Da Rembrandt a Tiepolo, online la mostra di Palazzo Barberini
L'ora dello spettatore. Come l'arte cattura il nostro sguardo
Giandomenico Tiepolo, Il Mondo Novo, 1791, Affresco, Venezia, Ca' rezzonico, Museo del Settecento veneziano | Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia | Foto: Sailko via Wikimedia Creative Commons
Francesca Grego
09/12/2020
Roma - Non c’è spettacolo senza spettatori. Da Duchamp in poi, l’arte più recente ha fatto di questo principio una bandiera. E i pittori antichi? Tutt’altro che ingenui, come dimostra l’ultimo progetto espositivo delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini. L’ora dello spettatore. Come le immagini ci usano è un viaggio nel nostro sguardo alla scoperta delle reazioni che si innescano quando posiamo gli occhi su una tela dipinta. Da Rembrandt a Guido Reni, da Guercino a Giandomenico Tiepolo, da Sofonisba Anguissola a Lavinia Fontana, 25 capolavori raccontano in che modo i grandi maestri ci invitino a essere parte attiva nel miracolo dell’arte.
Rembrandt van Rijn, Ragazza nella cornice, 1641 I Castello Reale di Varsavia
“Abbiamo proposto allo spettatore una selezione di opere tra il Cinquecento e il Settecento, in cui costui non è un elemento accessorio. Non è più solo qualcuno che guarda, giudica, apprezza l’opera. È una figura essenziale per il suo funzionamento, dal punto di vista spaziale o narrativo. Una figura prevista dall’artista stesso nel costruire il quadro, con un ruolo partecipe, da protagonista, complice o voyeur”, spiega il curatore Michele Del Monte.
Come tutti i musei della penisola, Palazzo Barberini è chiuso al pubblico nel rispetto dei regolamenti anti-Covid. Ma i prestiti della National Gallery di Londra, del Museo del Prado di Madrid, del Rijksmuseum di Amsterdam, del Castello Reale di Varsavia e di alcune grandi collezioni italiane sono già giunti a destinazione. Come ammirarli in anteprima? Basterà connettersi ai canali social delle Gallerie Barberini Corsini ogni venerdì per focus sulle opere e sull’allestimento, o al sito internet del museo romano, dove sono già pronti il dossier illustrato della mostra e il video racconto del curatore. L’esposizione in presenza inaugurerà probabilmente all’inizio del nuovo anno, per chiudere i battenti - salvo proroghe - il 28 febbraio.
Bartolomeo Passerotti, La macelleria, 1580 circa I Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini
Ma come nasce e come si sviluppa il dialogo tra l’opera e l’osservatore? Quali espedienti hanno escogitato i maestri del passato per catturare l’occhio e avvilupparlo nella trama della visione? Eccone alcuni esempi.
C’è chi, come Leonardo, Rembrandt o i pittori fiamminghi, ci tenta dalla “soglia” di un altrove: una finestra, balaustra, una cornice nella cornice invitano l’occhio ad andare oltre, in un racconto da ricostruire tra indizi, tracce e verità. C’è chi ci interpella con più audacia, mostrando come la nostra presenza non passi inosservata: se i macellai di Bartolomeo Passerotti ne approfittano per proporci un affare, la Venere del Guercino trascura il suo amante per intrecciare una relazione con chi sta al di qua della cornice (Venere, Marte e Amore, 1633. Gallerie Estensi, Modena). E poco importa se il destinatario delle sue attenzioni sia stato originariamente il duca di Modena Francesco I d’Este: ora i fortunati siamo noi. Perfino un cieco si accorge del nostro passaggio: accade nel dipinto La Carità di Bartolomeo Schedoni, dove l’infermo ci fissa con occhi vitrei in attesa di un segnale, trasformandoci da osservatori in osservati.
Francesco Barbieri detto il Guercino, Venere, Marte e Amore, 1633 I Gallerie Estensi, Modena
A volte è la lontananza ad accendere l’interesse. Come nella Passione di Torino di Hans Memling, in cui il lungo percorso dello sguardo alla ricerca della Croce riflette il cammino spirituale del devoto sulle orme di Cristo. Qualcuno ci vuole complici, come la Giuditta sorpresa da Johan Liss dietro una tenda mentre decapita Oloferne (Giuditta e Oloferne, 1622. National Gallery, Londra). E qualcun altro fa leva sulla curiosità indiscreta del voyeur, offrendo allo spettatore l’opportunità di spiare, non visto, nello spazio proibito di un segreto. Basta un niente, tuttavia, perché si renda conto di essere stato scoperto a sua volta, per esempio dalla maliziosa Venere di Lavinia Fontana (Venere e Marte, 1600-1610. Fundaciòn Casa de Alba, Madrid). “Non si può mai essere spettatori del tutto invisibili, se non altro a se stessi”, scrive a questo proposito il curatore Del Monte: “le immagini ci dicono chi crediamo di essere, e ci fanno vedere come siamo”.
Hans Memling, Passione, 1470-71 I Galleria Sabauda, Musei Reali di Torino
A riassumere il senso della mostra è l’originalissimo affresco Mondo Nuovo di Giandomenico Tiepolo. Nella Venezia settecentesca una moltitudine di personaggi si accalca intorno a una curiosa novità: un cosmorama, inedito dispositivo di visione che, accostando l’occhio a una finestrella, permette di ammirare paesaggi esotici e scene pittoresche. Non vedremo mai l’oggetto del desiderio dei veneziani, e nemmeno i volti delle persone, che ci danno le spalle puntando verso il cosmorama. “Il dipinto”, scrive Del Monte, “è una metafora della pittura stessa e del destino dell’immagine, in cui non riusciamo a vedere altro spettacolo che quello del pubblico che si affolla curioso davanti a noi, spettatori tra gli spettatori, in attesa del nostro turno. La pittura parla di sé, ma con ciò parla anche di chi la guarda, che diventa così il suo vero ‘soggetto’. Lo spettatore è sempre all’opera, perché è già nell’opera”.
