Verona tra scultura e storia

Dipinto esposto alla mostra "Scultori a Verona'
15/02/2002
Un’occasione per condurre un’inedita ricognizione storico-critica sull’opera dei maestri più rappresentativi della scultura veronese del secolo scorso. Occasione che offre anche un’interessante opportunità per presentare le ricerche più recenti degli artisti della nuova generazione, il cui lavoro si caratterizza per un’innovativa rivisitazione degli elementi specifici del linguaggio plastico, nel quale la distinzione fra scultura, pittura e altre espressioni artistiche si va facendo sempre meno sensibile.
Il panorama della scultura veronese nella prima metà del secolo si presenta articolato e ricco. Forse non vi sono figure di primissimo piano o maestri dalla personalità dominante che improntano di sé un intero periodo. In compenso si assiste a un intreccio di voci,”a un tessuto di ricerche espressive non certo prive di interesse” come sottolinea Elena Pontiggia. Un interesse che sarebbe un errore limitare al nome più noto fra quelli presentati, all’artista che ha goduto la maggiore fortuna critica e ha saputo trovar posto nelle storie dell’arte nazionali, vale a dire l’aerofuturista Renato Di Bosso.
La distanza dall'Ottocento è la condizione per la transizione verso la contemporaneità, che può iniziare proprio nel 1900, quando Bistolfi conclude il “Monumento a Segantini” (Saint Moritz), e terminare alla metà degli anni quaranta (1944), quando Arturo Martini pubblica il suo “de profundis” nei confronti della scultura monumentale: "La scultura lingua morta".
Nella prima metà del secolo, la cultura risente non marginalmente dell'effervescenza delle avanguardie, inizialmente soprattutto della poetica secessionista mitteleuropea, che non pochi scambi ha con la cultura veneta, ma nel suo complesso rimane ancorata alle ultime propaggini dell’ottocento. Da non dimenticare è, infatti, il ruolo del primo dopoguerra, con la richiesta di opere monumentali in memoria e a ricordo della Prima Guerra Mondiale.
Per una vera e propria “rivoluzione” bisogna dunque attendere gli anni ’40. Anni che risentono dell’influenza di Renato Birolli con il suo movimento “Corrente”.
Tra tutti da ricordare Nino Gottardi che, con “Ritratto di donna”, evidenzia un'indagine psicologica in anticipo sui tempi, cui viene aggiungendo una nuova tensione stilistica, quale si può intravedere nell'altro “Ritratto” in mostra, della fine degli anni quaranta, dall'intensità più espressionista.
La prima parte della mostra si chiude con le opere di Maria Trevisan e Gino Bogoni. Entrambi rappresentano una funzione di ponte, di passaggio tra le generazioni che accompagnano con moderazione agli artisti della seconda metà del secolo.
Officina d’Arte, Verona
da lunedì a venerdì, 15.30 – 19.30
sabato 10.30 – 12.30 15.30 – 19.30
ingresso libero
Per informazioni:
Officina d’Arte, Verona – tel. 045 8031723 fax 045 8001456
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