Hamish Fulton. Migrant Volcano
Dal 24 Ottobre 2015 al 10 Dicembre 2015
Catania
Luogo: Palazzo della Cultura
Indirizzo: via Vittorio Emanuele 121
Orari: da lunedì a sabato: 9 / 13 - 15 / 19; domenica e festivi: 9 / 13
Curatori: Elena Forin
Enti promotori:
- Assessorato ai Saperi Bellezza Condivisa e Turismo
- in collaborazione con Galleria Michela Rizzo
- Venezia
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 095 7428017
E-Mail info: info@galleriamichelarizzo
Il Sindaco di Catania Enzo Bianco e l’Assessore ai Saperi, Bellezza Condivisa e Turismo Orazio Licandro sono felici di annunciare Migrant Volcano, la personale dell’artista inglese Hamish Fulton.
In collaborazione con Galleria Michela Rizzo di Venezia e curata da Elena Forin, la mostra è stata pensata appositamente per Palazzo Platamone, che con questa prestigiosa occasione espositiva si conferma un luogo di cultura e arte.
Grazie ad un allestimento che prevede due grandi opere a parete, alcuni lavori fotografici e piccole sculture in legno, i visitatori avranno l’opportunità unica di ripercorre la camminata intrapresa da Fulton lungo le pendici dell’Etna tra il 7 e il 14 ottobre del 2014.
Il “walk” si iscrive all’interno di una pratica che contraddistingue in maniera specifica il lavoro di Fulton: “Se non cammino – dice – non posso creare un’opera d’arte”. Queste camminate, delle vere e proprie esperienze immersive nell’ambiente e nel paesaggio, gli permettono infatti una lettura unica dei contesti, della loro storia, delle radici che dal passato conducono l’umanità fino al presente. Da tale approccio nasce anche Migrant Volcano, il wall painting che dà il titolo alla mostra e che sintetizza non solo il percorso svolto, ma specialmente il senso che l’artista ha dato a questo straordinario territorio.
Fulton ha infatti emblematicamente inteso il suo tragitto come un’unica linea di passi che dal mare ha toccato la cima dell’Etna e da lì è nuovamente sceso verso le acque: per lui in questa linea si concretizza visivamente la storia di un luogo da sempre interessato da migrazioni. Circondata dal Mediterraneo, questa meravigliosa isola deve la sua ricchezza alle tante contaminazioni di chi nei
secoli vi è approdato lasciando le proprie tracce, ma anche alle criticità che hanno generato il flusso migratorio contrario di chi è invece andato altrove in cerca di nuove prospettive, e quello drammatico di chi - nei secoli e in questi ultimi anni - giunge sperando in un presente di salvezza.
Dall’intreccio di tali componenti emerge una realtà specifica di cui il paesaggio conserva una memoria: tutte le opere esposte racchiudono quindi le tracce di questo percorso fisico e mentale nello spazio. Senza mai indicare una strada, Fulton con i suoi lavori invita quindi a vivere
un’esperienza, perché è un percorso vissuto con uno sguardo libero che può forse farci scoprire le radici di ciò che realmente siamo.
Nato a Londra nel 1946, Hamish Fulton attribuisce a se stesso l’appellativo di “walking artist”. Matura la consapevolezza di volersi confrontare unicamente con il paesaggio e l’ambiente sin dall’età di 7 anni quando scala il Goat Fell, il punto più alto dell'isola di Arran in Scozia. È qui infatti che l’artista esperisce per la prima volta la libertà catartica data dall'assenza di regole. Il momento cruciale giunge però nel 1973 quando Fulton, dopo aver percorso 1.022 miglia in 47 giorni - da Duncansby Head fino a Land's End - matura la decisione di consacrare la propria arte alla registrazione delle emozioni provate durante le camminate individuali servendosi di media diversi - ma con particolare predilezione per la fotografia che assurge a strumento documentaristico privilegiato per misurare strutture spaziali e circostanze in rapporto al paesaggio
vissuto come oggetto nel tempo e nello spazio.
