Intervista all’autrice di Tintoretto. Un ribelle a Venezia, nelle sale il 25, 26, 27 febbraio
Melania Mazzucco racconta Tintoretto, l'"outsider" che ha dipinto la bellezza femminile con il suo sguardo non convenzionale
Tintoretto, Presentazione di Maria al Tempio, 1552-1553, Olio su tela, 429 x 480 cm, Venezia, Chiesa della Madonna dell'Orto
Samantha De Martin
19/02/2019
Roma - A distanza di 500 anni dalla nascita di Tintoretto, la penna di una grande scrittrice e la settima arte compiono il grande miracolo di portare il sommo pittore fuori dalla sua Venezia, città che ha offerto ispirazione, per tutta la vita, a uno dei pennelli più irruenti, energici e rivoluzionari della storia dell’arte.
"Un film su Tintoretto era fondamentale. Mi piaceva l’idea di consultarsi con il suo linguaggio e portare il maestro nei luoghi in cui non è mai stato (il film sarà distribuito in 50 paesi del mondo) proprio lui che non si è mai mosso da Venezia".
Melania Mazzucco, ideatrice ed autrice di Tintoretto. Un ribelle a Venezia, il docu-film prodotto da Sky Arte e distribuito da Nexo Digital in 370 sale cinematografiche solo il 25, 26, 27 febbraio, commenta così l’idea di trasferire sul grande schermo le vicende dell’inquieto Jacopo Robusti, dai primi anni della sua formazione artistica alla morte.
Anche perché quello tra la scrittrice romana e il pittore che, come affermò David Bowie, “ha costruito l’intera sua carriera alla maniera di una proto-rockstar”, è un sodalizio antico, iniziato per caso, con “una folgorazione” nella Chiesa della Madonna dell’Orto, a Venezia, e non ancora conclusosi.
L’autrice del romanzo La lunga attesa dell’angelo (Rizzoli, 2008) - che ha come protagonista Marietta, l’amata figlia del pittore - e di Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Biografia di una famiglia veneziana (Rizzoli, 2009) - prima importante biografia mai apparsa su Tintoretto - racconta la genesi di questo incontro e l’idea di trasferire questo dialogo in un film.
Melania Mazzucco e Tintoretto. Quando avviene questo incontro “folgorante”?
“Ho scoperto Tintoretto a Venezia. Questo artista è impensabile senza la sua città. Nonostante le sue opere si trovino in tutto il mondo, per capire Tintoretto e amarlo è necessario stare a Venezia. Per me questa scoperta è cominciata nella Chiesa della Madonna dell’Orto, davanti alla Presentazione di Maria al Tempio. Ciò che più mi ha colpita è stato il modo in cui il maestro ha dipinto il soggetto e lo ha trasformato, la maniera in cui ha dipinto la bambina, il sentimento della crescita, lo spazio. Questi elementi mi hanno incuriosita a tal punto da indurmi a lavorare sul pittore. Poi ho letto le vecchie biografie di Cinque e Seicento. Ma è da quel quadro che è nata la mia avventura di studio e di ricerca”.
Che cos’è che maggiormente la affascina di questo personaggio per certi versi sleale, disposto a tutto pur di aggiudicarsi una commissione?
“È stata la sua pittura ad attirarmi a lui, una pittura che mi è sembrata diversa da quella che avevo visto fino a quel momento e alla quale sono arrivata un po’ vergine, visto che si tratta di un artista spesso studiato attraverso luoghi comuni. E poi ad affascinarmi è quel suo essere stato un antagonista, un "outsider", un lottatore, una persona che parte svantaggiata, senza maestri, privo di uno sponsor o mecenate, che ha dovuto lottare per conquistarsi qualunque cosa. Apparentemente tutto gli è ostile, accetta di combattere a mani nude, soltanto con la pittura, facendo talvolta scelte non convenzonali e scorrette.
Ciò che tuttavia ci spinge ad accettare i suoi mezzi e a riconoscerci in questa sua lotta è il suo obiettivo nobile, e cioè dipingere.
Tintoretto come personaggio è stato una scoperta. Il fatto che avesse avuto una famiglia così numerosa, che fosse padre di cinque figli, tra i quali Marietta, anche lei pittrice, è affascinante. Guardando i suoi quadri e il modo in cui ha dipinto le donne si scopre il tratto innovativo di uomo e padre non convenzionale. Tintoretto è stato il pittore maschio, virile. D’Annunzio, nel Fuoco, ha dedicato pagine molto belle al Miracolo dello Schiavo. Amava le donne e le ha dipinte in maniera non convenzionale, cosa non scontata per un pittore del Cinquecento”.
