Athos Ongaro
Athos Ongaro - Senza Titolo
Dal 09 Ottobre 2011 al 27 Novembre 2011
Prato
Luogo: Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Indirizzo: Viale della Repubblica, 277
Orari: tutti i giorni 10-19. Chiuso il martedì
Curatori: Marco senaldi
Costo del biglietto: intero 4 euro, ridotto 3 euro
Dal 9 ottobre al 27 novembre 2011 il Centro per l'arte contemporanea Luigi
Pecci di Prato presenta la mostra personale di ATHOS ONGARO, curata da
Marco Senaldi in stretta collaborazione con l’artista.
Athos Ongaro è un artista irregolare che, sistematicamente in oltre
quarant'anni di attività, ha evitato di lasciarsi incasellare nelle
tendenze artistiche prevalenti dimostrando, anzi, con la sua opera come
quelle classificazioni fossero discutibili e in ultima analisi fuorvianti.
Di solito si definisce un artista "irregolare" in ossequio all'idea che la
sua posizione sia eroica, ma poco chiara. In realtà, è proprio il tentare
strade nuove, il peregrinare con poco bagaglio, l'avventurarsi in territori
scarsamente frequentati, ciò che indica coraggio, assunzione del rischio,
sbilanciamento sul futuro: Ongaro è un coraggioso irregolare esattamente in
questo senso.
La sua arte mantiene una quota di ambiguità che resiste a qualunque
interpretazione. Nelle sue opere si assiste a una messinscena inesauribile,
in cui fanno la loro comparsa figure derivanti dalla civiltà minoica, dalla
mitologia classica, dal cristianesimo, dal manierismo, dal neoclassicismo,
ma anche dal liberty, dal minimalismo, dal mondo delle fiabe e dei cartoon
americani, elementi sempre riletti in una chiave inedita, spesso irridente,
solo in apparenza irriverente.
I lavori di Ongaro, che siano sculture, bassorilievi, mosaici o pitture,
danno vita a un universo di senso stratificato, pieno di rimandi e di
grande impatto. Al riparo dalle tendenze e dalle mode, egli ha costruito un
"piano di consistenza" coerente e in perfetta sincronia nel suo stesso
radicale anacronismo, che la mostra pone in evidenza.
La concezione della mostra sottolinea la poetica di Ongaro, disposta lungo
due assi espressivi e insieme ideologici: da un lato la dissoluzione di
ogni identificazione stabile con un modo, o maniera, o stile predefinito;
dall’altro la ridistribuzione dei materiali eterogenei così ottenuti su un
piano di sostanziale concomitanza.
Classico, manierismo, barocco, postmoderno, ma anche minimalismo, pop,
citazionismo, sono categorie che vengono spostate rispetto a se stesse,
sfasate nei confronti della propria identità. È questo spostamento che dà
alla ricerca di Ongaro quella particolare atmosfera di incertezza
"esistenziale" che ne costituisce il fascino specifico.
Nelle sue opera, inoltre, è sempre presente un confronto con i materiali,
le tecniche, la manualità, che toglie ogni dubbio e che calma l'incertezza
intellettuale. Ogni creazione è un talismano, un oggetto dotato di un
potere magico, anzi taumaturgico, che tocca l'anima ammalata e la guarisce.
Come ha scritto il grande giornalista politico Saverio Vertone, nelle
opere di Ongaro c'è sempre "qualcosa di strano… per la mescolanza
inconsueta di verismo e di artificio, per l'iperbole stravagante della
realtà minuta e delle sue smorfie quotidiane; e anche per il dissidio
latente tra la precisione lombrosiana delle fisionomie e la lontananza
siderale della luce".
Il percorso espositivo comprende opere inedite degli esordi, nei primi
anni Settanta, che costituiscono le premesse di quanto l'artista dichiara
successivamente, negli anni Ottanta e Novanta, con le sue sculture: la
riconsiderazione del ruolo della "classicità" nel nostro bagaglio
iconografico; la compresenza di "classico, neoclassico, anticlassico"; il
recupero dell’arte minoica con le sue forme ancestrali e insieme
spaventosamente moderne come esempio autonomo e distinto. Nella produzione
pittorica posteriore al 2000, anno di "svolta" per Ongaro, compaiono quindi
suggestioni provenienti dagli universi simbolici più disparati, dalla
statuaria minoica a Duchamp, dai cartoni animati di tendenza come Chicken &
Cow, a rimandi alle favole come Pinocchio o Cappuccetto Rosso, dalle teste
in pietra dei Moai a personaggi letterari come Lolita, ogni rimando viene
collocato all’interno di una cornice cosmico-paesaggsitica che ne
ricomprende il senso e ne idealizza la funzione.
