebbe impossibile senza l’esistenza del movimento moderno. Cioè che le cose, alla fine, trionfano non nel senso ideale che si propongono gli artisti, ma nella loro forma più paradossale e insolita.
-B: La geometria si associa ad una sorta di formalismo.
-D: Storicamente, la geometria ha sempre avuto questa pecca, anche se nel presente ne risente in maniera meno evidente.
-B: Tuttavia anche nelle opere dal contenuto più attivista è presente sia formalismo che leggerezza...
-C: E c’è anche una buona dose di estetismo mascherato da attivismo!
-D: E anche la leggerezza e soprattutto l’ovvietà possono essere maggiormente riscontrate in questo campo piuttosto che nella geometria, però tornando a quanto detto prima, ossia che quando costruisci qualcosa, costruisci anche te stesso: l’idea dell’arte geometrica è quella di costruire una nuova società, ossia plasmare gli altri attraverso la geometria, ma credo che noi artisti che ci serviamo della geometria oggi, lo facciamo da una posizione più defilata, per così dire. Per lo meno nel mio caso, la geometria è come uno schermo, un metodo qualsiasi, una traccia predefinita.
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