Nel docu-film fa una rapida apparizione anche Marietta, la figlia di Tintoretto
“Sono innamorata del personaggio di Marietta. Non ha lasciato quasi nessuna traccia di sé, le sue opere sono quasi tutte scomparse”.
Ad amare il pittore di Venezia sono stati in molti, da Sartre a David Bowie. Per quale motivo, secondo lei?
“Tintoretto è stato amato da persone apparentemente lontane da lui, diverse tra loro e con una certa libertà di pensiero e di comportamento in senso di indipendenza assoluta. Bowie amava a tal punto la sua pittura, da dedicargli il nome della sua etichetta discografica e da acquistarne un’opera - la pala d’altare L’annunciazione del martirio a Santa Caterina d’Alessandria ndr -. Credo che avesse visto in questo artista un uomo indipendente, desideroso di farsi notare e disposto a qualsiasi cosa per riuscire a farlo”.
A quale opera di Tintoretto si sente maggiormente legata?
“Sicuramente a quella che ho visto per prima, la Presentazione di Maria al Tempio nella Chiesa della Madonna dell’Orto, nel sestiere di Cannaregio. È un quadro un po’ diverso dagli altri, particolarmente rifinito e raffinato. Rappresenta la piccola Maria condotta al Tempio di Gerusalemme. Questo quadro è soprattutto una grande riflessione, una sinfonia sul destino della donna.
Ma amo moltissimo anche la sua Susanna e i Vecchioni, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Si tratta di una Susanna innovativa, diversa da tutte le altre rappresentate dai pittori. Qui prevale il trionfo della bellezza, della carnalità e della sensualità della donna. È un quadro quasi auto-ironico sul voyeurismo maschile.
Un’opera che mi turba non poco è invece il Giudizio Universale, sempre nella Chiesa della Madonna dell’Orto, un quadro terribile, sulla dannazione, il destino, la colpa”.
Come nasce l’idea di un documentario su Tintoretto? Che cos’è che il grande schermo riesce a dire e trasmettere in più rispetto alla scrittura?
“Il film è una propedeutica alla conoscenza di un grande maestro, che passa attraverso i quadri. L’obiettivo del documentario è quello di far vedere il pittore e riuscire a mostrare i quadri come li vedeva lui, non come li vediamo noi. Quindi credo che questo il cinema possa farlo in maniera straordinaria. I suoi sono lavori di difficile visione, appesi in chiese su pareti altissime, a volte buie, o illuminate a tempo, talvolta o in chiese non sempre aperte, lontane dal nostro sguardo. Invece la macchina da presa è libera di condurci “a tu per tu” con l’artista. Quindi il cinema ci permette di vedere la sua opera. Poi il film è pensato soprattutto per chi non ha letto i libri, per introdurre a Tintoretto, incuriosire, appassionare.
Tra l’altro era un pittore molto cinematografico, e pertanto credo che il confronto con la sua immagine al cinema sia molto bello”.
Se Tintoretto vivesse oggi, che personaggio sarebbe?
“Sarebbe forse un regista indomabile, poco convenzionale, in guerra con i produttori, che fa film coraggiosi, che a volte si rivelano clamorosi insuccessi. Negli anni Cinquanta si era individuato in Orson Welles un Tintoretto possibile”.
Dove ha scritto la sceneggiatura del film e i due libri su Tintoretto?
“I due libri sono stati scritti tra Roma e Venezia. Ho trascorso un periodo “veneziano”, vivendo tra i luoghi del maestro. La lunga attesa dell’angelo e Jacomo Tintoretto e i suoi figli non sarebbero concepibili senza un vissuto veneziano anche da parte dell’autrice. Il film lo abbiamo scritto insieme con la produzione tra Roma, Venezia e Milano”.
Ha in programma altri progetti su Jacopo Robusti?
“Da quando è entrato nella mia vita, tanti anni fa, Tintoretto è il mio maestro. Continuo a imparare da lui e continuo a cercarlo. Il film è un passo fondamentale perché con i libri - il romanzo e la biografia - sento di aver dato molto. L’idea di confrontarsi cinematograficamente con il suo linguaggio, valorizzando la sua pittura, era un passo nuovo, diretto soprattutto a chi non ha letto il romanzo e la biografia. Ho ancora dei progetti in relazione ad alcuni quadri specifici che sto studiando, spero di riuscire a realizzarli”.