La consacrazione del lavoro dell'artista giunge presto dalle più prestigiose istituzioni museali internazionali: nel 1978 il Moma di New York gli dedica una personale, nel 1979 partecipa alla Biennale di Sydney mentre nel 1981 espone al Centre Pompidou. L'intrinseca aspirazione ad accedere a una più profonda dimensione trascendente lo spinge a
frequentare ripetutamente il Giappone, dall'Hokkaido all'Honshu, e ad avvicinarsi al buddhismo zen nel tentativo di pervenire a una completa identificazione del se’ con lo spirito del paesaggio che giunge a comprendere il vuoto.
In collaborazione con Galleria Michela Rizzo di Venezia e curata da Elena Forin, la mostra è stata pensata appositamente per Palazzo Platamone, che con questa prestigiosa occasione espositiva si conferma un luogo di cultura e arte.
Grazie ad un allestimento che prevede due grandi opere a parete, alcuni lavori fotografici e piccole sculture in legno, i visitatori avranno l’opportunità unica di ripercorre la camminata intrapresa da Fulton lungo le pendici dell’Etna tra il 7 e il 14 ottobre del 2014.
Il “walk” si iscrive all’interno di una pratica che contraddistingue in maniera specifica il lavoro di Fulton: “Se non cammino – dice – non posso creare un’opera d’arte”. Queste camminate, delle vere e proprie esperienze immersive nell’ambiente e nel paesaggio, gli permettono infatti una lettura unica dei contesti, della loro storia, delle radici che dal passato conducono l’umanità fino al presente. Da tale approccio nasce anche Migrant Volcano, il wall painting che dà il titolo alla mostra e che sintetizza non solo il percorso svolto, ma specialmente il senso che l’artista ha dato a questo straordinario territorio.
Fulton ha infatti emblematicamente inteso il suo tragitto come un’unica linea di passi che dal mare ha toccato la cima dell’Etna e da lì è nuovamente sceso verso le acque: per lui in questa linea si concretizza visivamente la storia di un luogo da sempre interessato da migrazioni. Circondata dal Mediterraneo, questa meravigliosa isola deve la sua ricchezza alle tante contaminazioni di chi nei
secoli vi è approdato lasciando le proprie tracce, ma anche alle criticità che hanno generato il flusso migratorio contrario di chi è invece andato altrove in cerca di nuove prospettive, e quello drammatico di chi - nei secoli e in questi ultimi anni - giunge sperando in un presente di salvezza.
Dall’intreccio di tali componenti emerge una realtà specifica di cui il paesaggio conserva una memoria: tutte le opere esposte racchiudono quindi le tracce di questo percorso fisico e mentale nello spazio. Senza mai indicare una strada, Fulton con i suoi lavori invita quindi a vivere
un’esperienza, perché è un percorso vissuto con uno sguardo libero che può forse farci scoprire le radici di ciò che realmente siamo.
Nato a Londra nel 1946, Hamish Fulton attribuisce a se stesso l’appellativo di “walking artist”. Matura la consapevolezza di volersi confrontare unicamente con il paesaggio e l’ambiente sin dall’età di 7 anni quando scala il Goat Fell, il punto più alto dell'isola di Arran in Scozia. È qui infatti che l’artista esperisce per la prima volta la libertà catartica data dall'assenza di regole. Il momento cruciale giunge però nel 1973 quando Fulton, dopo aver percorso 1.022 miglia in 47 giorni - da Duncansby Head fino a Land's End - matura la decisione di consacrare la propria arte alla registrazione delle emozioni provate durante le camminate individuali servendosi di media diversi - ma con particolare predilezione per la fotografia che assurge a strumento documentaristico privilegiato per misurare strutture spaziali e circostanze in rapporto al paesaggio
vissuto come oggetto nel tempo e nello spazio.
La consacrazione del lavoro dell'artista giunge presto dalle più prestigiose istituzioni museali internazionali: nel 1978 il Moma di New York gli dedica una personale, nel 1979 partecipa alla Biennale di Sydney mentre nel 1981 espone al Centre Pompidou. L'intrinseca aspirazione ad accedere a una più profonda dimensione trascendente lo spinge a
frequentare ripetutamente il Giappone, dall'Hokkaido all'Honshu, e ad avvicinarsi al buddhismo zen nel tentativo di pervenire a una completa identificazione del se’ con lo spirito del paesaggio che giunge a comprendere il vuoto.
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