In anteprima a Roma dal 28 aprile

Sbarcano in Italia gli scatti vincitori del World Press Photo 2022

World Press Photo of the Year. Amber Bracken for the New York Times, Kamloops Residential School
 

Francesca Grego

13/04/2022

Arrivano da ogni angolo del globo le immagini vincitrici dell’edizione 2022 del World Press Photo, il prestigioso premio indipendente che dal 1955 seleziona i lavori di fotogiornalismo più belli e rappresentativi dell’anno appena trascorso, portando sotto i riflettori anche eventi e luoghi generalmente trascurati dal mainstream. L’ultima sfida ha visto la partecipazione di 4066 fotografi attivi in 130 paesi del mondo, per un totale di 64.823 scatti incentrati su un’ampia varietà di temi. I migliori li vedremo a Roma dal 28 aprile al 12 giugno, in anteprima nazionale a Palazzo delle Esposizioni. La seconda tappa li porterà al Forte di Bard, il museo-fortezza incastonato tra le montagne della Valle d’Aosta, dove dal 7 maggio al 3 luglio le immagini vincitrici di quest’anno saranno affiancate da uno speciale Winner Wall con il meglio delle passate edizioni, in un suggestivo viaggio nella storia del reportage fotografico. 


World Press Photo Long-Term Project Award. Lalo de Almeida, Amazonian Dystopia. Panos Pictures

Argentina, Australia, Bangladesh, Brasile, Canada, Colombia, Ecuador, Egitto, Francia, Germania, Grecia, India, Indonesia, Giappone, Madagascar, Messico, Nigeria, Paesi Bassi, Norvegia, Palestina, Russia, Sudan e Thailandia sono i paesi dai quali provengono i 24 scatti vincitori del 2022, scelti nel corso di una selezione in due tempi per rappresentare quattro categorie. La prima, il World Press Photo of the Year, arriva dalla fotografa canadese Amber Bracken. Kamloops Residential School riporta alla ribalta le drammatiche vicende dei nativi americani, con la storia di 215 bambini sottratti forzatamente alle famiglie indigene. Nel suo scatto Bracken ha immortalato una successione di abiti rossi appesi a una fila di croci lungo una strada, memoriale a cielo aperto per ricordare piccoli morti presso la Kamloops Indian Residential School in Canada e ritrovati in una fossa comune. “È un’immagine che si imprime nella memoria. Che suscita un’immediata reazione. Posso quasi percepire la quiete in questa fotografia. Una sorta di resa dei conti nella storia della colonizzazione. Non solo in Canada ma in tutto il mondo”,  ha commentato la presidente della giuria Reni Effendi. Non a caso in 67 anni di storia del concorso è la prima volta che una foto priva di soggetti umani si aggiudica la vittoria. 


World Press Photo Story of the Year. Matthew Abbott for National Geographic, Saving Forests with Fire. Panos Pictures

Il premio per la Story of the Year, invece, è andato al progetto Saving Forests with Fire dell’australiano Matthew Abbott, autore di una serie che documenta la pratica degli incendi boschivi controllati, usato da migliaia di anni dagli Nawarddeken indigeni del West Arnhem Land, in Australia, per gestire le proprie terre. 
È legata ai temi dell’ambiente anche Amazonian Dystopia del fotografo brasiliano Lalo de Almeida, vincitore del Longterm Project Award. Al centro dei suoi scatti c’è lo sfruttamento delle foreste brasiliane nell’era di Bolsonaro: un patrimonio di biodiversità di enorme valore compromesso dalla disboscamento, dalle attività estrattive e dalla costruzione di infrastrutture, che minacciano gravemente non solo la natura, ma anche le popolazioni delle foreste. 


South America Long-Term Project Award. Lalo de Almeida for Folha de São Paulo, Amazonian Dystopia. Panos Pictures

Con l’Open Format Award viaggiamo infine alla volta della Colombia, dove la fotografa ecuadoriana Isadora Romero ha documentato un’antica storia di biodiversità. Per realizzare Blood is a Seed la reporter è tornata al villaggio di Une nel dipartimento di Cundinamarca, dove i suoi nonni erano “guardiani dei semi” e coltivavano numerose varietà di patate, oggi quasi tutte estinte. Attraverso una storia personale Romero affronta questioni legate alla perdita della biodiversità, alla migrazione forzata, alla colonizzazione e al venir meno di tradizioni vitali per la salute dell’uomo e del pianeta.

 
World Press Photo Oper Format Award. Isadora Romero, Blood is a Seed


COMMENTI