In mostra, il visitatore è invitato a leggere le opere di Ongaro come una
sequenza di parabole, come una serie di racconti da Mille e una notte, come
una collana di incantesimi generati dalla magia di questo solitario cowboy
dell’arte contemporanea.
Pecci di Prato presenta la mostra personale di ATHOS ONGARO, curata da
Marco Senaldi in stretta collaborazione con l’artista.
Athos Ongaro è un artista irregolare che, sistematicamente in oltre
quarant'anni di attività, ha evitato di lasciarsi incasellare nelle
tendenze artistiche prevalenti dimostrando, anzi, con la sua opera come
quelle classificazioni fossero discutibili e in ultima analisi fuorvianti.
Di solito si definisce un artista "irregolare" in ossequio all'idea che la
sua posizione sia eroica, ma poco chiara. In realtà, è proprio il tentare
strade nuove, il peregrinare con poco bagaglio, l'avventurarsi in territori
scarsamente frequentati, ciò che indica coraggio, assunzione del rischio,
sbilanciamento sul futuro: Ongaro è un coraggioso irregolare esattamente in
questo senso.
La sua arte mantiene una quota di ambiguità che resiste a qualunque
interpretazione. Nelle sue opere si assiste a una messinscena inesauribile,
in cui fanno la loro comparsa figure derivanti dalla civiltà minoica, dalla
mitologia classica, dal cristianesimo, dal manierismo, dal neoclassicismo,
ma anche dal liberty, dal minimalismo, dal mondo delle fiabe e dei cartoon
americani, elementi sempre riletti in una chiave inedita, spesso irridente,
solo in apparenza irriverente.
I lavori di Ongaro, che siano sculture, bassorilievi, mosaici o pitture,
danno vita a un universo di senso stratificato, pieno di rimandi e di
grande impatto. Al riparo dalle tendenze e dalle mode, egli ha costruito un
"piano di consistenza" coerente e in perfetta sincronia nel suo stesso
radicale anacronismo, che la mostra pone in evidenza.
La concezione della mostra sottolinea la poetica di Ongaro, disposta lungo
due assi espressivi e insieme ideologici: da un lato la dissoluzione di
ogni identificazione stabile con un modo, o maniera, o stile predefinito;
dall’altro la ridistribuzione dei materiali eterogenei così ottenuti su un
piano di sostanziale concomitanza.
Classico, manierismo, barocco, postmoderno, ma anche minimalismo, pop,
citazionismo, sono categorie che vengono spostate rispetto a se stesse,
sfasate nei confronti della propria identità. È questo spostamento che dà
alla ricerca di Ongaro quella particolare atmosfera di incertezza
"esistenziale" che ne costituisce il fascino specifico.
Nelle sue opera, inoltre, è sempre presente un confronto con i materiali,
le tecniche, la manualità, che toglie ogni dubbio e che calma l'incertezza
intellettuale. Ogni creazione è un talismano, un oggetto dotato di un
potere magico, anzi taumaturgico, che tocca l'anima ammalata e la guarisce.
Come ha scritto il grande giornalista politico Saverio Vertone, nelle
opere di Ongaro c'è sempre "qualcosa di strano… per la mescolanza
inconsueta di verismo e di artificio, per l'iperbole stravagante della
realtà minuta e delle sue smorfie quotidiane; e anche per il dissidio
latente tra la precisione lombrosiana delle fisionomie e la lontananza
siderale della luce".
Il percorso espositivo comprende opere inedite degli esordi, nei primi
anni Settanta, che costituiscono le premesse di quanto l'artista dichiara
successivamente, negli anni Ottanta e Novanta, con le sue sculture: la
riconsiderazione del ruolo della "classicità" nel nostro bagaglio
iconografico; la compresenza di "classico, neoclassico, anticlassico"; il
recupero dell’arte minoica con le sue forme ancestrali e insieme
spaventosamente moderne come esempio autonomo e distinto. Nella produzione
pittorica posteriore al 2000, anno di "svolta" per Ongaro, compaiono quindi
suggestioni provenienti dagli universi simbolici più disparati, dalla
statuaria minoica a Duchamp, dai cartoni animati di tendenza come Chicken &
Cow, a rimandi alle favole come Pinocchio o Cappuccetto Rosso, dalle teste
in pietra dei Moai a personaggi letterari come Lolita, ogni rimando viene
collocato all’interno di una cornice cosmico-paesaggsitica che ne
ricomprende il senso e ne idealizza la funzione.
In mostra, il visitatore è invitato a leggere le opere di Ongaro come una
sequenza di parabole, come una serie di racconti da Mille e una notte, come
una collana di incantesimi generati dalla magia di questo solitario cowboy
dell’arte contemporanea.
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