Lisa Bartleson. Woman in Light
Dal 15 Luglio 2014 al 21 Settembre 2014
Torino
Luogo: Raffaella De Chirico Contemporary
Indirizzo: via della Rocca 19 - via Giolitti 52
Orari: martedì, mercoledì e venerdì 12-19:30; giovedì 14:30-22; sabato, domenica e lunedì su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 011 835357
E-Mail info: info@dechiricogalleriadarte.it
Sito ufficiale: http://www.dechiricogalleriadarte.com
“Woman in Light” è la mostra dedicata a Lisa Bartleson (Seattle Washington, 1968), l’artista erede del movimento californiano degli anni Sessanta/Settanta denominato Light and Space che accomuna gli artisti che utilizzano la luce al fine di creare spazi esistenziali che esaltino la percezione dell’individuo.
L’indagine di Bartleson va ben oltre la sperimentazione su luce e spazio perché ciascun’opera è composta con una sorta di nuova tecnica di mosaico, come nessun altro finora si era cimentato. Le centinaia di pezzetti di Mylar - un materiale plastico che nasce negli USA proprio negli anni Sessanta per soddisfare gli artisti del tempo nella loro costante ricerca di fornire all’arte sempre più nuove soluzioni espositive – sono disposti con la tecnica dell’accumulazione, più volte sperimentata durante il Novecento e che nelle sue opere si trasforma in gestualità, necessaria per liberarne la creatività.
Lisa Bartleson nasce con una mentalità scientifica, derivata dagli studi universitari in biologia, ma è il suo lato emotivo a preponderare nella sua vita e, di conseguenza, nella sua arte: un’emotività semplice, composta di piccole cose e momenti, come un panorama o un tramonto, che animano di colore e luce ogni sua opera. Non ha bisogno di forma perché si propone di raffigurare ciò che non può essere rappresentato normalmente grazie a colori e sfumature diverse, che insieme donano un senso di movimento. Bartleson non può fare a meno della luce, delle infinite sfumature che offre allo sguardo, determinando milioni di nuances di colore. L’espressività somma di questa donna e di quest’artista sta nella forza del colore potente e prepotentemente irrompente nella sua vita.
La mostra consiste in una sorta di light show – dal punto di vista musicale assimilabili alle sperimentazioni durante i concerti dei Jefferson Airplane negli USA o dei Pink Floyd in Inghilterra – poiché inscena un’esperienza visiva molto forte: non sarà l’uso di tecnologie d’avanguardia a catturare l’attenzione del pubblico bensì i giochi di luce multicolore, prodotti dal Mylar, e di riflesso grazie all’utilizzo della resina in cui le opere vengono “imbevute” per poterne permettere la rifrazione. La lucidità che ne deriva, un’ennesima sperimentazione, permette allo spettatore di percepire il senso di profondità interno alla struttura. Un esperimento cinetico/visuale, di stampo tipicamente californiano, che ci permette di dire che le opere della Bartleson contengono e si offrono alla visione attraverso una luce interna, la composizione in sé, e una luce esterna, data dalla sua stessa rifrazione. Un’ulteriore dimostrazione della vastità di possibilità che l’arte offre al mondo dalle sue origini ad oggi.
L’indagine di Bartleson va ben oltre la sperimentazione su luce e spazio perché ciascun’opera è composta con una sorta di nuova tecnica di mosaico, come nessun altro finora si era cimentato. Le centinaia di pezzetti di Mylar - un materiale plastico che nasce negli USA proprio negli anni Sessanta per soddisfare gli artisti del tempo nella loro costante ricerca di fornire all’arte sempre più nuove soluzioni espositive – sono disposti con la tecnica dell’accumulazione, più volte sperimentata durante il Novecento e che nelle sue opere si trasforma in gestualità, necessaria per liberarne la creatività.
Lisa Bartleson nasce con una mentalità scientifica, derivata dagli studi universitari in biologia, ma è il suo lato emotivo a preponderare nella sua vita e, di conseguenza, nella sua arte: un’emotività semplice, composta di piccole cose e momenti, come un panorama o un tramonto, che animano di colore e luce ogni sua opera. Non ha bisogno di forma perché si propone di raffigurare ciò che non può essere rappresentato normalmente grazie a colori e sfumature diverse, che insieme donano un senso di movimento. Bartleson non può fare a meno della luce, delle infinite sfumature che offre allo sguardo, determinando milioni di nuances di colore. L’espressività somma di questa donna e di quest’artista sta nella forza del colore potente e prepotentemente irrompente nella sua vita.
La mostra consiste in una sorta di light show – dal punto di vista musicale assimilabili alle sperimentazioni durante i concerti dei Jefferson Airplane negli USA o dei Pink Floyd in Inghilterra – poiché inscena un’esperienza visiva molto forte: non sarà l’uso di tecnologie d’avanguardia a catturare l’attenzione del pubblico bensì i giochi di luce multicolore, prodotti dal Mylar, e di riflesso grazie all’utilizzo della resina in cui le opere vengono “imbevute” per poterne permettere la rifrazione. La lucidità che ne deriva, un’ennesima sperimentazione, permette allo spettatore di percepire il senso di profondità interno alla struttura. Un esperimento cinetico/visuale, di stampo tipicamente californiano, che ci permette di dire che le opere della Bartleson contengono e si offrono alla visione attraverso una luce interna, la composizione in sé, e una luce esterna, data dalla sua stessa rifrazione. Un’ulteriore dimostrazione della vastità di possibilità che l’arte offre al mondo dalle sue origini ad oggi.
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