Giandomenico Tiepolo, Il Mondo Novo, 1791, Affresco, Venezia, Ca' rezzonico, Museo del Settecento veneziano | Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia | Foto: Sailko via Wikimedia Creative Commons
Rembrandt van Rijn, Ragazza nella cornice, 1641 I Castello Reale di Varsavia
“Abbiamo proposto allo spettatore una selezione di opere tra il Cinquecento e il Settecento, in cui costui non è un elemento accessorio. Non è più solo qualcuno che guarda, giudica, apprezza l’opera. È una figura essenziale per il suo funzionamento, dal punto di vista spaziale o narrativo. Una figura prevista dall’artista stesso nel costruire il quadro, con un ruolo partecipe, da protagonista, complice o voyeur”, spiega il curatore Michele Del Monte.
Come tutti i musei della penisola, Palazzo Barberini è chiuso al pubblico nel rispetto dei regolamenti anti-Covid. Ma i prestiti della National Gallery di Londra, del Museo del Prado di Madrid, del Rijksmuseum di Amsterdam, del Castello Reale di Varsavia e di alcune grandi collezioni italiane sono già giunti a destinazione. Come ammirarli in anteprima? Basterà connettersi ai canali social delle Gallerie Barberini Corsini ogni venerdì per focus sulle opere e sull’allestimento, o al sito internet del museo romano, dove sono già pronti il dossier illustrato della mostra e il video racconto del curatore. L’esposizione in presenza inaugurerà probabilmente all’inizio del nuovo anno, per chiudere i battenti - salvo proroghe - il 28 febbraio.
Bartolomeo Passerotti, La macelleria, 1580 circa I Galleria Nazionale d'Arte Antica di Palazzo Barberini
Ma come nasce e come si sviluppa il dialogo tra l’opera e l’osservatore? Quali espedienti hanno escogitato i maestri del passato per catturare l’occhio e avvilupparlo nella trama della visione? Eccone alcuni esempi.
C’è chi, come Leonardo, Rembrandt o i pittori fiamminghi, ci tenta dalla “soglia” di un altrove: una finestra, balaustra, una cornice nella cornice invitano l’occhio ad andare oltre, in un racconto da ricostruire tra indizi, tracce e verità. C’è chi ci interpella con più audacia, mostrando come la nostra presenza non passi inosservata: se i macellai di Bartolomeo Passerotti ne approfittano per proporci un affare, la Venere del Guercino trascura il suo amante per intrecciare una relazione con chi sta al di qua della cornice (Venere, Marte e Amore, 1633. Gallerie Estensi, Modena). E poco importa se il destinatario delle sue attenzioni sia stato originariamente il duca di Modena Francesco I d’Este: ora i fortunati siamo noi. Perfino un cieco si accorge del nostro passaggio: accade nel dipinto La Carità di Bartolomeo Schedoni, dove l’infermo ci fissa con occhi vitrei in attesa di un segnale, trasformandoci da osservatori in osservati.
Francesco Barbieri detto il Guercino, Venere, Marte e Amore, 1633 I Gallerie Estensi, Modena
A volte è la lontananza ad accendere l’interesse. Come nella Passione di Torino di Hans Memling, in cui il lungo percorso dello sguardo alla ricerca della Croce riflette il cammino spirituale del devoto sulle orme di Cristo. Qualcuno ci vuole complici, come la Giuditta sorpresa da Johan Liss dietro una tenda mentre decapita Oloferne (Giuditta e Oloferne, 1622. National Gallery, Londra). E qualcun altro fa leva sulla curiosità indiscreta del voyeur, offrendo allo spettatore l’opportunità di spiare, non visto, nello spazio proibito di un segreto. Basta un niente, tuttavia, perché si renda conto di essere stato scoperto a sua volta, per esempio dalla maliziosa Venere di Lavinia Fontana (Venere e Marte, 1600-1610. Fundaciòn Casa de Alba, Madrid). “Non si può mai essere spettatori del tutto invisibili, se non altro a se stessi”, scrive a questo proposito il curatore Del Monte: “le immagini ci dicono chi crediamo di essere, e ci fanno vedere come siamo”.
Hans Memling, Passione, 1470-71 I Galleria Sabauda, Musei Reali di Torino
A riassumere il senso della mostra è l’originalissimo affresco Mondo Nuovo di Giandomenico Tiepolo. Nella Venezia settecentesca una moltitudine di personaggi si accalca intorno a una curiosa novità: un cosmorama, inedito dispositivo di visione che, accostando l’occhio a una finestrella, permette di ammirare paesaggi esotici e scene pittoresche. Non vedremo mai l’oggetto del desiderio dei veneziani, e nemmeno i volti delle persone, che ci danno le spalle puntando verso il cosmorama. “Il dipinto”, scrive Del Monte, “è una metafora della pittura stessa e del destino dell’immagine, in cui non riusciamo a vedere altro spettacolo che quello del pubblico che si affolla curioso davanti a noi, spettatori tra gli spettatori, in attesa del nostro turno. La pittura parla di sé, ma con ciò parla anche di chi la guarda, che diventa così il suo vero ‘soggetto’. Lo spettatore è sempre all’opera, perché è già nell’opera”.
Giandomenico Tiepolo, Il Mondo Novo, 1791, Affresco, Venezia, Ca' rezzonico, Museo del Settecento veneziano | Courtesy Fondazione Musei Civici di Venezia | Foto: Sailko via Wikimedia Creative Commons
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