Fino al 23 giugno la 37° edizione della rassegna internazionale
“Il cinematografo mi fa paura”: all'Asolo Art Film Festival con Cosimo Terlizzi
Asolo Art Film Festival 2019, "Il cinematografo mi fa paura"
Francesca Grego
18/06/2019
Treviso - È iniziato il conto alla rovescia per la 37ma edizione dell’
•Asolo Art Film Festival, la più antica rassegna al mondo dedicata ai rapporti tra cinema e arti visive. A partire da giovedì 20 giugno, la “città dei cento orizzonti” in provincia di Treviso sarà protagonista di quattro giorni densi di proiezioni, approfondimenti, incontri ravvicinati con i protagonisti, tra anteprime, installazioni, performance live e dj set serali.
Un programma di respiro internazionale all’insegna del rinnovamento e della sperimentazione quello messo a punto dal nuovo direttore artistico Cosimo Terlizzi, regista e artista poliedrico in viaggio tra fotografia, videoarte e performance, che guarda lontano pensando già alla prossima edizione.
Abbiamo chiesto a Terlizzi di farci da guida all’interno della nutrita offerta del Festival 2019, che vedrà dipanarsi lungo il filo rosso del cinema storie ed emozioni provenienti dal mondo della pittura, della videoarte, della danza, del teatro, con un occhio speciale sulla realtà che ci circonda.
“Dirigere l’Asolo Art Film Festival è un’esperienza veramente affascinante, complessa quasi come realizzare un film per l’industria del cinema!”, spiega Cosimo: “Ultimamente la vita mi ha portato in direzioni impreviste. Come quando ho girato Dei (la sua opera prima per il cinema, prodotta nel 2018 dalla Buena Onda di Riccardo Scamarcio, Valeria Golino e Viola Prestieri, ndr), anche di fronte alla proposta del Festival ho avuto per un attimo il timore di tradire il mio mestiere di artista. Poi in entrambi i casi ho capito che l’importante era usare lo stesso approccio, la stessa sensibilità che mi anima quando creo le mie opere: guardare gli ospiti e i film in concorso con la curiosità e l’apertura che caratterizzano la mia ricerca. Al di là delle apparenze, fare il direttore è una gran fatica, perché sei capo e operaio insieme. Ma soprattutto è una bella avventura: come nell’arte, sai dove inizi e non sai dove arriverai”.
Che cosa vedremo ad Asolo dal 20 al 23 giugno?
“Un Festival assolutamente contemporaneo, che indaga con i linguaggi più attuali le urgenze e le inquietudini della realtà che ci circonda, senza paura di esporsi. L’edizione di quest’anno sarà un dialogo di sguardi, persone ed esperienze provenienti da background e generazioni diversissime: dai grandi nomi a una selezione di giovani artisti che hanno molto da esprimere, dai talenti di casa nostra a tante proposte interessanti approdate ad Asolo da tutto il mondo.
Non è stato facile scegliere i film in concorso tra le 500 candidature giunte da 45 paesi. Con l’aiuto di nove fantastici selezionatori (Milo Adami, Carmen Albergo, Vito Contento, Riccardo De Cal, Piero Deggiovanni, Michele Faggi, Davide Mastrangelo, Muna Mussie, Valerie Raho) siamo arrivati a 50 titoli: un programma ricco e di qualità, perché frutto dell’incrocio di prospettive differenti, tutte di alto livello”.
“Il cinematografo mi fa paura” è il titolo del Festival di quest’anno… Che cosa vuole esprimere?
“Si tratta di una frase di Eleonora Duse, la diva del teatro otto-novecentesco che fece di Asolo il proprio rifugio. Rappresenta l’inquietudine dell’attrice di fronte a un mezzo nuovo e alieno come il cinema, che già esercitava un potente appeal sul pubblico e stava mettendo in discussione il ruolo del teatro. Non a caso la Duse chiamava il cinema ‘la belva’. Un fenomeno già visto con l’ascesa della fotografia a scapito della pittura e che oggi si ripresenta alla grande con l’affermazione del web, una minaccia dirompente per il cinema e la sua fruizione in sala, per i giornali cartacei, i libri, per il ruolo dei critici e per le gallerie d’arte contemporanea… Le carte si stanno rimescolando ancora, dando vita a un universo di pratiche, idee e sentimenti che merita assolutamente di essere indagato”.
