Greta Maciulaitis. Hello Mobbing. Le tinte dell’anima di un Mobbed
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Greta Maciulaitis, Pach tra il cupo dell'ossido, 2013 Tecnica mista
Dal 30 Novembre 2014 al 21 Dicembre 2014
Tortona | Alessandria
Luogo: 11Dreams Art Gallery
Indirizzo: via Rinarolo 11/c
Orari: da martedì a domenica 16-19
Telefono per informazioni: +39 333 6033006
E-Mail info: info@11dreams.it
Sito ufficiale: http://www.11dreams.it
Un liquido denso, oscuro, un nero che intrappola, soffoca, cancella. Mobbing come bomba di catrame: anche senza il titolo, questa tela urla, con la sintetica durezza del contrasto tra l’incrocio di strisce bianche su fondo nero, il tema della personale di Greta Maciulaitis, uruguayana di nascita, che torna alla 11Dreams Art Gallery di Tortona con la mostra “Hello Mobbing! Le tinte dell’anima di un mobbed”. Pittura, pittura pura, dunque, per un’artista che nel suo percorso ha esplorato l’espressività di varie tecniche e materiali, dal batik alla lavorazione del ferro.
La paura, il senso di insicurezza e sospetto, di oppressione su di un’infanzia trascorsa nell’Uruguay delle dittature militari, sono gli stessi sentimenti che si respirano in un ambiente di lavoro attraversato dallo strisciante linciaggio del mobbing, ci dice l’autrice.
Tradotti in una pittura in cui il colore è segno, astrazione dell’intimità, tali sentimenti esplodono sul dipinto con impeto. Greta Maciulaitis si propone, infatti, artefice di un dipingere che marca l’elemento gestuale e di cui il movimento è essenza così come la ricerca del contatto quasi fisico con la materia cromatica. Il pennello si alterna alla spatola, alle mani, in gesti pluridirezionali, che spostano il punto di vista e imprimono alla maggior parte dei dipinti un dinamismo di deflagrazione. Rabbia, anche, ma soprattutto calore e un grande slancio vitale scaturisce da queste opere, tra contrasti netti di toni accesi, dati dalla bicromia di campiture e linee o invece velature sovrapposte di timbri, i quali scivolano uno nell’altro come grappoli di pensieri. Ad accrescere la corposità del colore, olio per lo più o acrilico, in alcuni quadri l’uso di materiali quotidiani approfondisce sul supporto, in tela o legno, il racconto. Sono screpolature di carta, strappi di tessuto, grumi di gesso.
Il grido pittorico, prima di ricomporsi in canto nel dipinto Famiglia, fili di colore caldo ricamati sul bianco luminoso dello sfondo, diventa nel piccolo J’accuse, a olio su legno, scrittura bianca, graffito sul muro di un silenzio policromo e moltiplicato in un’eco circolare attorno a un indistinto fuoco del quadro, leggibile dall’osservatore ora come le calunnie volte contro il mobbed, ora come denuncia del mobbing stesso.
Elena Carrea
La paura, il senso di insicurezza e sospetto, di oppressione su di un’infanzia trascorsa nell’Uruguay delle dittature militari, sono gli stessi sentimenti che si respirano in un ambiente di lavoro attraversato dallo strisciante linciaggio del mobbing, ci dice l’autrice.
Tradotti in una pittura in cui il colore è segno, astrazione dell’intimità, tali sentimenti esplodono sul dipinto con impeto. Greta Maciulaitis si propone, infatti, artefice di un dipingere che marca l’elemento gestuale e di cui il movimento è essenza così come la ricerca del contatto quasi fisico con la materia cromatica. Il pennello si alterna alla spatola, alle mani, in gesti pluridirezionali, che spostano il punto di vista e imprimono alla maggior parte dei dipinti un dinamismo di deflagrazione. Rabbia, anche, ma soprattutto calore e un grande slancio vitale scaturisce da queste opere, tra contrasti netti di toni accesi, dati dalla bicromia di campiture e linee o invece velature sovrapposte di timbri, i quali scivolano uno nell’altro come grappoli di pensieri. Ad accrescere la corposità del colore, olio per lo più o acrilico, in alcuni quadri l’uso di materiali quotidiani approfondisce sul supporto, in tela o legno, il racconto. Sono screpolature di carta, strappi di tessuto, grumi di gesso.
Il grido pittorico, prima di ricomporsi in canto nel dipinto Famiglia, fili di colore caldo ricamati sul bianco luminoso dello sfondo, diventa nel piccolo J’accuse, a olio su legno, scrittura bianca, graffito sul muro di un silenzio policromo e moltiplicato in un’eco circolare attorno a un indistinto fuoco del quadro, leggibile dall’osservatore ora come le calunnie volte contro il mobbed, ora come denuncia del mobbing stesso.
Elena Carrea
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