Fino al 5 marzo 2017
I Maya alla Gran Guardia di Verona
Maya. Il linguaggio della bellezza, Palazzo della Gran Guardia, Verona
Ludovica Sanfelice
10/10/2016
Verona - Il Palazzo della Gran Guardia di Verona è sede della mostra "Maya. Il linguaggio della bellezza" (8 ottobre 2016 - 5 marzo 2017), che su scala nazionale si piazza tra gli appuntamenti più affascinanti e promettenti della nuova stagione culturale.
Le buone ragioni cominciano dal piano produttivo perchè la mostra è realizzata dall'INAH (Instituto Nacional de Antropología e Historia), l’istituzione più importante del Ministero della Cultura messicana, incaricata di rafforzare l'identità e la memoria attraverso la ricerca, la conservazione e la diffusione del patrimonio archeologico, antropologico, storico e paleontologico del Messico.
Il progetto è itinerante ed è già stato esposto nel Quintana Roo, nello Yucatan e in Tabasco, quindi in Cina e in Germania, e adesso a Verona dove a rappresentare la civiltà millenaria del sureste sono giunti 297 reperti, tutti associati agli antichi paradigmi di bellezza. Perchè nella concezione che un popolo ha della bellezza si riflette il suo pensiero sulla vita.
Il percorso popolato di terracotte, maschere di giada, stele monumentali, strumenti musicali, elementi architettonici, figurine, vasi e monili è stato infatti pensato per accompagnare il visitatore alla scoperta degli aspetti artistici e figurativi più significativi della cultura Maya, ordinati secondo una grammatica precisa in un linguaggio codificato.
Per comprenderlo meglio, il discorso si articola attorno a quattro nuclei tematici. La bellezza viene così indagata a partire dalle trasformazioni superficiali come le acconciature o le pitture, e quelle permanenti come le scarificazioni e i tatuaggi o le deformazioni craniali. E dall'uso del corpo come tela, si accede ad un ulteriore piano espressivo con la vestizione del corpo, veicolo per comunicare provenienza e soprattutto condizione sociale attraverso segni leggibili da tutti.
Come in una piramide, l'ascensione inizia nella sezione della controparte animale, dove la cosmovisione maya si rivela e agli oggetti, agli animali e alle piante viene attribuito un corrispondente soprannaturale al pari delle persone. Gli animali sono considerati sacri e questo spiega la loro massiccia presenza simbolica. Rappresentazioni che spingono naturalmente la mostra a culminare il viaggio nell'osservazione dei corpi delle divinità spesso ritratte con caratteristiche umane mescolate ad elementi animali, vegetali e fantastici.
Le buone ragioni cominciano dal piano produttivo perchè la mostra è realizzata dall'INAH (Instituto Nacional de Antropología e Historia), l’istituzione più importante del Ministero della Cultura messicana, incaricata di rafforzare l'identità e la memoria attraverso la ricerca, la conservazione e la diffusione del patrimonio archeologico, antropologico, storico e paleontologico del Messico.
Il progetto è itinerante ed è già stato esposto nel Quintana Roo, nello Yucatan e in Tabasco, quindi in Cina e in Germania, e adesso a Verona dove a rappresentare la civiltà millenaria del sureste sono giunti 297 reperti, tutti associati agli antichi paradigmi di bellezza. Perchè nella concezione che un popolo ha della bellezza si riflette il suo pensiero sulla vita.
Il percorso popolato di terracotte, maschere di giada, stele monumentali, strumenti musicali, elementi architettonici, figurine, vasi e monili è stato infatti pensato per accompagnare il visitatore alla scoperta degli aspetti artistici e figurativi più significativi della cultura Maya, ordinati secondo una grammatica precisa in un linguaggio codificato.
Per comprenderlo meglio, il discorso si articola attorno a quattro nuclei tematici. La bellezza viene così indagata a partire dalle trasformazioni superficiali come le acconciature o le pitture, e quelle permanenti come le scarificazioni e i tatuaggi o le deformazioni craniali. E dall'uso del corpo come tela, si accede ad un ulteriore piano espressivo con la vestizione del corpo, veicolo per comunicare provenienza e soprattutto condizione sociale attraverso segni leggibili da tutti.
Come in una piramide, l'ascensione inizia nella sezione della controparte animale, dove la cosmovisione maya si rivela e agli oggetti, agli animali e alle piante viene attribuito un corrispondente soprannaturale al pari delle persone. Gli animali sono considerati sacri e questo spiega la loro massiccia presenza simbolica. Rappresentazioni che spingono naturalmente la mostra a culminare il viaggio nell'osservazione dei corpi delle divinità spesso ritratte con caratteristiche umane mescolate ad elementi animali, vegetali e fantastici.
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