Quali sono le novità di questa edizione?
“In primo luogo la nuova sezione Post Internet Art, pensata insieme allo studioso Piero Deggiovanni, che si occupa di questi fenomeni a livello di ricerca universitaria. Come sono cambiate le nostre vite, il nostro modo di guardare la realtà con l’uso pervasivo della rete? Gli artisti stanno rielaborando le esperienze in atto attraverso estetiche, linguaggi e racconti inediti che abbiamo esplorato con grande interesse.
L’altra sezione nuova è Affioramenti, frutto dei rapporti che abbiamo intrecciato con l’Accademia di Belle Arti di Bologna, lo IUAV di Venezia, il NABA di Milano, l’ISIA di Urbino, lo HEAD di Ginevra, il Trinity College di Dublino: una finestra aperta sulle nuove generazioni, per capire come stiano filtrando nei video una realtà complessa come quella contemporanea. È una sezione fuori concorso su cui stiamo investendo molto, l’anno prossimo sarà ancora più forte.
Infine abbiamo lavorato sulle relazioni con le realtà culturali locali: per esempio Asolo Musica interverrà coproducendo la sonorizzazione di Cenere, l’opera dedicata a Eleonora Duse che introdurrà la rassegna in un cineconcerto, mentre Opera Estate - Festival di danza contemporanea di rilievo internazionale - assegnerà tre menzioni speciali ad altrettante opere di video-danza in concorso, così come Ibrida Festival di Forlì farà per la videoarte. In questo modo l’Asolo Art Film Festival diventa un luogo fertile di scambi, incontri e dialogo”.
Quali sono i titoli da non perdere nelle due macro sezioni del Festival, Film sull’Arte e Film d’Arte?
Tra i film sull’arte segnalo due prime mondiali dedicate a una coppia di grandi donne. La prima riguarda la pittrice franco-olandese Jacqueline De Jong, ora ottantenne, che nei suoi dipinti ha mescolato con disinvoltura eros, umorismo e violenza. ‘Non smettere mai di essere disobbedienti’ è il suo motto, che lascia il segno anche nel film diretto da François Lévy-Kuenz. L’altro è su Ruth Weiss, artista statunitense della Beat Generation conosciuta in tutto il mondo, che vedremo nel racconto multidisciplinare Melody C. Miller. E poi consiglio di non perdere Kemp, atteso ritratto di un’icona della danza contemporanea girato dal noto attore italiano Edoardo Gabbriellini: l’ultima traccia del ballerino, mimo, coreografo e regista britannico che è scomparso subito dopo le riprese, dopo aver ispirato con il suo lavoro David Bowie, Kate Bush, Derek Jarman.
Tra i Corti sull’Arte vedremo Desert di Studio Azzurro, mentre tra gli Art Film scopriremo come i linguaggi convenzionali del cinema possano ancora essere messi in discussione: per esempio Frase d’Arme di Federico Di Corato riflette sulle modalità della narrazione attraverso i video di una vacanza girati con una vecchia telecamera da viaggio. Qua e là la pellicola è stata cancellata, così il racconto si interrompe fagocitando i ricordi dei protagonisti e stimolando interessanti riflessioni sulle modalità del racconto filmico.
Tra le opere di videoarte segnalo La Via Divina di Ilaria Di Carlo: qui le immagini di una ragazza in viaggio lungo un infinito labirinto di scale evocano in chiave contemporanea la Divina Commedia di Dante. Con Nostalgia for existing without delay del regista polacco Slawomir Milewski invece scopriremo il mondo della trasgressione attraverso l’ironia, la sensualità e il senso dell’assurdo dell’antropologo surrealista Georges Bataille, mentre Far Fa Loo di Luis Grane ci riporta ai nostri giorni tra followers e guru del web.
Inoltre sono felicissimo di ripresentare in un evento speciale L’Arte viva di Julian Schnabel, di Pappi Corsicato: l’omaggio di un artista a un altro artista, un bel gesto a cui ho voluto ridare visibilità. Tanto più che è stato prodotto da Valeria Golino, che nella serata del 22 giugno riceverà il Premio Duse alla carriera.
E nelle nuove sezioni quali opere suggerisci di guardare con particolare attenzione?
