Inutile l’appello alla convenzione dell’Unesco relativa all’inalienabilità di alcuni beni culturali

L’asta della discordia

Maschera Hopi
 

L. Sanfelice

10/12/2013

Nella giornata di lunedì 9 dicembre, un’asta di maschere sacre delle tribù di Nativi Americani Hopi e degli Apache San Carlos ha realizzato oltre 550mila euro a Parigi. La sessione di vendita ha avuto luogo malgrado le proteste sollevate dagli Stati Uniti e dagli attivisti di Survival International che difendono i popoli aborigeni, entrambi contrari alla dispersione degli oggetti.

A nulla è servito l’alt di Washington che tramite l’ambasciata USA aveva avanzato una richiesta di sospensione dell’incanto per concedere alle tribù la possibilità e il tempo di esaminare gli oggetti, verificarne la provenienza ed eventualmente rivendicarne la proprietà appellandosi alla convenzione dell’Unesco del 1970 sottoscritta dalla Francia che “riconosce il diritto imprescindibile di ciascuno Stato di classificare e dichiarare inalienabili alcuni beni culturali che per questo motivo non devono essere esportati, e a facilitare il recupero di tali beni da parte dello Stato interessato nel caso in cui essi siano stati esportati”.

La giustizia d’oltralpe, pur riconoscendo il possibile affronto alla dignità delle tribù interessate, al netto di considerazioni morali e filosofiche ha però respinto la richiesta di sospendere una vendita considerata lecita in territorio francese, e la società EVE ha ottenuto il via libera a procedere.


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