Tintoretto. Un ribelle a Venezia, il docu-film prodotto da Sky Arte e distribuito da Nexo Digital, sarà al cinema il 25, 26, 27 Febbraio. La produzione si inserisce nel calendario della Grande Arte al Cinema. Per la stagione 2019 arriva nelle sale italiane in collaborazione con i media partner Radio Capital, Sky Arte e MYmovies.it. e con ARTE.it come digital media partner.
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"Un film su Tintoretto era fondamentale. Mi piaceva l’idea di consultarsi con il suo linguaggio e portare il maestro nei luoghi in cui non è mai stato (il film sarà distribuito in 50 paesi del mondo) proprio lui che non si è mai mosso da Venezia".
Melania Mazzucco, ideatrice ed autrice di Tintoretto. Un ribelle a Venezia, il docu-film prodotto da Sky Arte e distribuito da Nexo Digital in 370 sale cinematografiche solo il 25, 26, 27 febbraio, commenta così l’idea di trasferire sul grande schermo le vicende dell’inquieto Jacopo Robusti, dai primi anni della sua formazione artistica alla morte.
Anche perché quello tra la scrittrice romana e il pittore che, come affermò David Bowie, “ha costruito l’intera sua carriera alla maniera di una proto-rockstar”, è un sodalizio antico, iniziato per caso, con “una folgorazione” nella Chiesa della Madonna dell’Orto, a Venezia, e non ancora conclusosi.
L’autrice del romanzo La lunga attesa dell’angelo (Rizzoli, 2008) - che ha come protagonista Marietta, l’amata figlia del pittore - e di Jacomo Tintoretto e i suoi figli. Biografia di una famiglia veneziana (Rizzoli, 2009) - prima importante biografia mai apparsa su Tintoretto - racconta la genesi di questo incontro e l’idea di trasferire questo dialogo in un film.
Melania Mazzucco e Tintoretto. Quando avviene questo incontro “folgorante”?
“Ho scoperto Tintoretto a Venezia. Questo artista è impensabile senza la sua città. Nonostante le sue opere si trovino in tutto il mondo, per capire Tintoretto e amarlo è necessario stare a Venezia. Per me questa scoperta è cominciata nella Chiesa della Madonna dell’Orto, davanti alla Presentazione di Maria al Tempio. Ciò che più mi ha colpita è stato il modo in cui il maestro ha dipinto il soggetto e lo ha trasformato, la maniera in cui ha dipinto la bambina, il sentimento della crescita, lo spazio. Questi elementi mi hanno incuriosita a tal punto da indurmi a lavorare sul pittore. Poi ho letto le vecchie biografie di Cinque e Seicento. Ma è da quel quadro che è nata la mia avventura di studio e di ricerca”.
Che cos’è che maggiormente la affascina di questo personaggio per certi versi sleale, disposto a tutto pur di aggiudicarsi una commissione?
“È stata la sua pittura ad attirarmi a lui, una pittura che mi è sembrata diversa da quella che avevo visto fino a quel momento e alla quale sono arrivata un po’ vergine, visto che si tratta di un artista spesso studiato attraverso luoghi comuni. E poi ad affascinarmi è quel suo essere stato un antagonista, un "outsider", un lottatore, una persona che parte svantaggiata, senza maestri, privo di uno sponsor o mecenate, che ha dovuto lottare per conquistarsi qualunque cosa. Apparentemente tutto gli è ostile, accetta di combattere a mani nude, soltanto con la pittura, facendo talvolta scelte non convenzonali e scorrette.
Ciò che tuttavia ci spinge ad accettare i suoi mezzi e a riconoscerci in questa sua lotta è il suo obiettivo nobile, e cioè dipingere.
Tintoretto come personaggio è stato una scoperta. Il fatto che avesse avuto una famiglia così numerosa, che fosse padre di cinque figli, tra i quali Marietta, anche lei pittrice, è affascinante. Guardando i suoi quadri e il modo in cui ha dipinto le donne si scopre il tratto innovativo di uomo e padre non convenzionale. Tintoretto è stato il pittore maschio, virile. D’Annunzio, nel Fuoco, ha dedicato pagine molto belle al Miracolo dello Schiavo. Amava le donne e le ha dipinte in maniera non convenzionale, cosa non scontata per un pittore del Cinquecento”.
Nel docu-film fa una rapida apparizione anche Marietta, la figlia di Tintoretto
“Sono innamorata del personaggio di Marietta. Non ha lasciato quasi nessuna traccia di sé, le sue opere sono quasi tutte scomparse”.