“Tra i lavori di Post Internet segnalerei certamente ASMRRRR molesto della giovane Ilaria Pezone, che attraverso lo strumento della parodia evidenzia il lato grottesco degli asmr, quei “video sussurrati” diffusi sulle piattaforme di streaming online che ultimamente sono al centro di polemiche e teorie di vario genere. Anche D.^^.$.®. (Dance.Music.Sex.Romance) di Samuel Fouracre mostra come la rete ha cambiato le nostre vite, in particolare l’immagine che abbiamo di noi stessi e le conseguenze di questo ‘ego-teismo’ sulle relazioni affettive ed erotiche.
In Affioramenti suggerirei di tenere d’occhio il suggestivo Ubi Maior Ibi Oculus, girato da due studenti del Trinity College di Dublino, e Proprio come per le formule magiche, una video performance arrivata dallo IUAV di Venezia, che mostra cosa può diventare la poesia se letta da una voce automatica.
Infine in Videoclip, altra interessante sezione fuori concorso, non perderei Kulnig dell’animatrice e illustratrice napoletana Valentina Galluccio aka VAGA.
Sono davvero tanti gli spunti arrivati dalle nuove tecnologie. A Cosimo Terlizzi fa paura la vita nell’era del digitale?
“Probabilmente siamo ancora nell’infanzia del web, una fase di sperimentazione totale in cui è inevitabile fare degli errori. La ‘belva’ che terrorizzava la Duse si è smaterializzata, ci circonda come l’aria che respiriamo. Ci guarda e galvanizza il nostro sguardo dai social, negli infiniti riflessi di noi stessi che proiettiamo all’esterno, in quello che Jean Baudrillard avrebbe definito un uso “orgiastico” del mezzo. Personalmente resto spesso perplesso. Dobbiamo ancora imparare a rapportarci con questo strano mix di verità e finzione, ma probabilmente è proprio da questo marasma che verrà fuori la vera arte del nostro tempo.
È quindi fondamentale non chiudere gli occhi di fronte alle emergenze del contemporaneo, ma metterle in gioco pienamente, senza badare alle etichette che ci attaccheranno addosso. In caso contrario nell’arte non resterebbe traccia di quello che stiamo vivendo”.
Parliamo di Cenere, la tua versione del film con Eleonora Duse che darà il benvenuto agli spettatori dell’Asolo Art Film Festival...
“Pensando ad Asolo mi è subito venuta in mente Eleonora Duse. Tanti anni fa, quando studiavo arte e teatro al DAMS di Bologna, per caso passai di qui in macchina con un amico. Fu lui a indicarmi la casa della Duse e per qualche motivo la cosa mi colpì. Dopo aver accettato l’incarico di direttore del Festival mi sono chiesto se la Divina avesse mai avuto rapporti con il cinema. Così ho scoperto Cenere: il più grande flop della storia del film muto italiano! E visto che mi piacciono le imprese un po’ temerarie ho pensato di rimetterlo in gioco per guardarlo finalmente con occhi nuovi”.
Come hai fatto?
“Sono andato alla ricerca delle ragioni dell’insuccesso e mi sono imbattuto nelle lettere private dell’attrice alla figlia: l’emozionante racconto in prima persona di un momento cruciale per la storia delle arti, quello dell’affermazione del cinema, che per molti artisti fu un vero terremoto.
All’epoca per girare un film erano necessarie macchine ingombranti, molto spazio e molta luce, con il rischio di bruciare le fragili pellicole di celluloide: tanto impegno per portare sullo schermo dei personaggi muti! In più era necessario reinventarsi dal punto di vista dei linguaggi di scena. Come accennavo prima, per la Duse il nuovo dispositivo era “la belva”, un animale pericoloso che minacciava di fagocitarla: la tipica inquietudine dell’artista di fronte alla potenza del mezzo, con cui non potevo che simpatizzare.
Così ho deciso di portare alla luce quello che per tanti anni era stato dimenticato. Con la voce di Fiorenza Menni - grande interprete del teatro contemporaneo e…vincitrice di un Premio Duse! - ho sovrapposto alle immagini del film brani tratti dal carteggio dell’attrice, mentre Luca Maria Baldini si è occupato della musica. La nuova sonorizzazione ci porta nella mente e nelle emozioni di Eleonora Duse durante il suo traumatico battesimo cinematografico, svelando quelli che potevano essere i suoi pensieri nel corso della lavorazione del film”.
