Nel primo numero Antonio Marras, Paolo Canevari e Wu-Ming
Angelo Cricchi presenta "IRÆ", rivista d'arte e sostenibilità
Antonio Marras, Avevo una ferita in fondo al cuore, Da IRÆ. This is (not) the end
Francesca Grego
11/03/2022
Milano - Può la bellezza essere ecologicamente sostenibile? E l’amore per l’ambiente trasformarsi in arte? Di sostenibilità si parla e si scrive moltissimo, ma in pochi finora se ne sono interessati dal punto di vista estetico. A colmare il vuoto da oggi arriva IRÆ, la nuova rivista nata dalla mente vulcanica del fotografo romano Angelo Cricchi ed edita da Yourban 2030, la no profit guidata da Veronica De Angelis che coniuga arte e sostenibilità, a partire da coloratissimi murales che catturano lo smog per le strade della capitale.
Accattivante e ricco di immagini come un magazine di moda, IRÆ accoglie le grandi firme dell’arte contemporanea per documentare il presente e immaginare il futuro in una serie da collezione a cadenza semestrale. Tra i nomi noti che popolano il primo numero troviamo lo stilista Antonio Marras, il collettivo letterario Wu-Ming 1 e l’artista Paolo Canevari, autore anche di uno special project a tiratura limitata presentato ieri da Cardi Gallery insieme al magazine. Ad accompagnare l’evento, la colonna sonora composta dal musicista Alessio Mosti ispirandosi agli articoli del primo numero - This is (not) the end - che diventa una performance con la collaborazione di Silentsystem.
IRÆ. This is (not) the end, Cover by Giacomo Costa
“IRÆ deriva da Dies Irae, il giorno del Giudizio, che in questo caso non è il giudizio di Dio, ma quello della natura”, racconta Cricchi. In contrasto con un nome così forte è il simbolo scelto per rappresentare la rivista, un’eterea libellula disegnata da Alessia Mastriforti, che esprime tutta la fragilità e la bellezza del mondo naturale. In un riuscito connubio tra immagini e parole, IRÆ presenta “testi particolarmente curati, sia sul versante scientifico sia su quello poetico”, prosegue Cricchi: “In questo numero accanto ai contributi di studiosi abbiamo le poesie di Tiziana Cera Rosco e uno scritto di Wu-Ming, ma anche i collage di Antonio Marras sul tema degli incendi in Sardegna e un testo di sua moglie Patrizia Sardo. Il fotografo Claudio Orlandi, invece, ha realizzato un meraviglioso lavoro sulle coperture estive dei ghiacciai: guardando le sue immagini sembra di vedere un’opera di Burri”.
A partire dal primo numero, ogni uscita del magazine sarà accompagnata da un progetto speciale. Questa volta a idearlo è stato l’artista romano Paolo Canevari, autore di un’opera “semplice ma di grande effetto, che si inserisce bene nel nostro concept”, spiega ancora il fondatore di IRÆ: “Canevari ha coperto di nero ogni pagina della rivista, cancellando in questo modo l’inquinamento di immagini e parole. Da Cardi, i visitatori trovano perciò il primo numero in duplice copia: una perfettamente leggibile e la seconda, che in realtà è un’opera d’arte”.
Angelo Cricchi, The Ark, Da IRÆ. This is (not) the end
Dal punto di vista grafico, IRÆ è essenziale e molto elegante, grazie al lavoro della graphic designer Alessia Mastriforti e della photo editor Valeria Ribaldi. Paesaggi irreali, architetture distopiche, insolite nature morte, finestre aperte su un’altra dimensione fanno capolino dalle duecento pagine di un prodotto editoriale nuovo di zecca. “Man mano che andavo avanti nel lavoro”, racconta Angelo, “mi sono accorto che avevamo pochissime immagini di esseri umani. Al di là del mio servizio intitolato L’Arca in cui ho fotografato donne e animali, sono soprattutto gli spazi a dominare la scena: un’espressione del concetto di vuoto, che mi piace collegare all’ideogramma giapponese Mu. In questo contesto il vuoto è perfezione: per costruire è necessario ricominciare da zero. This is (not) the end è un numero che riparte dal nulla azzerando momentaneamente l’umano, per trovare nuove modalità di relazione con la natura”.
Jordi A. Bello Tabbi, Isolated System, Da IRÆ. This is (not) the end
Ma che cosa c’entra con l’ecologia un fotografo con trascorsi nel mondo della moda e dell’arte, del cinema e della musica? “Apparentemente niente”, dice lui: “Non essendo uno scienziato né un attivista per l’ambiente, sono entrato in questo mondo semplicemente come artista. Ed è stata fin da subito una bellissima esperienza. Imparare è una delle cose più importanti e preziose che possiamo fare. So di muovermi su un terreno molto scivoloso, ma mi piace uscire dalla mia comfort zone ed entrare in contatto con realtà sconosciute”.
Anche Simonetta Gianfelici, ex top-model e ora fashion editor di IRÆ, ha sentito il bisogno di mettersi in gioco in una nuova avventura, spinta dal desiderio di cercare e offrire risposte a una pressante urgenza del presente: “Dopo quarant’anni di lavoro nella moda, so bene quanto essa rappresenti un mezzo di comunicazione potente ed espressivo”, spiega Simonetta: “Sono convinta che oggi il nostro obiettivo debba essere non soltanto creare dei desideri, ma anche lanciare dei messaggi chiari e recuperare la dimensione dell’etica. Lo dobbiamo a un pubblico di consumatori sempre più consapevole e attento alle tematiche ambientali, soprattutto ora che abbiamo scoperto - tutti - di essere molto più vulnerabili di quanto credessimo”.