Ad amare il pittore di Venezia sono stati in molti, da Sartre a David Bowie. Per quale motivo, secondo lei?
“Tintoretto è stato amato da persone apparentemente lontane da lui, diverse tra loro e con una certa libertà di pensiero e di comportamento in senso di indipendenza assoluta. Bowie amava a tal punto la sua pittura, da dedicargli il nome della sua etichetta discografica e da acquistarne un’opera - la pala d’altare L’annunciazione del martirio a Santa Caterina d’Alessandria ndr -. Credo che avesse visto in questo artista un uomo indipendente, desideroso di farsi notare e disposto a qualsiasi cosa per riuscire a farlo”.
A quale opera di Tintoretto si sente maggiormente legata?
“Sicuramente a quella che ho visto per prima, la Presentazione di Maria al Tempio nella Chiesa della Madonna dell’Orto, nel sestiere di Cannaregio. È un quadro un po’ diverso dagli altri, particolarmente rifinito e raffinato. Rappresenta la piccola Maria condotta al Tempio di Gerusalemme. Questo quadro è soprattutto una grande riflessione, una sinfonia sul destino della donna.
Ma amo moltissimo anche la sua Susanna e i Vecchioni, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. Si tratta di una Susanna innovativa, diversa da tutte le altre rappresentate dai pittori. Qui prevale il trionfo della bellezza, della carnalità e della sensualità della donna. È un quadro quasi auto-ironico sul voyeurismo maschile.
Un’opera che mi turba non poco è invece il Giudizio Universale, sempre nella Chiesa della Madonna dell’Orto, un quadro terribile, sulla dannazione, il destino, la colpa”.
Come nasce l’idea di un documentario su Tintoretto? Che cos’è che il grande schermo riesce a dire e trasmettere in più rispetto alla scrittura?
“Il film è una propedeutica alla conoscenza di un grande maestro, che passa attraverso i quadri. L’obiettivo del documentario è quello di far vedere il pittore e riuscire a mostrare i quadri come li vedeva lui, non come li vediamo noi. Quindi credo che questo il cinema possa farlo in maniera straordinaria. I suoi sono lavori di difficile visione, appesi in chiese su pareti altissime, a volte buie, o illuminate a tempo, talvolta o in chiese non sempre aperte, lontane dal nostro sguardo. Invece la macchina da presa è libera di condurci “a tu per tu” con l’artista. Quindi il cinema ci permette di vedere la sua opera. Poi il film è pensato soprattutto per chi non ha letto i libri, per introdurre a Tintoretto, incuriosire, appassionare.
Tra l’altro era un pittore molto cinematografico, e pertanto credo che il confronto con la sua immagine al cinema sia molto bello”.
Se Tintoretto vivesse oggi, che personaggio sarebbe?
“Sarebbe forse un regista indomabile, poco convenzionale, in guerra con i produttori, che fa film coraggiosi, che a volte si rivelano clamorosi insuccessi. Negli anni Cinquanta si era individuato in Orson Welles un Tintoretto possibile”.
Dove ha scritto la sceneggiatura del film e i due libri su Tintoretto?
“I due libri sono stati scritti tra Roma e Venezia. Ho trascorso un periodo “veneziano”, vivendo tra i luoghi del maestro. La lunga attesa dell’angelo e Jacomo Tintoretto e i suoi figli non sarebbero concepibili senza un vissuto veneziano anche da parte dell’autrice. Il film lo abbiamo scritto insieme con la produzione tra Roma, Venezia e Milano”.
Ha in programma altri progetti su Jacopo Robusti?
“Da quando è entrato nella mia vita, tanti anni fa, Tintoretto è il mio maestro. Continuo a imparare da lui e continuo a cercarlo. Il film è un passo fondamentale perché con i libri - il romanzo e la biografia - sento di aver dato molto. L’idea di confrontarsi cinematograficamente con il suo linguaggio, valorizzando la sua pittura, era un passo nuovo, diretto soprattutto a chi non ha letto il romanzo e la biografia. Ho ancora dei progetti in relazione ad alcuni quadri specifici che sto studiando, spero di riuscire a realizzarli”.
Tintoretto. Un ribelle a Venezia, il docu-film prodotto da Sky Arte e distribuito da Nexo Digital, sarà al cinema il 25, 26, 27 Febbraio. La produzione si inserisce nel calendario della Grande Arte al Cinema. Per la stagione 2019 arriva nelle sale italiane in collaborazione con i media partner Radio Capital, Sky Arte e MYmovies.it. e con ARTE.it come digital media partner.
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