Sei regista, videoartista, fotografo, ideatore di performance e ora anche direttore di festival. Quali sono le tue idee sul rapporto cinema-arte?
“Arte e cinema non sono ambiti separati, i muri che sono stati eretti tra le diverse discipline - arti plastiche e visive, cinema, danza, teatro - sono innaturali e artificiosi. Adesso lo vediamo sempre meglio. Probabilmente il linguaggio audiovisivo è il più adatto a rimettere tutto insieme, perché nonostante le sale semivuote il cinema continua a far brillare gli occhi del pubblico, a esercitare un richiamo immediato e coinvolgente”.
In una galassia così ampia, quali sono I filoni più interessanti a tuo parere?
“Sta riaffiorando in forme nuove quello che in passato abbiamo forse un po’ sbrigativamente bollato come ‘romantico’. Il rapporto con la natura, l’avventura delle relazioni con gli altri oggi sono argomenti tutt’altro che scontati e anzi offrono spunti per riflessioni molto attuali. Per esempio si è parlato tanto dell’ossessione dei social per i gattini: qui abbiamo un video in cui la protagonista esce di casa per cercare il gatto e scopre finalmente il proprio quartiere. O un art film che mette a confronto in una stanza chiusa una donna e tre animali, cercando di rispondere alla domanda posta da Jacques Derrida: che cosa vede l’animale quando mi guarda?”.
In definitiva, perché venire all’Asolo Art Film Festival?
“Per fare il punto sull’arte del cinema e sull’arte al cinema, per conoscere storie nuove o dimenticate e immergersi nell’immaginario del nostro tempo. Per curiosare in un ambito creativo non troppo conosciuto ma di dimensioni internazionali, che al Festival si rivelerà in tutta la sua ricchezza attraverso le esperienze di artisti di tutto il mondo.
Perché Asolo è un bellissimo paesino circondato da boschi, che accoglierà gli spettatori in una dimensione molto intima e inclusiva, dove tutti avranno la possibilità di dialogare con autori, artisti, performer… probabilmente a temperature più fresche che nella maggior parte delle città italiane!”
Leggi anche:
• ARTE.it media partner dell'Asolo Art Film Festival
• Asolo Art Film Festival 2019: “Il cinematografo mi fa paura”. Dall’inquietudine di Eleonora Duse (1916) alla post internet art (2019). Fascinazione dell’immagine in movimento
• Più de la vita: all'Asolo Art Film Festival 40 anni di carriera di Michele Sambin
• Asolo Art Film Festival: una tradizione lungimirante
• 500 opere da tutto il mondo per Asolo Art Film Festival 2019
• Asolo Art Film Festival alla ricerca di artisti e talenti
•Asolo Art Film Festival, la più antica rassegna al mondo dedicata ai rapporti tra cinema e arti visive. A partire da giovedì 20 giugno, la “città dei cento orizzonti” in provincia di Treviso sarà protagonista di quattro giorni densi di proiezioni, approfondimenti, incontri ravvicinati con i protagonisti, tra anteprime, installazioni, performance live e dj set serali.
Un programma di respiro internazionale all’insegna del rinnovamento e della sperimentazione quello messo a punto dal nuovo direttore artistico Cosimo Terlizzi, regista e artista poliedrico in viaggio tra fotografia, videoarte e performance, che guarda lontano pensando già alla prossima edizione.
Abbiamo chiesto a Terlizzi di farci da guida all’interno della nutrita offerta del Festival 2019, che vedrà dipanarsi lungo il filo rosso del cinema storie ed emozioni provenienti dal mondo della pittura, della videoarte, della danza, del teatro, con un occhio speciale sulla realtà che ci circonda.
“Dirigere l’Asolo Art Film Festival è un’esperienza veramente affascinante, complessa quasi come realizzare un film per l’industria del cinema!”, spiega Cosimo: “Ultimamente la vita mi ha portato in direzioni impreviste. Come quando ho girato Dei (la sua opera prima per il cinema, prodotta nel 2018 dalla Buena Onda di Riccardo Scamarcio, Valeria Golino e Viola Prestieri, ndr), anche di fronte alla proposta del Festival ho avuto per un attimo il timore di tradire il mio mestiere di artista. Poi in entrambi i casi ho capito che l’importante era usare lo stesso approccio, la stessa sensibilità che mi anima quando creo le mie opere: guardare gli ospiti e i film in concorso con la curiosità e l’apertura che caratterizzano la mia ricerca. Al di là delle apparenze, fare il direttore è una gran fatica, perché sei capo e operaio insieme. Ma soprattutto è una bella avventura: come nell’arte, sai dove inizi e non sai dove arriverai”.
