Al MASI - Museo d'arte della Svizzera italiana - dal 16 settembre al 6 gennaio

A Lugano con Magritte lungo la "Ligne de vie"

René Magritte, Le Grand Siècle, 1954, olio su tela 60 x 50 cm, Kunstmuseum Gelsenkirchen © 2018 Prolitteris, Zurich
 

Samantha De Martin

04/09/2018

Mondo - Era il 20 novembre del 1938 quando al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa René Magritte teneva una conferenza dal titolo La Ligne de Vie, una delle rare occasioni in cui l’artista si espresse in pubblico sul proprio lavoro, illustrando quei principi che gli avevano consentito fino a quel momento di trasformare oggetti quotidiani in qualcosa di sconvolgente.
A distanza di 80 anni da quel giorno in cui il maggiore esponente del surrealismo in Belgio rese nota a tutti la genesi della sua arte, il MASI di Lugano - Museo d’arte della Svizzera italiana - rende omaggio a Magritte con una mostra che, dal 16 settembre al 6 gennaio, attraverso 90 opere, ripercorre l’intera carriera dell’artista, dalle creazioni dei primi anni Venti alla maturità.
Si tratta di sperimentazioni, in alcuni casi lontane dai dipinti più conosciuti del maestro belga e raramente presentate al pubblico, che evidenziano l’infatuazione giovanile di Magritte per il futurismo italiano.
Lo stile pittorico di queste opere è distante da quello maturo, ma il desiderio di contraddire le prassi borghesi e le convenzioni artistiche è lo stesso che presiede alle composizioni surrealiste.

Scivolando lungo il percorso espositivo a cura di Xavier Canonne e Julie Waseige, il pubblico assiste a un inedito confronto fra Les Plaisirs du poète (1912) di De Chirico e la Traversée difficile (1926) di Magritte, oltre ad ammirare un’ampia selezione di lavori realizzati fra gli anni Venti e Trenta dai quali emergono i temi prediletti dall’artista.

C’è la sistematica ricerca di un effetto poetico sconvolgente, conseguito attraverso lo spaesamento di oggetti molto comuni, scelti affinché la loro decontestualizzazione producesse il massimo risultato, e c’è, in opere come Souvenir de voyage - che riproduce una natura morta “pietrificata” - la rappresentazione in una materia diversa da quella consueta.

La combinazione di parole e immagini associate in modo arbitrario le une alle altre, ma anche la rappresentazione delle visioni del dormiveglia, danno vita a opere come Le Reflets du temps, Le Parfume de l’abîme, Le Noctambule. Capolavori che, all’epoca della loro creazione, destarono non poche critiche per “l’assenza di qualità plastica, la rinuncia a uno stile pittoresco” in favore di una rappresentazione scarna e di una collocazione di oggetti in luoghi inconsueti.

Oltre a soffermarsi su opere celebri come La Mémoire del 1948 e La Grande Guerre del 1964, il percorso espositivo snocciola l’unica e breve divagazione di Magritte dal proprio inconfondibile stile. Si tratta del periodo vache, letteralmente 'vacca', che racchiude una serie di lavori realizzati nel 1948 con colori sgargianti e pennellate libere che fanno ironicamente il verso al fauvismo.

Fotografie, documenti, manifesti del periodo giovanile, film realizzati dall’artista negli anni Cinquanta completano la mostra illustrando il versante commerciale della sua opera.

Dopo la tappa svizzera, l'esposizione, realizzata con il sostegno della Fondazione Magritte, volerà al nuovo Amos Rex di Helsinki dove si potrà visitare a partire dall’8 febbraio 2019.


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