L’innovazione dopo l’emergenza
Il futuro è phygital. I musei e la sfida del digitale
Pitture rupestri nella Cripta del Peccato Originale, Matera | Foto: Synchronos, Matera
Francesca Grego
27/05/2020
Milano - Come sono cambiate negli ultimi mesi le attività online di musei e siti archeologici? Quali sono gli strumenti digitali più utili per migliorare la fruizione culturale? Quale sarà l’impatto a lungo termine di questo periodo di lockdown sul nostro modo di vivere il museo? Come si evolverà nel prossimo futuro il rapporto tra visite sul posto ed esperienze a distanza? Se ne è parlato questa mattina durante il convegno online Dall’emergenza nuovi paradigmi per la cultura a cura dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali del Politecnico di Milano. Studiosi, professionisti delle tecnologie e operatori culturali si sono riuniti ad analizzare questo delicato momento di passaggio sulla base dei dati raccolti dagli esperti dell’università milanese nell’ambito di una ricerca in atto dal 2016. Sotto la lente di ingrandimento, le attività di un campione rappresentativo costituito da un centinaio di musei, siti monumentali e aree archeologiche italiane.
Per interpretare i cambiamenti in atto, spiegano le direttrici dell’Osservatorio Deborah Agostino ed Eleonora Lorenzini, è necessario fare un passo indietro: l’emergenza degli ultimi mesi ha solo accelerato una tendenza attiva da almeno 15 anni. Che cosa ci dicono i dati raccolti dall’Osservatorio? Tra audioguide, app da usare durante il tour al museo, dispositivi di realtà virtuale e di realtà aumentata, fino all’inizio di quest’anno il digitale costituiva sostanzialmente un supporto all’esperienza di visita, mentre gli addetti ai lavori procedevano alla digitalizzazione di archivi e collezioni. Tra il 2019 e il 2020 i musei dotati di siti mobile friendly crescono del 25%, così come si espande rispettivamente del 76% e del 45% la presenza delle stesse istituzioni su Facebook e Instagram. Durante il lockdown i fruitori rispondono bene alla proliferazione di tour virtuali e pillole d’arte: i follower dei musei aumentano sui principali canali social, in parallelo con le interazioni (tranne che per Instagram, che al momento resta soprattutto una vetrina di immagini). A volte, tuttavia, i numeri sono impietosi: il 76% dei musei e dei siti coinvolti, per esempio, manca totalmente di un piano di innovazione digitale, mentre più del 50% non dispone di figure professionali dedicate. Il primo passo verso il futuro, insomma, sarà inglobare le nuove pratiche nella normalità, uscendo da un’ottica di emergenza.
Foto: pxfuel.com
Nuovi modelli per la cultura: le scommesse del Phygital
Perché la trasformazione sia efficace l’Osservatorio individua quattro fattori: un piano di innovazione strutturato, la messa a punto di strumenti a supporto del customer journey, ovvero dell’esperienza di fruizione, la disponibilità di competenze specifiche e una realistica valutazione di carattere economico. E poiché i contenuti digitali non piovono dal cielo, presto i musei dovranno scegliere se offrirli al pubblico gratuitamente o dietro pagamento, escogitando formule sufficientemente accattivanti. È in arrivo il famigerato “Netflix della cultura”? Secondo le ricerche del Politecnico sono due i requisiti in grado di convincere il pubblico dei musei ad acquistare contenuti online: l’interattività e la possibilità di personalizzare l’esperienza. “Pensiamo, per esempio, a una visita guidata a museo chiuso in compagnia del direttore o di un esperto. I partecipanti potrebbero essere un gruppo di americani collegati da Oltreoceano”, spiega la direttrice Lorenzini. “Uno scenario di questo tipo apre nuovi spazi per l’internazionalizzazione dei nostri musei, magari promuovendo queste iniziative in partnership con istituzioni straniere”.
Intanto, accanto alla vendita di spazi pubblicitari, al merchandising online o all’offerta di immagini a pagamento, si fa strada l’idea di usare le tecnologie digitali come base per abbonamenti integrati che includano esperienze dal vivo e fruizione a distanza. Siamo a quello che il responsabile scientifico dell’Osservatorio Michela Arnaboldi definisce ecosistema phygital: un ambiente ibrido tra il fisico e il digitale in cui siamo già immersi da tempo, che accanto a musei, poli culturali e parchi archeologici comprende piattaforme web, social network, siti di e-commerce, blog e siti in cui cerchiamo informazioni sugli eventi da frequentare. A questo ambiente, continua la professoressa, è legata la nostra condizione di “umani aumentati”, che a partire dal ricorso costante al cellulare si estende ai numerosi dispositivi che, come protesi, espandono i nostri sensi e ci trasformano in creature multitasking. Gli inconvenienti di questa situazione li sperimentiamo ogni giorno, spiega Arnaboldi, ma siamo del tutto consapevoli delle opportunità che ci offre?