Che cosa vedremo ad Asolo dal 20 al 23 giugno?
“Un Festival assolutamente contemporaneo, che indaga con i linguaggi più attuali le urgenze e le inquietudini della realtà che ci circonda, senza paura di esporsi. L’edizione di quest’anno sarà un dialogo di sguardi, persone ed esperienze provenienti da background e generazioni diversissime: dai grandi nomi a una selezione di giovani artisti che hanno molto da esprimere, dai talenti di casa nostra a tante proposte interessanti approdate ad Asolo da tutto il mondo.
Non è stato facile scegliere i film in concorso tra le 500 candidature giunte da 45 paesi. Con l’aiuto di nove fantastici selezionatori (Milo Adami, Carmen Albergo, Vito Contento, Riccardo De Cal, Piero Deggiovanni, Michele Faggi, Davide Mastrangelo, Muna Mussie, Valerie Raho) siamo arrivati a 50 titoli: un programma ricco e di qualità, perché frutto dell’incrocio di prospettive differenti, tutte di alto livello”.
“Il cinematografo mi fa paura” è il titolo del Festival di quest’anno… Che cosa vuole esprimere?
“Si tratta di una frase di Eleonora Duse, la diva del teatro otto-novecentesco che fece di Asolo il proprio rifugio. Rappresenta l’inquietudine dell’attrice di fronte a un mezzo nuovo e alieno come il cinema, che già esercitava un potente appeal sul pubblico e stava mettendo in discussione il ruolo del teatro. Non a caso la Duse chiamava il cinema ‘la belva’. Un fenomeno già visto con l’ascesa della fotografia a scapito della pittura e che oggi si ripresenta alla grande con l’affermazione del web, una minaccia dirompente per il cinema e la sua fruizione in sala, per i giornali cartacei, i libri, per il ruolo dei critici e per le gallerie d’arte contemporanea… Le carte si stanno rimescolando ancora, dando vita a un universo di pratiche, idee e sentimenti che merita assolutamente di essere indagato”.
Quali sono le novità di questa edizione?
“In primo luogo la nuova sezione Post Internet Art, pensata insieme allo studioso Piero Deggiovanni, che si occupa di questi fenomeni a livello di ricerca universitaria. Come sono cambiate le nostre vite, il nostro modo di guardare la realtà con l’uso pervasivo della rete? Gli artisti stanno rielaborando le esperienze in atto attraverso estetiche, linguaggi e racconti inediti che abbiamo esplorato con grande interesse.
L’altra sezione nuova è Affioramenti, frutto dei rapporti che abbiamo intrecciato con l’Accademia di Belle Arti di Bologna, lo IUAV di Venezia, il NABA di Milano, l’ISIA di Urbino, lo HEAD di Ginevra, il Trinity College di Dublino: una finestra aperta sulle nuove generazioni, per capire come stiano filtrando nei video una realtà complessa come quella contemporanea. È una sezione fuori concorso su cui stiamo investendo molto, l’anno prossimo sarà ancora più forte.
Infine abbiamo lavorato sulle relazioni con le realtà culturali locali: per esempio Asolo Musica interverrà coproducendo la sonorizzazione di Cenere, l’opera dedicata a Eleonora Duse che introdurrà la rassegna in un cineconcerto, mentre Opera Estate - Festival di danza contemporanea di rilievo internazionale - assegnerà tre menzioni speciali ad altrettante opere di video-danza in concorso, così come Ibrida Festival di Forlì farà per la videoarte. In questo modo l’Asolo Art Film Festival diventa un luogo fertile di scambi, incontri e dialogo”.
Quali sono i titoli da non perdere nelle due macro sezioni del Festival, Film sull’Arte e Film d’Arte?
