Addio agli "occhi di Milano", quelli di Gabriele Basilico
 
										
										 
										
										
																		
																									Gabriele Basilico, Beirut, 1991
															
							13/02/2013
							Milano -  A dare la notizia, tra i primi, è su Facebook, Stefano Boeri, dal 2009 assessore alla cultura del Comune di Milano: Gabriele Basilico, classe 1944, uno dei più noti fotografi documentaristi europei è scomparso nel pomeriggio. "I suoi occhi di fotografo sono divenuti col tempo gli occhi di tutti noi, davanti alla complessità infinita dei fenomeni urbani. 
Occhi che hanno incorniciato, registrato e documentato centinaia di spazi urbani e città del mondo, riuscendo trasmettere la loro sensualità, a decifrare le contrapposizioni più stridenti e a dare dignità anche ai luoghi più derelitti", scrive Boeri sul social network. E ancora: "…quello sguardo preciso e appassionato Gabriele Basilico lo aveva nel tempo costruito osservando e fotografando Milano: i muri delle fabbriche, le facciate vibranti dei palazzi borghesi ma anche i visi, le feste, i segni lasciati nelle strade dalla vita quotidiana".
 
Le aree urbane e il territorio, per Gabriele Basilico, anche grazie ai suoi studi di architettura, sono sempre stati, infatti, il campo privilegiato delle sue ricerche. Su questo terreno sperimentava il suo nuovo linguaggio e, nello stesso tempo, rispondeva, come lui stesso affermava, ad un mandato sociale. Quel mandato sociale che è alla base di uno dei suoi lavori più famosi: quello dedicato, nel 1990, alla città di Beirut alla fine di un estenuante conflitto iniziato quindici anni prima e durante l'attesa di una ricostruzione annunciata. "Alla fotografia veniva affidato il compito civile di contribuire, con la testimonianza della follia umana, alla costruzione della memoria storica", scrive Basilico stesso nella prefazione del volume che raccoglie i suoi scatti, pubblicato nel '94 da La Chambre Claire.
Nicoletta Speltra
 
 
						
						
					Occhi che hanno incorniciato, registrato e documentato centinaia di spazi urbani e città del mondo, riuscendo trasmettere la loro sensualità, a decifrare le contrapposizioni più stridenti e a dare dignità anche ai luoghi più derelitti", scrive Boeri sul social network. E ancora: "…quello sguardo preciso e appassionato Gabriele Basilico lo aveva nel tempo costruito osservando e fotografando Milano: i muri delle fabbriche, le facciate vibranti dei palazzi borghesi ma anche i visi, le feste, i segni lasciati nelle strade dalla vita quotidiana".
Le aree urbane e il territorio, per Gabriele Basilico, anche grazie ai suoi studi di architettura, sono sempre stati, infatti, il campo privilegiato delle sue ricerche. Su questo terreno sperimentava il suo nuovo linguaggio e, nello stesso tempo, rispondeva, come lui stesso affermava, ad un mandato sociale. Quel mandato sociale che è alla base di uno dei suoi lavori più famosi: quello dedicato, nel 1990, alla città di Beirut alla fine di un estenuante conflitto iniziato quindici anni prima e durante l'attesa di una ricostruzione annunciata. "Alla fotografia veniva affidato il compito civile di contribuire, con la testimonianza della follia umana, alla costruzione della memoria storica", scrive Basilico stesso nella prefazione del volume che raccoglie i suoi scatti, pubblicato nel '94 da La Chambre Claire.
Nicoletta Speltra
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