Dal 23 novembre al 5 marzo allo Städel Museum

Guido Reni, pennello "divino", in mostra a Francoforte

Guido Reni, Bacco e Arianna,1614-16 circa, Olio su tela,  86 x 96 cm, Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles | Foto: © Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles
 

Samantha De Martin

09/11/2022

Mondo - Mentre il Museo del Prado si accinge ad accogliere il 2023 con la grande mostra Guido Reni e la Spagna del Secolo d’Oro, Francoforte si prepara a celebrare il maestro con uno degli appuntamenti più attesi dell’inverno dell’arte.
Dal 23 novembre al 5 marzo il “divino” Guido Reni varcherà i cancelli dello Städel Museum con oltre 130 lavori, tra dipinti, stampe, disegni.
Per quale motivo, nonostante la fama che garantì all'artista l'appellativo di “divino”, il pennello di Reni fu a lungo avvolto dall’oblio, passando in secondo piano rispetto ai contemporanei come Caravaggio e Ludovico Carracci?
La retrospettiva a cura di Bastian Eclercy, organizzata in collaborazione con il Museo Nacional del Prado di Madrid, cercherà di far luce su questo mistero offrendo una nuova prospettiva sul pittore religioso e superstizioso al tempo stesso, irrimediabilmente dipendente dal gioco d'azzardo.


Guido Reni, Assunzione della Vergine,  1598-99 circa, Olio su rame, 44.4 x 58 cm, Städel Museum, Francoforte | Foto: © Städel Museum

L'artista che predilesse la rappresentazione di teste di Cristo e Maria, con i loro volti all'insù e lo sguardo al cielo, sarà in mostra con importanti capolavori della collezione del Museo Städel, come la tavola di rame Assunzione della Vergine, ai quali si affiancheranno opere in arrivo da oltre 60 istituzioni, tra musei internazionali e collezioni private, dal Museo Nacional del Prado di Madrid alla Galleria degli Uffizi di Firenze, dal Metropolitan Museum of Art di New York al Louvre.
Accanto a questi lavori il percorso espositivo porrà una serie di opere dell’artista mai esposte prima. In questa ricognizione dell'arte di Guido si alternano immagini tratte dai modelli che hanno influenzato la sua pratica, come Raffaello, Parmigianino, e Annibale Carracci, e rari documenti storici, come il libro dei conti del pittore per gli anni 1609–1612 in arrivo dalla Morgan Library & Museum di New York.


Guido Reni, Giuseppe e la moglie di Putifarre,1630 circa, Olio su tela, 169.5 x 126.4 cm, Los Angeles, The J. Paul Getty Museum | Foto: © The J. Paul Getty Museum, Los Angeles

“La mostra del Museo Städel, intitolata Guido Reni. Il Divino rappresenta la prima opportunità in più di 30 anni per far riscoprire al pubblico l'ex protagonista della pittura barocca italiana - spiega Philipp Demandt, direttore del museo tedesco -. Grazie ai nostri generosi finanziatori e sponsor siamo stati in grado di raccogliere il più grande insieme di opere mai riunite in un unico luogo. Guido Reni dominava la pittura barocca in Europa, ma la sua arte è stata ingiustamente trascurata. Proprio questi aspetti guidano la mostra dimostrando perché invece Reni rappresenti uno dei pittori più celebri nell'Italia del XVII secolo”.

Tra i masterpieces del percorso spiccano anche l'Assunzione della Vergine e Cristo alla colonna fresco di restauro. Il racconto espositivo intorno al visionario Reni si snoda in dieci capitoli cronologici, ciascuno dedicato a un tema, senza trascurare gli episodi cruciali della sua carriera rivelati nella biografia dello studioso bolognese Carlo Cesare Malvasia, pubblicata nel 1678.
Se il primo capitolo accoglie le due versioni dell'Assunzione e Incoronazione della Vergine del Museo del Prado e della National Gallery di Londra, la complessa personalità del pittore emerge nella sezione di apertura sotto forma di ritratti. Le prime pale d'altare e i quadri devozionali, oltre a virtuosi disegni a gesso realizzati durante la frequentazione dell'Accademia dei Carracci, mostrano come Reni abbia forgiato un vocabolario visivo personalissimo unendo il tardo manierismo del fiammingo Calvaert, la pittura innovativa di Carracci e lo studio di artisti dell'Alto Rinascimento come Raffaello e Parmigianino.


Guido Reni, Atalanta e Ippomene,1615-18 circa, Olio su tela, 297 x 206 cm, Madrid, Museo Nacional del Prado | Foto: © Museo Nacional del Prado, Madrid

Il capolavoro di Reni Cristo alla Colonna dimostra l'influenza formativa di Caravaggio, maestro che il pittore incontrò a Roma dopo il suo trasferimento nel 1601. Si aggiungono al percorso la grande pala d'altare con il Martirio di Santa Caterina e David con la testa di Golia dove è forte l’influsso della scultura antica. Il ritorno a Bologna, nel 1614, dopo tredici anni di assenza, coincide con dipinti a mezza figura come Lot e le sue figlie in arrivo a Francoforte dalla National Gallery di Londra e la Conversione di Saulo. A svelare la “seconda maniera” di Reni, coincidente con la fine degli anni '20 del Seicento, quando la tavolozza del pittore diventa sempre più rarefatta, a conferire ai dipinti successivi uno splendore porcellanato fino ad allora sconosciuto, sono opere come la Visione di sant'Andrea Corsini dagli Uffizi e il Cristo sulla croce dalla Galleria Estense di Modena.


Guido Reni, Maddalena Penitente, 1635 circa, Olio su tela, 74.3 x 90 cm, Baltimora, The Walters Art Museum | Foto: © The Walters Art Museum, Baltimora

Gli ultimissimi anni della vita di Guido Reni forniscono uno spaccato affascinante del metodo di lavoro del pittore. Alcuni passaggi di queste opere, come Salomè con la testa di Giovanni Battista dal The Art Institute of Chicago rimangono simili a schizzi, dipinti deliberatamente eseguiti in modo superficiale dove il colore risulta semplicemente steso. Si tratta di lavori affascinanti che sanciscono un finale pittorico furioso nell’ultima fase artistica del divino Reni.

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