Partirà da qui, a settembre, una nuova tappa dell’indagine dell’Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano: per capire come può essere vissuta l’esperienza phygital, misurarne il valore culturale al di là del numero di follower e dei biglietti staccati, valutarne la sostenibilità economica e definire gli standard tecnologici indispensabili per una fruizione di qualità.
Quotidianità digital | Foto: pxhere.com
Sei esperimenti per un salto nel futuro
Il convegno è anche un’occasione per fare il punto sulle esperienze già in atto sul terreno del digitale applicato alla cultura: un universo vasto e variegato, come mostra il ventaglio di casi presi in esame. Dall’Osservatorio arrivano il progetto MuseiAperti, che durante il lockdown ha portato contenuti educativi a misura di bambino direttamente a casa attraverso una piattaforma Microsoft, e Culture, Go Digital!, un sito studiato per aiutare le istituzioni culturali a sfruttare al meglio gli strumenti offerti dalle tecnologie. Nella stessa direzione di muove Fondazione Cariplo con un programma di innovazione museale destinato a realtà che l’emergenza Covid-19 ha messo a rischio: il cuore del progetto, racconta il Programme Officer Arte e Cultura Michele Andreoletti, è l’incontro tra musei e industrie creative ad alto contenuto di innovazione in grado di fornire un supporto a 360 gradi, dalla produzione di eventi e contenuti fino alla distribuzione e alla comunicazione.
Ben prima del lockdown, il Parco Archeologico di Pompei ha scelto invece di sperimentare un uso integrato delle tecnologie video con l’obiettivo di una visita sicura sotto ogni profilo: droni, braccialetti, dispositivi di videosorveglianza e videoanalisi, telecamere termiche sono gli strumenti previsti da Sm@rt Pompei per proteggere il patrimonio da vandalismi, furti e incidenti, ma anche gli operatori del Parco e i visitatori durante la riapertura.
A coronare la mattinata sono i vincitori del Premio Gianluca Spina per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali: il progetto Vicinato a Pozzo del Comune di Matera, che sfrutta le caratteristiche non invasive del projection mapping per raccontare il passato tra le grotte dei Sassi, e 9CentRO del Polo del Novecento di Torino, che rende accessibili le memorie del Secolo Breve riunendo su una piattaforma online l’immenso patrimonio degli archivi.
Per interpretare i cambiamenti in atto, spiegano le direttrici dell’Osservatorio Deborah Agostino ed Eleonora Lorenzini, è necessario fare un passo indietro: l’emergenza degli ultimi mesi ha solo accelerato una tendenza attiva da almeno 15 anni. Che cosa ci dicono i dati raccolti dall’Osservatorio? Tra audioguide, app da usare durante il tour al museo, dispositivi di realtà virtuale e di realtà aumentata, fino all’inizio di quest’anno il digitale costituiva sostanzialmente un supporto all’esperienza di visita, mentre gli addetti ai lavori procedevano alla digitalizzazione di archivi e collezioni. Tra il 2019 e il 2020 i musei dotati di siti mobile friendly crescono del 25%, così come si espande rispettivamente del 76% e del 45% la presenza delle stesse istituzioni su Facebook e Instagram. Durante il lockdown i fruitori rispondono bene alla proliferazione di tour virtuali e pillole d’arte: i follower dei musei aumentano sui principali canali social, in parallelo con le interazioni (tranne che per Instagram, che al momento resta soprattutto una vetrina di immagini). A volte, tuttavia, i numeri sono impietosi: il 76% dei musei e dei siti coinvolti, per esempio, manca totalmente di un piano di innovazione digitale, mentre più del 50% non dispone di figure professionali dedicate. Il primo passo verso il futuro, insomma, sarà inglobare le nuove pratiche nella normalità, uscendo da un’ottica di emergenza.