Carola Blondelli, Human Landscape, Da IRÆ. This is (not) the end
E a chi sostiene che l’argomento sia inflazionato, Cricchi risponde con decisione: “È vero che di sostenibilità parlano tutti, ma nessuno ne parla dal punto di vista estetico! Per esempio, come notava il mio amico architetto Alberto Iacovoni, l’architettura sostenibile viene identificata di solito con una serie di tecniche e materiali. Arte, architettura, poesia, moda, fotografia possono invece portare il tema della sostenibilità sul terreno della bellezza, che è appetibile per tutti e non solo per gli ambientalisti: questo oggetto rispetta la natura, ok. Ma... accidenti, quanto è bello!”
Shinya Masuda, Hanafudashouzoku, Da IRÆ. This is (not) the end
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IRÆ. This is (not) the end, Cover by Giacomo Costa
“IRÆ deriva da Dies Irae, il giorno del Giudizio, che in questo caso non è il giudizio di Dio, ma quello della natura”, racconta Cricchi. In contrasto con un nome così forte è il simbolo scelto per rappresentare la rivista, un’eterea libellula disegnata da Alessia Mastriforti, che esprime tutta la fragilità e la bellezza del mondo naturale. In un riuscito connubio tra immagini e parole, IRÆ presenta “testi particolarmente curati, sia sul versante scientifico sia su quello poetico”, prosegue Cricchi: “In questo numero accanto ai contributi di studiosi abbiamo le poesie di Tiziana Cera Rosco e uno scritto di Wu-Ming, ma anche i collage di Antonio Marras sul tema degli incendi in Sardegna e un testo di sua moglie Patrizia Sardo. Il fotografo Claudio Orlandi, invece, ha realizzato un meraviglioso lavoro sulle coperture estive dei ghiacciai: guardando le sue immagini sembra di vedere un’opera di Burri”.
A partire dal primo numero, ogni uscita del magazine sarà accompagnata da un progetto speciale. Questa volta a idearlo è stato l’artista romano Paolo Canevari, autore di un’opera “semplice ma di grande effetto, che si inserisce bene nel nostro concept”, spiega ancora il fondatore di IRÆ: “Canevari ha coperto di nero ogni pagina della rivista, cancellando in questo modo l’inquinamento di immagini e parole. Da Cardi, i visitatori trovano perciò il primo numero in duplice copia: una perfettamente leggibile e la seconda, che in realtà è un’opera d’arte”.
Angelo Cricchi, The Ark, Da IRÆ. This is (not) the end
Dal punto di vista grafico, IRÆ è essenziale e molto elegante, grazie al lavoro della graphic designer Alessia Mastriforti e della photo editor Valeria Ribaldi. Paesaggi irreali, architetture distopiche, insolite nature morte, finestre aperte su un’altra dimensione fanno capolino dalle duecento pagine di un prodotto editoriale nuovo di zecca. “Man mano che andavo avanti nel lavoro”, racconta Angelo, “mi sono accorto che avevamo pochissime immagini di esseri umani. Al di là del mio servizio intitolato L’Arca in cui ho fotografato donne e animali, sono soprattutto gli spazi a dominare la scena: un’espressione del concetto di vuoto, che mi piace collegare all’ideogramma giapponese Mu. In questo contesto il vuoto è perfezione: per costruire è necessario ricominciare da zero. This is (not) the end è un numero che riparte dal nulla azzerando momentaneamente l’umano, per trovare nuove modalità di relazione con la natura”.
Jordi A. Bello Tabbi, Isolated System, Da IRÆ. This is (not) the end
Ma che cosa c’entra con l’ecologia un fotografo con trascorsi nel mondo della moda e dell’arte, del cinema e della musica? “Apparentemente niente”, dice lui: “Non essendo uno scienziato né un attivista per l’ambiente, sono entrato in questo mondo semplicemente come artista. Ed è stata fin da subito una bellissima esperienza. Imparare è una delle cose più importanti e preziose che possiamo fare. So di muovermi su un terreno molto scivoloso, ma mi piace uscire dalla mia comfort zone ed entrare in contatto con realtà sconosciute”.
Anche Simonetta Gianfelici, ex top-model e ora fashion editor di IRÆ, ha sentito il bisogno di mettersi in gioco in una nuova avventura, spinta dal desiderio di cercare e offrire risposte a una pressante urgenza del presente: “Dopo quarant’anni di lavoro nella moda, so bene quanto essa rappresenti un mezzo di comunicazione potente ed espressivo”, spiega Simonetta: “Sono convinta che oggi il nostro obiettivo debba essere non soltanto creare dei desideri, ma anche lanciare dei messaggi chiari e recuperare la dimensione dell’etica. Lo dobbiamo a un pubblico di consumatori sempre più consapevole e attento alle tematiche ambientali, soprattutto ora che abbiamo scoperto - tutti - di essere molto più vulnerabili di quanto credessimo”.
Carola Blondelli, Human Landscape, Da IRÆ. This is (not) the end
E a chi sostiene che l’argomento sia inflazionato, Cricchi risponde con decisione: “È vero che di sostenibilità parlano tutti, ma nessuno ne parla dal punto di vista estetico! Per esempio, come notava il mio amico architetto Alberto Iacovoni, l’architettura sostenibile viene identificata di solito con una serie di tecniche e materiali. Arte, architettura, poesia, moda, fotografia possono invece portare il tema della sostenibilità sul terreno della bellezza, che è appetibile per tutti e non solo per gli ambientalisti: questo oggetto rispetta la natura, ok. Ma... accidenti, quanto è bello!”
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