Tra i film sull’arte segnalo due prime mondiali dedicate a una coppia di grandi donne. La prima riguarda la pittrice franco-olandese Jacqueline De Jong, ora ottantenne, che nei suoi dipinti ha mescolato con disinvoltura eros, umorismo e violenza. ‘Non smettere mai di essere disobbedienti’ è il suo motto, che lascia il segno anche nel film diretto da François Lévy-Kuenz. L’altro è su Ruth Weiss, artista statunitense della Beat Generation conosciuta in tutto il mondo, che vedremo nel racconto multidisciplinare Melody C. Miller. E poi consiglio di non perdere Kemp, atteso ritratto di un’icona della danza contemporanea girato dal noto attore italiano Edoardo Gabbriellini: l’ultima traccia del ballerino, mimo, coreografo e regista britannico che è scomparso subito dopo le riprese, dopo aver ispirato con il suo lavoro David Bowie, Kate Bush, Derek Jarman.
Tra i Corti sull’Arte vedremo Desert di Studio Azzurro, mentre tra gli Art Film scopriremo come i linguaggi convenzionali del cinema possano ancora essere messi in discussione: per esempio Frase d’Arme di Federico Di Corato riflette sulle modalità della narrazione attraverso i video di una vacanza girati con una vecchia telecamera da viaggio. Qua e là la pellicola è stata cancellata, così il racconto si interrompe fagocitando i ricordi dei protagonisti e stimolando interessanti riflessioni sulle modalità del racconto filmico.
Tra le opere di videoarte segnalo La Via Divina di Ilaria Di Carlo: qui le immagini di una ragazza in viaggio lungo un infinito labirinto di scale evocano in chiave contemporanea la Divina Commedia di Dante. Con Nostalgia for existing without delay del regista polacco Slawomir Milewski invece scopriremo il mondo della trasgressione attraverso l’ironia, la sensualità e il senso dell’assurdo dell’antropologo surrealista Georges Bataille, mentre Far Fa Loo di Luis Grane ci riporta ai nostri giorni tra followers e guru del web.
Inoltre sono felicissimo di ripresentare in un evento speciale L’Arte viva di Julian Schnabel, di Pappi Corsicato: l’omaggio di un artista a un altro artista, un bel gesto a cui ho voluto ridare visibilità. Tanto più che è stato prodotto da Valeria Golino, che nella serata del 22 giugno riceverà il Premio Duse alla carriera.
E nelle nuove sezioni quali opere suggerisci di guardare con particolare attenzione?
“Tra i lavori di Post Internet segnalerei certamente ASMRRRR molesto della giovane Ilaria Pezone, che attraverso lo strumento della parodia evidenzia il lato grottesco degli asmr, quei “video sussurrati” diffusi sulle piattaforme di streaming online che ultimamente sono al centro di polemiche e teorie di vario genere. Anche D.^^.$.®. (Dance.Music.Sex.Romance) di Samuel Fouracre mostra come la rete ha cambiato le nostre vite, in particolare l’immagine che abbiamo di noi stessi e le conseguenze di questo ‘ego-teismo’ sulle relazioni affettive ed erotiche.
In Affioramenti suggerirei di tenere d’occhio il suggestivo Ubi Maior Ibi Oculus, girato da due studenti del Trinity College di Dublino, e Proprio come per le formule magiche, una video performance arrivata dallo IUAV di Venezia, che mostra cosa può diventare la poesia se letta da una voce automatica.
Infine in Videoclip, altra interessante sezione fuori concorso, non perderei Kulnig dell’animatrice e illustratrice napoletana Valentina Galluccio aka VAGA.
Sono davvero tanti gli spunti arrivati dalle nuove tecnologie. A Cosimo Terlizzi fa paura la vita nell’era del digitale?
“Probabilmente siamo ancora nell’infanzia del web, una fase di sperimentazione totale in cui è inevitabile fare degli errori. La ‘belva’ che terrorizzava la Duse si è smaterializzata, ci circonda come l’aria che respiriamo. Ci guarda e galvanizza il nostro sguardo dai social, negli infiniti riflessi di noi stessi che proiettiamo all’esterno, in quello che Jean Baudrillard avrebbe definito un uso “orgiastico” del mezzo. Personalmente resto spesso perplesso. Dobbiamo ancora imparare a rapportarci con questo strano mix di verità e finzione, ma probabilmente è proprio da questo marasma che verrà fuori la vera arte del nostro tempo.
È quindi fondamentale non chiudere gli occhi di fronte alle emergenze del contemporaneo, ma metterle in gioco pienamente, senza badare alle etichette che ci attaccheranno addosso. In caso contrario nell’arte non resterebbe traccia di quello che stiamo vivendo”.