Foto: pxfuel.com
Nuovi modelli per la cultura: le scommesse del Phygital
Perché la trasformazione sia efficace l’Osservatorio individua quattro fattori: un piano di innovazione strutturato, la messa a punto di strumenti a supporto del customer journey, ovvero dell’esperienza di fruizione, la disponibilità di competenze specifiche e una realistica valutazione di carattere economico. E poiché i contenuti digitali non piovono dal cielo, presto i musei dovranno scegliere se offrirli al pubblico gratuitamente o dietro pagamento, escogitando formule sufficientemente accattivanti. È in arrivo il famigerato “Netflix della cultura”? Secondo le ricerche del Politecnico sono due i requisiti in grado di convincere il pubblico dei musei ad acquistare contenuti online: l’interattività e la possibilità di personalizzare l’esperienza. “Pensiamo, per esempio, a una visita guidata a museo chiuso in compagnia del direttore o di un esperto. I partecipanti potrebbero essere un gruppo di americani collegati da Oltreoceano”, spiega la direttrice Lorenzini. “Uno scenario di questo tipo apre nuovi spazi per l’internazionalizzazione dei nostri musei, magari promuovendo queste iniziative in partnership con istituzioni straniere”.
Intanto, accanto alla vendita di spazi pubblicitari, al merchandising online o all’offerta di immagini a pagamento, si fa strada l’idea di usare le tecnologie digitali come base per abbonamenti integrati che includano esperienze dal vivo e fruizione a distanza. Siamo a quello che il responsabile scientifico dell’Osservatorio Michela Arnaboldi definisce ecosistema phygital: un ambiente ibrido tra il fisico e il digitale in cui siamo già immersi da tempo, che accanto a musei, poli culturali e parchi archeologici comprende piattaforme web, social network, siti di e-commerce, blog e siti in cui cerchiamo informazioni sugli eventi da frequentare. A questo ambiente, continua la professoressa, è legata la nostra condizione di “umani aumentati”, che a partire dal ricorso costante al cellulare si estende ai numerosi dispositivi che, come protesi, espandono i nostri sensi e ci trasformano in creature multitasking. Gli inconvenienti di questa situazione li sperimentiamo ogni giorno, spiega Arnaboldi, ma siamo del tutto consapevoli delle opportunità che ci offre?
Partirà da qui, a settembre, una nuova tappa dell’indagine dell’Osservatorio Innovazione Digitale del Politecnico di Milano: per capire come può essere vissuta l’esperienza phygital, misurarne il valore culturale al di là del numero di follower e dei biglietti staccati, valutarne la sostenibilità economica e definire gli standard tecnologici indispensabili per una fruizione di qualità.
Quotidianità digital | Foto: pxhere.com
Sei esperimenti per un salto nel futuro
Il convegno è anche un’occasione per fare il punto sulle esperienze già in atto sul terreno del digitale applicato alla cultura: un universo vasto e variegato, come mostra il ventaglio di casi presi in esame. Dall’Osservatorio arrivano il progetto MuseiAperti, che durante il lockdown ha portato contenuti educativi a misura di bambino direttamente a casa attraverso una piattaforma Microsoft, e Culture, Go Digital!, un sito studiato per aiutare le istituzioni culturali a sfruttare al meglio gli strumenti offerti dalle tecnologie. Nella stessa direzione di muove Fondazione Cariplo con un programma di innovazione museale destinato a realtà che l’emergenza Covid-19 ha messo a rischio: il cuore del progetto, racconta il Programme Officer Arte e Cultura Michele Andreoletti, è l’incontro tra musei e industrie creative ad alto contenuto di innovazione in grado di fornire un supporto a 360 gradi, dalla produzione di eventi e contenuti fino alla distribuzione e alla comunicazione.
Ben prima del lockdown, il Parco Archeologico di Pompei ha scelto invece di sperimentare un uso integrato delle tecnologie video con l’obiettivo di una visita sicura sotto ogni profilo: droni, braccialetti, dispositivi di videosorveglianza e videoanalisi, telecamere termiche sono gli strumenti previsti da Sm@rt Pompei per proteggere il patrimonio da vandalismi, furti e incidenti, ma anche gli operatori del Parco e i visitatori durante la riapertura.
A coronare la mattinata sono i vincitori del Premio Gianluca Spina per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali: il progetto Vicinato a Pozzo del Comune di Matera, che sfrutta le caratteristiche non invasive del projection mapping per raccontare il passato tra le grotte dei Sassi, e 9CentRO del Polo del Novecento di Torino, che rende accessibili le memorie del Secolo Breve riunendo su una piattaforma online l’immenso patrimonio degli archivi.
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