Una scoperta unica documenta l’artigianato dell’Urbe antica
Una fornace romana riemerge nel giardino di Palazzo Corsini
Scavi della fornace di Palazzo Corsini. crediti Soprintendenza Speciale di Roma - D'Agostini - Sansonetti
Francesca Grego
17/04/2019
Roma - Nel sottosuolo di Roma, si sa, anfore e cocci abbondano. Ma mai prima d’ora era capitato di poter risalire alla fonte di questi reperti. Oggi il giardino di Palazzo Corsini, sede dell’omonimo museo e dell’Accademia dei Lincei, restituisce i resti di una fornace di età imperiale, preziosa testimonianza dell’artigianato dell’Urbe antica e della sua attività di trasformazione di materie prime provenienti da ogni angolo del mondo allora conosciuto.
Dal I al III secolo d.C. oggetti in terracotta, ceramiche invetriate e forse anche recipienti in vetro sono usciti dal grande laboratorio di 15 metri per 18 ritrovato alle pendici del Gianicolo. A svelare la sua funzione agli archeologi è stata la presenza di superfici usate per lavori artigianali e, soprattutto, di un piano in concotto i cui colori virano dal giallo ocra al rosso: segno delle alte temperature raggiunte dalla fornace, su cui gli esperti indagheranno ulteriormente per definire l’esatta natura degli oggetti prodotti, a prima vista delle lucerne.
Dopo il saggio preventivo condotto nell’aprile 2018 e lo scavo stratigrafico dello scorso febbraio, la Soprintendenza Speciale di Roma per Archeologia Belle Arti e Paesaggio annuncia che le indagini proseguiranno intorno al sito, che ha già rivelato la presenta di almeno due stratificazioni successive, lasciando intravedere una ricca storia da ricostruire.
Intanto, accanto all’ambiente principale della fornace, gli archeologi hanno rinvenuto due file di anfore, di quelle solitamente usate per il trasporto dell’olio, oltre a cocci e recipienti in ceramica danneggiati. Sembra facciano parte di un ingegnoso sistema di raccolta, decantazione e drenaggio delle acque che dall’alto del Gianicolo scendevano verso il Tevere, come dimostra la collocazione dei vasi all’interno di una stretta galleria con diversi salti di quota.
In attesa di completare lo studio del sito, la fornace di Palazzo Corsini sarà nuovamente interrata per proteggerla dagli agenti atmosferici, mentre i reperti venuti alla luce saranno presto esposti al pubblico presso l’adiacente Accademia dei Lincei. La Soprintendenza e l’istituto trasteverino stanno mettendo a punto un piano di fruizione e valorizzazione, che includerà certamente incontri e conferenze volti a esplorare la storia del quartiere e il contesto delle scoperte.
In effetti dal punto di vista archeologico quella di Trastevere è un’area che aspetta ancora di essere analizzata a fondo. Sappiamo che in età repubblicana veniva qui a occuparsi delle sue terre il console Lucio Quinzio Cincinnato e che, più tardi, sorse da queste parti la bellissima Villa della Farnesina, secondo la tradizione appartenuta a Clodia, la Lesbia cantata da Catullo. Oggi i suoi affreschi sono esposti nelle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, mentre i resti dell’edificio sono andati distrutti da tempo, in seguito alla costruzione degli argini del Tevere.
E se il colle del Gianicolo fu già nella prima età imperiale il luogo di lussuose tenute patrizie, scendendo verso il fiume il suolo si faceva acquitrinoso e l’aria meno salubre. La presenza del Tevere come via navigabile e riserva d’acqua, tuttavia, favorì la costruzione di enormi horrea – magazzini di grano e altre merci – come di botteghe artigiane, attività commerciali e modeste abitazioni. E sempre a proposito di depositi, impossibile non citare le Cellae Vinariae Nova e Arruntiana, poco distanti dal Sepolcro dei Platorini, che possiamo ammirare ricostruito di tutto punto al Museo Romano delle Terme di Diocleziano.
Un nuovo tassello si aggiunge ora alla storia di Trastevere e del Gianicolo, un unicum che dà conto delle fiorenti attività manifatturiere della Caput Mundi nel pieno del suo splendore.
Dal I al III secolo d.C. oggetti in terracotta, ceramiche invetriate e forse anche recipienti in vetro sono usciti dal grande laboratorio di 15 metri per 18 ritrovato alle pendici del Gianicolo. A svelare la sua funzione agli archeologi è stata la presenza di superfici usate per lavori artigianali e, soprattutto, di un piano in concotto i cui colori virano dal giallo ocra al rosso: segno delle alte temperature raggiunte dalla fornace, su cui gli esperti indagheranno ulteriormente per definire l’esatta natura degli oggetti prodotti, a prima vista delle lucerne.
Dopo il saggio preventivo condotto nell’aprile 2018 e lo scavo stratigrafico dello scorso febbraio, la Soprintendenza Speciale di Roma per Archeologia Belle Arti e Paesaggio annuncia che le indagini proseguiranno intorno al sito, che ha già rivelato la presenta di almeno due stratificazioni successive, lasciando intravedere una ricca storia da ricostruire.
Intanto, accanto all’ambiente principale della fornace, gli archeologi hanno rinvenuto due file di anfore, di quelle solitamente usate per il trasporto dell’olio, oltre a cocci e recipienti in ceramica danneggiati. Sembra facciano parte di un ingegnoso sistema di raccolta, decantazione e drenaggio delle acque che dall’alto del Gianicolo scendevano verso il Tevere, come dimostra la collocazione dei vasi all’interno di una stretta galleria con diversi salti di quota.
In attesa di completare lo studio del sito, la fornace di Palazzo Corsini sarà nuovamente interrata per proteggerla dagli agenti atmosferici, mentre i reperti venuti alla luce saranno presto esposti al pubblico presso l’adiacente Accademia dei Lincei. La Soprintendenza e l’istituto trasteverino stanno mettendo a punto un piano di fruizione e valorizzazione, che includerà certamente incontri e conferenze volti a esplorare la storia del quartiere e il contesto delle scoperte.
In effetti dal punto di vista archeologico quella di Trastevere è un’area che aspetta ancora di essere analizzata a fondo. Sappiamo che in età repubblicana veniva qui a occuparsi delle sue terre il console Lucio Quinzio Cincinnato e che, più tardi, sorse da queste parti la bellissima Villa della Farnesina, secondo la tradizione appartenuta a Clodia, la Lesbia cantata da Catullo. Oggi i suoi affreschi sono esposti nelle sale del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, mentre i resti dell’edificio sono andati distrutti da tempo, in seguito alla costruzione degli argini del Tevere.
E se il colle del Gianicolo fu già nella prima età imperiale il luogo di lussuose tenute patrizie, scendendo verso il fiume il suolo si faceva acquitrinoso e l’aria meno salubre. La presenza del Tevere come via navigabile e riserva d’acqua, tuttavia, favorì la costruzione di enormi horrea – magazzini di grano e altre merci – come di botteghe artigiane, attività commerciali e modeste abitazioni. E sempre a proposito di depositi, impossibile non citare le Cellae Vinariae Nova e Arruntiana, poco distanti dal Sepolcro dei Platorini, che possiamo ammirare ricostruito di tutto punto al Museo Romano delle Terme di Diocleziano.
Un nuovo tassello si aggiunge ora alla storia di Trastevere e del Gianicolo, un unicum che dà conto delle fiorenti attività manifatturiere della Caput Mundi nel pieno del suo splendore.
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