Parliamo di Cenere, la tua versione del film con Eleonora Duse che darà il benvenuto agli spettatori dell’Asolo Art Film Festival...
“Pensando ad Asolo mi è subito venuta in mente Eleonora Duse. Tanti anni fa, quando studiavo arte e teatro al DAMS di Bologna, per caso passai di qui in macchina con un amico. Fu lui a indicarmi la casa della Duse e per qualche motivo la cosa mi colpì. Dopo aver accettato l’incarico di direttore del Festival mi sono chiesto se la Divina avesse mai avuto rapporti con il cinema. Così ho scoperto Cenere: il più grande flop della storia del film muto italiano! E visto che mi piacciono le imprese un po’ temerarie ho pensato di rimetterlo in gioco per guardarlo finalmente con occhi nuovi”.
Come hai fatto?
“Sono andato alla ricerca delle ragioni dell’insuccesso e mi sono imbattuto nelle lettere private dell’attrice alla figlia: l’emozionante racconto in prima persona di un momento cruciale per la storia delle arti, quello dell’affermazione del cinema, che per molti artisti fu un vero terremoto.
All’epoca per girare un film erano necessarie macchine ingombranti, molto spazio e molta luce, con il rischio di bruciare le fragili pellicole di celluloide: tanto impegno per portare sullo schermo dei personaggi muti! In più era necessario reinventarsi dal punto di vista dei linguaggi di scena. Come accennavo prima, per la Duse il nuovo dispositivo era “la belva”, un animale pericoloso che minacciava di fagocitarla: la tipica inquietudine dell’artista di fronte alla potenza del mezzo, con cui non potevo che simpatizzare.
Così ho deciso di portare alla luce quello che per tanti anni era stato dimenticato. Con la voce di Fiorenza Menni - grande interprete del teatro contemporaneo e…vincitrice di un Premio Duse! - ho sovrapposto alle immagini del film brani tratti dal carteggio dell’attrice, mentre Luca Maria Baldini si è occupato della musica. La nuova sonorizzazione ci porta nella mente e nelle emozioni di Eleonora Duse durante il suo traumatico battesimo cinematografico, svelando quelli che potevano essere i suoi pensieri nel corso della lavorazione del film”.
Sei regista, videoartista, fotografo, ideatore di performance e ora anche direttore di festival. Quali sono le tue idee sul rapporto cinema-arte?
“Arte e cinema non sono ambiti separati, i muri che sono stati eretti tra le diverse discipline - arti plastiche e visive, cinema, danza, teatro - sono innaturali e artificiosi. Adesso lo vediamo sempre meglio. Probabilmente il linguaggio audiovisivo è il più adatto a rimettere tutto insieme, perché nonostante le sale semivuote il cinema continua a far brillare gli occhi del pubblico, a esercitare un richiamo immediato e coinvolgente”.
In una galassia così ampia, quali sono I filoni più interessanti a tuo parere?
“Sta riaffiorando in forme nuove quello che in passato abbiamo forse un po’ sbrigativamente bollato come ‘romantico’. Il rapporto con la natura, l’avventura delle relazioni con gli altri oggi sono argomenti tutt’altro che scontati e anzi offrono spunti per riflessioni molto attuali. Per esempio si è parlato tanto dell’ossessione dei social per i gattini: qui abbiamo un video in cui la protagonista esce di casa per cercare il gatto e scopre finalmente il proprio quartiere. O un art film che mette a confronto in una stanza chiusa una donna e tre animali, cercando di rispondere alla domanda posta da Jacques Derrida: che cosa vede l’animale quando mi guarda?”.
In definitiva, perché venire all’Asolo Art Film Festival?
“Per fare il punto sull’arte del cinema e sull’arte al cinema, per conoscere storie nuove o dimenticate e immergersi nell’immaginario del nostro tempo. Per curiosare in un ambito creativo non troppo conosciuto ma di dimensioni internazionali, che al Festival si rivelerà in tutta la sua ricchezza attraverso le esperienze di artisti di tutto il mondo.
Perché Asolo è un bellissimo paesino circondato da boschi, che accoglierà gli spettatori in una dimensione molto intima e inclusiva, dove tutti avranno la possibilità di dialogare con autori, artisti, performer… probabilmente a temperature più fresche che nella maggior parte delle città italiane!”
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