Giovanni Battista Quadrone. Un “iperrealista” nella pittura piemontese dell’Ottocento
Dal 19 Settembre 2014 al 11 Gennaio 2015
Torino
Luogo: Museo Accorsi Ometto
Indirizzo: via Po 55
Orari: da martedì a venerdì 10-13 / 14-18; sabato e domenica 10-13 / 14-19
Curatori: Giuseppe Luigi Marini
Costo del biglietto: € 6; visita guidata intero € 8, ridotto € 6 (fino a 26 anni, over 65, convenzioni)
Telefono per informazioni: +39 011 837688
E-Mail info: info@fondazioneaccorsi-ometto.it
Sito ufficiale: http://www.fondazioneaccorsi-ometto.it
Dopo le mostre dedicate ad Antonio Fontanesi e ad Alberto Pasini, la Fondazione Accorsi – Ometto prosegue con gli omaggi alla pittura italiana del XIX secolo: protagonista di questa nuova esposizione è Giovanni Battista Quadrone considerato uno dei massimi rappresentanti della pittura di genere dell’Ottocento italiano.
Il pittore nacque nel 1844 a Mondovì da una ricca famiglia di imprenditori di materiali lapidei e morì nel 1898 a Torino; apprezzati a livello internazionale, i suoi dipinti vennero collezionati, oltre che in Italia, anche in Europa e nelle Americhe, raggiungendo le più alte quotazioni di mercato negli anni ‘70 dell’Ottocento.
Esordì, sin dal 1865, nelle esposizioni nazionali con soggetti di storia e di costume nell’ambito del gusto «alla Meissonier», il pittore che conobbe a Parigi nel 1870 durante un soggiorno di pochi mesi.
Rientrato nel suo studio di Torino, Quadrone fu attivo nel capoluogo piemontese, a Mondovì e, dal 1883, soprattutto in Sardegna: qui vi ritornò numerose volte, richiamato dalle battute di caccia, lo sport venatorio che l’appassionava profondamente. Dai soggetti di caccia e di cani, nei quali analizzava la psicologia di uomini e di animali con occhio implacabile, passò a un nuovo interesse, suggeritogli dalla fascinazione sarda: un mondo arcaico e isolato, allora poco conosciuto che lo portò a realizzare dipinti finitissimi, caratterizzati da una esecuzione perfezionistica nell’insieme e nei dettagli che prevedeva un attento sondaggio dei temi, attraverso numerosi schizzi e studi preparatori. Un’autocritica rigorosa gli impediva di firmare un’opera che non fosse finita in ogni particolare con la perizia del miniatore.
Nell’ultimo decennio del secolo affrontò anche il tema dei guitti operosi nei circhi itineranti, i paesaggi e le scene di vita contadina nella propria tenuta presso Mondovì e le situazioni domestiche di quei soggiorni autunnali con la famiglia.
Per la sua precisione perfezionistica, poi nel Novecento condannata dalla critica come eccessiva, ottenne prestigiosi riconoscimenti pubblici quali gli acquisti di opere proprie per il Museo Civico di Torino e per la Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma, nonché il primo premio alla grande esposizione fiorentina del 1896-1897.
La mostra si compone di una quarantina di opere tra le più rappresentative dell’artista.
Il pittore nacque nel 1844 a Mondovì da una ricca famiglia di imprenditori di materiali lapidei e morì nel 1898 a Torino; apprezzati a livello internazionale, i suoi dipinti vennero collezionati, oltre che in Italia, anche in Europa e nelle Americhe, raggiungendo le più alte quotazioni di mercato negli anni ‘70 dell’Ottocento.
Esordì, sin dal 1865, nelle esposizioni nazionali con soggetti di storia e di costume nell’ambito del gusto «alla Meissonier», il pittore che conobbe a Parigi nel 1870 durante un soggiorno di pochi mesi.
Rientrato nel suo studio di Torino, Quadrone fu attivo nel capoluogo piemontese, a Mondovì e, dal 1883, soprattutto in Sardegna: qui vi ritornò numerose volte, richiamato dalle battute di caccia, lo sport venatorio che l’appassionava profondamente. Dai soggetti di caccia e di cani, nei quali analizzava la psicologia di uomini e di animali con occhio implacabile, passò a un nuovo interesse, suggeritogli dalla fascinazione sarda: un mondo arcaico e isolato, allora poco conosciuto che lo portò a realizzare dipinti finitissimi, caratterizzati da una esecuzione perfezionistica nell’insieme e nei dettagli che prevedeva un attento sondaggio dei temi, attraverso numerosi schizzi e studi preparatori. Un’autocritica rigorosa gli impediva di firmare un’opera che non fosse finita in ogni particolare con la perizia del miniatore.
Nell’ultimo decennio del secolo affrontò anche il tema dei guitti operosi nei circhi itineranti, i paesaggi e le scene di vita contadina nella propria tenuta presso Mondovì e le situazioni domestiche di quei soggiorni autunnali con la famiglia.
Per la sua precisione perfezionistica, poi nel Novecento condannata dalla critica come eccessiva, ottenne prestigiosi riconoscimenti pubblici quali gli acquisti di opere proprie per il Museo Civico di Torino e per la Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma, nonché il primo premio alla grande esposizione fiorentina del 1896-1897.
La mostra si compone di una quarantina di opere tra le più rappresentative dell’artista.
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