Nel Kurdistan iracheno la missione dell’Università di Udine

Sulle tracce degli assiri: archeologi italiani scoprono gli dei scolpiti nella roccia

I rilievi assiri del canale di Faida. Courtesy Fondazione Aquileia
 

Francesca Grego

09/12/2019

Roma - Scolpiti nella roccia, nell’VIII secolo a.C. il re Sargon e le divinità assire guardavano l’acqua scorrere nel canale di Faida, appena costruito nella Mesopotamia del Nord. La capitale Ninive era in piena espansione e un nuovo sistema di irrigazione ne avrebbe sostenuto il granai.
Dopo un sonno durato due millenni, gli imponenti rilievi di Faida sono tornati alla luce grazie alla missione archeologica dell’Università di Udine e della Direzione delle Antichità di Duhok, unite sotto la guida del professor Daniele Morandi Bonacossi e del dottor Hasan Ahmed Qasim. Già nel 1972 tre sculture rupestri erano state individuate nell’area dall’archeologo Julian Reade del British Museum, ma l’instabilità politica e militare che ha contraddistinto il Kurdistan iracheno negli ultimi decenni aveva reso impossibili ulteriori analisi. Gli scavi compiuti dal 2012 nell’ambito del “Land of Niniveh Archeological Project” hanno permesso di completare l’opera, rendendo finalmente visibili i rilievi monumentali e mostrando la struttura completa dell’originaria rete di irrigazione.

Ma nell’Iraq post-bellico Faida è ancora una zona a rischio: dopo le minacce dello Stato Islamico, scavi clandestini, atti vandalici e l’espansione del vicino villaggio ne mettono in forse la sopravvivenza. Oltre a proseguire negli scavi, perciò, la missione italo-curda provvederà al restauro delle opere già emerse, alla loro documentazione attraverso tecnologie aggiornate e alla protezione del sito. Nel futuro dell’area c’è la creazione di un parco archeologico dei rilievi assiri, i cui tesori affiancheranno i ritrovamenti di Khinis, Maltai, Jervan, Shiru Maliktha all’interno del più vasto parco archeologico ambientale del sistema idraulico assiro di Duhok. La stessa missione italo-curda sta elaborando il dossier necessario a sostenere la proposta di inserimento del sito nel Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Ma che cosa ha scoperto esattamente a Faida l’equipe di Morandi Bonacossi e Qasim? Dieci pannelli scolpiti in bassorilievo di quasi 5 metri di lunghezza e due di altezza, accanto a un canale largo 4 metri e quasi interamente sepolto, scavato dagli operai di Sargon per raccogliere acqua dalle sorgenti carsiche circostanti. Sui rilievi il sovrano è rappresentato due volte alle estremità della serie. Accanto a lui si ergono sette divinità, ciascuna poggiata sul dorso del suo animale simbolo: da Assur, vertice del pantheon assiro, e sua moglie Mulissu, al dio della luna Sin e a Shamash, la personificazione del sole sul suo cavallo, fino al dio della sapienza Nabu, in compagnia di un dragone, e a Ishtar, la dea dell’amore e della guerra, rappresentata sulla groppa di un leone.

Si tratta di opere d’arte estremamente rare, ha spiegato Morandi Bonacossi questa mattina durante la conferenza di presentazione nella sede della Regione Friuli Venezia Giulia a Roma: prima di questi, gli ultimi rilievi assiri furono scoperti in Iraq nel 1845 dalla missione del console francese a Mosul Simon Rouet.
Guardando alla protezione del patrimonio come strumento di diplomazia internazionale, il progetto attuale vede invece tra i suoi sostenitori il Governo Nazionale del Kurdistan-Iraq, il nostro Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Fondazione Friuli, ArcheoCrowd e Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

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