Francesco Russo. Essere nel presente, così si fa la storia
Dal 11 Dicembre 2015 al 21 Gennaio 2016
Milano
Luogo: spazio Raw
Indirizzo: corso di Porta Ticinese 69
Orari: lun-sab 15-19.30
Curatori: Valentina Cavera
Enti promotori:
- Galerie Annette De Keyser Anversa Belgio
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02.49436719
E-Mail info: info@spazioraw.it
Sito ufficiale: http://www.spazioraw.it
Allo Spazio Raw, Francesco Russo espone, in una trentina di opere, tre cicli pittorici sull’identità che simboleggiano il completamento del suo percorso artistico: “Chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando”. Dopo varie esperienze attuate tra l’India, Milano, New York, Francia e Puglia si sviluppa il suo stile. La prima serie si manifesta sia con astratti che con ritratti, oli su tela realizzati con tecnica mista, con l’aggiunta di pigmenti fluorescenti. La musicalità, la ritmicità e l’armonia, data dal colore e dalle forme dei geometrici rende le opere gioiose, «Terapeutiche, in grado di ricollegare l’osservatore al vero senso della vita, al gioco della vita, dell’esistenza, - spiega Francesco Russo - la vera natura dell’essere». Gli astratti rispondono inoltre all’interrogativo “Da dove veniamo”: ricordando nel senso estetico i Mandala, letteralmente un “cerchio di inni”, raggiungono il centro più intimo, profondo dell’uomo. Per quanto riguarda i ritratti, l’artista dipinge, con linee minimaliste, personaggi comuni oltre che noti, come cantanti, scienziati o personalità storiche. L’importante è dare valore al divenire, cogliendo gli individui nelle differenti fasi della vita, ovvero la giovinezza, la maturità, la vecchiaia. L’ultima serie si concretizza in composizioni organiche elaborate sempre con tecnica mista: foglie vegetali, conchiglie marine, specchi, ossa, crani umani o di animali, per esempio di coccodrillo, coniglio o di capra. Dal fascino scespiriano, amletico, l’osservatore riflettendosi nello specchio scorgerà oltre alla propria immagine, rappresentante l’essere, anche il non essere… questo per guardarsi nella propria completezza. Geometriche, partendo anch’esse da un centro,” l’io sono”, presentano “la fine ultima”, il “Cibo dell’universo”.
Francesco Russo di padre italiano e madre greca, nasce nel ‘46 a Caltagirone (CT) e sostenendo la tradizione storica della ceramica di quella terra diventa maestro d’arte.
Successivamente ai suoi studi sulla scultura all’Accademia di Roma da Pericle Fazzini e a Milano da Francesco Messina oltre che da Marino Marini, di cui è stato allievo e assistente, giunge, lungo il suo percorso figurativo scultoreo, verso una direzione di sintesi. Infatti, spinto dal potere suggestivo della natura mediterranea, legata alla madre, alla forma corporea e piena e influenzato inizialmente anche da grandi maestri, come Henry More, M Bill, Arp, elimina i particolari e si concentra sostanzialmente su forme essenziali come l’uovo o la sfera, elementi archetipi della natura dell’uomo.
Attivo nelle problematiche sociali vive il ’68 a Milano in modo attivo e consapevole. Sicuramente le sue esperienze itineranti compiute dagli anni ’70 agli anni 2000, hanno influito sia sul suo stile artistico che sulla propria interiorità. Nello stato Uttar Pradesch, nella Regione Kumaon, in India, sull’Himalaya, dopo l’incontro con un guru, l’Avatar Bhole Baba Babaji, si cimenta in sculture sacre(Murti), realizzandole in alcuni ashram ed aiutato da menti architettoniche crea anche un tempio; a New York si dedica all’elaborazione di un monumento in collaborazione con un noto scultore, Chaim Gross; a Milano dà vita ad un tempio scivaita in via gola, comprendendo quanto la spiritualità vada di pari passo allo sviluppo artistico.
Praticando una vita tesa alla trascendentalità, si fa viva in lui l’idea di un’arte terapeutica, capace di supportare l’osservatore, di curare, di entrare in empatia con chi approccia ad essa, invitato dalla ritmicità e dalla gioiosità della composizione.
Grazie alle sue esperienze tinte di misticismo e spiritualità, si celebra dentro di lui sia una morte che una rinascita, in grado di aprirlo ad una visione più universale, trascendendo tutto il mondo contemporaneo, culturale ed artistico dell’occidente. «Questa esperienza mi porta a realizzare lavori che non si legano alla mia intimità, alla mia formazione e ai miei traumi. Liberandomi da questi ostacoli, costruisco opere che sono realmente di beneficio all’uomo».
Una volta trasferitosi in Francia, nel castello di Savilly, in Borgogna, sperimenta l’effetto dato dalla vivificazione del colore, portando avanti sempre per lo più la scultura, ma approcciando anche al disegno. «Nascono le sculture tantriche, sulla dualità femminile/maschile, le “kundalini”, dove utilizzo anche il neon o specchi, e dei disegni attraverso i quali inizio a entrare in una ricerca più sottile, cercando di rivelare, indagare il mondo sottile, invisibile dello spirito che pregna la forma, la materia. – racconta l’artista - Mi si apre una visione più totale che mi porta alla pittura». Anche se il vero rapporto con la pittura nasce al suo arrivo in Puglia, dove tuttora vive e lavora.
In molti hanno sostenuto il suo lavoro in questi anni di vita creativa, tra collezionisti e galleristi. Si ricorda, per esempio, il primo gallerista Alexander Iolas di Parigi, nel ’71, e l’attuale Annette De Keyser, di Anversa, Belgio.
Valentina Cavera
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